Verdi e Montsyta

Montserrat-Caballe-1Cominciamo con un pensiero per gli assenti, ossia albertoemme, i cui interventi in questo thread sono stati tutti cestinati perché si può intervenire, si può dissentire, ma non si deve insultare gratuitamente. Se decide di trasformare le sue contumelie in interventi sarò ben lieto di pubblicarlo. Credo che ad una minimale forma di rispetto non si debba venire meno. Se non è d’accordo sono spiacente per lui, ma non posso pubblicarlo.

Cessato “l’avvisetto” di servizio passo alla res litigiosa ossia alla Caballé voce verdiana e faccio subito due premesse. Un compositore, che opera dal 1839 al 1893 per forza di cose deve cambiare qualche cosa nei propri stilemi vocali, conseguenza di quelli drammaturgici. Lo fecero pure Pacini e Mercadante. Il punto di frattura mi sembra essere l’Amelia del Ballo, che è la parte più difficile da cantare dei soprani verdiani (ad altra volta e magari per opera del più esperto Mancini la minuta disamina). Quindi abbiamo le parti del cosiddetto primo Verdi e quelle del Verdi maturo. Categorie e divisioni piuttosto generiche e non assolute. Preciso che le parti di soprano post Ballo in maschera (e ci metto pure la Maria Boccanegra, che noi, infatti ascoltiamo sempre nella versione 1881) sono molto più simili. Infatti un solo soprano può cantarle tutte senza difficoltà o quasi. Magari Aida è meno tesa di Leonora di Calatrava, che, però, è più breve, meglio distribuita ed evita il do5, ma sono dettagli. Prendiamo Leontyne Price, che non è il mio modello e la mia passione come soprano verdiano e l’assunto “tiene”. Idem se prendiamo Stella, Tebaldi, Milanov, Reining, Teschemacher, Ponselle, Rethberg, Leider, Caniglia, Kemp, Scacciati sino a Destinn, Russ, Mazzoleni, Burzio.

Ma un dato di fatto deve essere accettato dai lettori, ossia la scansione, l’articolazione della frase di tutte le cantanti, l’accento avevano (pur con certe cadute di gusto veriste di talune) una nettezza, una solenne aulicità, il nobile distacco dell’eroina da drammone romantico. Taluni soprani coevi, che cantavano quasi esclusivamente il repertorio verista non erano vocalmente meno dotate delle sopracitate (vedasi Melis, Pampanini, Sheridan, Farneti, occasionalmente Aida) anzi, ma era l’accento ovvero l’aspetto interpretativo che differiva. Ancor più evidente con soprani lirici tipo Dalla Rizza, Favero, Storchio, Olivero cui venne raccomandato sia dal maestro Gerussi che da Luigi Ricci: “Rispetta Verdi: solo la Traviata”. Eppure cantavano Butterfly, Siberia, Fanciulla, Francesca, Iris o addirittura Isabeau, che costringono il soprano a fronteggiare immense masse orchestrali, a svettare sulle stesse, ma che non richiedono lo scandito, sonoro, altisonante accento di una nobile penitente come donna Leonora de Vargas, di una fanciulla di rango reale come Aida, di una regina offesa come la Valois. Queste sono parenti vocali e psicologiche di Selika, Valentina e magari di Isolde o Brunilde come Leider, Kemp, Russ testimoniano disco alla mano. Eseguire con timbro aereo “la vergine degli angeli” non significa, per andare alla Caballé una grande Leonora di Calatrava. Ascoltiamo in parallelo Giannina Russ, Renata Tebaldi e la Caballé.

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Montserrat Caballé “vergine degli angeli” Barcellona 1979

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Renata Tebaldi “vergine degli angeli” Firenze 1953

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Giannina Russ “vergine degli angeli”

Ascoltiamo la scena di Leonora che penitente giunge al convento della Madonna degli Angeli nell’esecuzione scaligera della debuttante Montsyta in confronto ad Ilva Ligabue, che autentico soprano drammatico non era. Eppure che si tratti di nobildonna di dama di rango la Ligabue lo rende, la Caballé, già molto provata in zona grave, è una scomposta Mimì o al più una Tosca.

Son giunta Ilva Ligabue 1965

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Caballe Forza del destino “son giunta, madre pietosa vergine” Milano 1978

Quanto al primo Verdi, invece, c’è il fattore “scrittura ad personam” o quasi ovvero Verdi doveva fare i conti con le cantanti di cui disponeva. Che questo gli piacesse o lo tollerasse conta poco o nulla in questa sede. Un dato di fatto, però, è irrinunciabile: Marianna Barbieri Nini, famosa Borgia, era alquanto diversa da Erminia Frezzolini, che era noto (vedi Monaldi “vantanti celebri”) non aveva note basse o quasi, benchè cantasse la Borgia pure lei, ma in versione addolcita ed alleggerita come la Grisi (che Verdi non volle Lady Macbeth, ma ebbe Lucrezia Contarini, Leonora di Trovatore e MAI Violetta) e che forse somigliava alla Tadolini. Le ultime due, cui aggiungerei Jenny Lind o Rosina Penco (che dopo Trovatore tornò a Semiramide e donna Anna) non furono mai interpreti della Lady e neppure Odabella o la duchessa Elena o di Abigaille (che scritta per la declinante Strepponi fu il cavallo di battaglia di Teresa de Giuli Borsi, quest’ultima da considerare con Maria Callas o, paradossalmente Leyla Gencer il soprano più verdiano della storia, atteso che cantò Abigaille, la Contarini, fu la prima Lida della Battaglia e si ritirò dopo aver eseguito Aida).

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Gencer “i due foscari” cavatina di Lucrezia 1957

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Caballé “i due foscari” cavatina di Lucrezia 1968

Allora all’interno del cosiddetto primo Verdi i distinguo vocali nascono i dalla psicologia del personaggio, dalle peculiarità vocali della prima esecutrice e non si deve fare di tutt’erbe un fascio. Nessuno, per ritornare al caso di specie, che ha dato luogo a questa riflessione, nega alla Caballé una splendida esecuzione della Giovanna d’Arco, peraltro mai affrontata in teatro, ma la Gulnara, complice la prima quinta della voce staccata dalla rimanente gamma è censurabile. Non per niente si tratta di una parte scritta per Marianna Barbieri Nini, famosa per la facilità in zona medio grave. Il famoso disco di arie del primo Verdi (senza dubbio uno dei migliori recital della storia di questo prodotto musicale) prevede arie di andamento elegiaco come la seconda di Odabella, la cavatina di Alzira ed anche la polonnaise di Elena è brano brillante e di slancio, diciamo esteriore, ben adatto alla prima esecutrice (la solita Erminia Frezzolini) e che ben transitò nella versione francese. Prendiamo l’unico brano “gajardo” di quel recital ovvero al cavatina di Lucrezia Contarini. Spiace, ma la solita Gencer dal vivo per giunta, anche lei con la voce di Gilda o Violetta, ha lo slancio nella cabaletta, la nobilità nell’andante e l’alterigia nel recitativo, e, complice il tempo staccato da Serafin, una ampiezza tragica nel conducimento fra aria e cabaletta, che sono ignote al timbro malioso della senora, la cui dama Foscari richiama un meraviglioso mix fra Giulietta Capuleti ed Amina, prototipo del mezzo carattere. Ampiezza tragica, solennità, aulicità, regalità sono corde estranee più all’accento che alla voce del grande (e questo chi lo nega?) soprano catalano. Volete ulteriori esempi? prenderei la cavatina di Elvira dell’Ernani proponendo il raffronto fra una giovane e florida Caballé, Rosa Ponselle, che si sa non è il mio modello di soprano ma è, specie nella registrazione del 1923 insuperabile per qualità vocale ed accento nell’ambito del soprano verdiano dalla voce solenne ed importante. Ma ascoltate cosa combinano nella cavatina due maestre dell’accento e del controllo del suono come Eleanor Steber e Beverly Sills, la prima senza voce da Verdi accenta con trasporto, slancio e veemenza, non conosce difficoltà in nessuna zona della voce, emette piani e pianissimi al posto giusto, facili trilli, la seconda soprano d’agilità da Bellini e Donizetti trasporta Elvira della cavatina in braccio a quegli autori con autentica varietà di accento e fraseggio assoluta precisione nell’esecuzione della coloratura e anche una facile discesa in zona grave (raro nella Sills) sostituendo al vigore ed al fuoco ed all’accento il rimpianto, il ricordo, la nostalgia. E lo stesso è se si ascolta la grande scena di Leonora al quarto atto del Trovatore anche la Caballè più fresca ed integra se paragonata con la voce di un vero soprano drammatico (Barbara Kemp), con l’accento da cupa tragedia della Callas e magari con la riedizione di Rosina Penco della Sutherland o il solidissimo mestiere della Tucci: è sempre assente ed indeterminata come interprete verdiana, è sempre la Caballè, perché questo in Verdi è il limite anche della miglior Montserrat. Capisco che davanti ai pianissimi, piazzati dove più le gustava e non dove li chiedeva l’autore e la situazione drammatica sia difficile capirlo.

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Ponselle Eernani cavatina 1923

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Steber Ernani cavatina 1952

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Caballé Ernani cavatina 1968

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Sills Ernani cavatina 1967

Credo, però, di aver capito perché Verdi talvolta imprecasse contro i cantanti. Non perché si prendessero libertà sullo spartito (al maestro piaceva la Violetta della Patti le cui licenze Muzio racconta entusiasta a Verdi, che adorava la Patti), non perché pretendessero qualche cosa extra spartito (compiacque Ivanoff per non dispiacere Rossini, ma ampliò la parte di Jacopo Foscari per Mario e tutte le sue parti di soprano sono la radiografia della voce delle sue prime donne), ma perché lo facevano senza rispetto del significato del testo letterario e musicale, senza essere musicisti.

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Callas Trovatore “D’amor sull’ali rosee” Mexico 1950

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Caballe Trovatore “D’amor sull’ali rosee” Barcellona 1966

Trovatore: D’amor sull’ali rosee – Barbara Kemp

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Gabriella Tucci Trovatore “D’amor sull’ali rosee” Met 1965

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Joan Sutherland Trovatore “D’amor sull’ali rosee” 1975

8 pensieri su “Verdi e Montsyta

  1. Carissimo Domenico, grazie di cuore per avere proposto questo nuovo tema. Ascolterò tutto e leggerò tutto con attenzione. Come ho già detto, la Caballè per me è una specie di droga e di solito comincio a ringhiare quando colgo segni di critica…Oltretutto la mia ignoranza in fatto di tecnica di canto, capacità di legger spartiti, ecc. è davvero prodigiosa. Così sarò felice di imparare qualcosa e mi sforzerò di raccontarti il mio punto di vista. Appena avrò le idee chiare (o quando crederò di averle) ri dirò cosa penso della Caballè e di Verdi.

  2. Le considerazioni di Donzelli sulla Caballé mi sembrano condiovisibili. Quando ho ascoltato a Furebze il suo Trovatore, sono rimasto strabiliato dal suo “D’amor sulle ali rosee”; ma l’interpretazione complessiva era floscia, soltanto elegiaca, il che è chiaramente un grosso limite. Per quanto riguarda Albertoemme, l’ho sempre trovato molto spiritoso e non insultante. Può darsi che ora abbia esagerato. Mi stupisce un po’ tuttavia questa nuova sensibilità agli insulti, visto che di insulti, universalmente applauditi, questo blog è ricchissimo. Non so come definire, per esempio, il “lavandino ingorgato” appioppato a Kaufmann o l'”osceno dilettante”attribuito a Domingo. Io, per mio conto, sono poco sensibile agli insulti. Ma quando la divina Giulia mi dice che lavoro in una cloaca, che rappresento magnificamente, magari devo pensare che si tratta di un complimento, solo poco poco travestito da critica.
    Ciao a tutti
    Marco Ninci

  3. Ho ascoltato tutto con sommo piacere dato che anche se il primo maggio si deve studiare, la musica non manca mai:)

    Io condivido la disamina di Donzelli, che ha dimostrato in maniera, oserei dire, scientifica la sua tesi. La Caballe aveva moltissime frecce al suo arco, ma pure io trovo che le manchi qualcosa per rendere pienamente la maggior parte personaggi verdiani. Senza contare che molto spesso è generica, non in questi casi, ma in molto che ha fatto sì.

    Nella Forza soccombe nel confronto. La Tebaldi, che non amo, ha un vocione bellissimo, la Russ ha un’emissione eccellente e si sente subito proprio in virtù della tecnica scadente di registrazione. Della Ligabue, che mi avete fatto scoprire voi del Corriere qualche tempo fa, mi sono innamorato :)

    Nei Foscari è credibile, ma le manca il quid che invece si trova nella Gencer, nell’Ernani la trovo quasi fuori luogo. Sarà che la Ponselle, ma sopratutto le meno verdiane (per voce) Steber (trilli stupefacenti e una tenuta senza alcun cedimento) e Sills (quanto la adoro!!!!) sono impressionanti. Trovo molte somiglianze nel modo di cantare della Sills e della Steber, è una mia impressione erronea oppure no?

    Solo in questo giovanile Trovatore la Caballe mi convince appieno nell’aria e mi fa sognare, seppur meno della Callas e della Sutherland ad esser sincero. Alla spagnola manca sempre il trillo però.

    • la sills e la steber cantano nell’ottava superiore (sotto la Sills tende ad aprire i suoni) nella medesima maniera che, con faciloneria si potrebbe dire, tipica dei cantanti americani che devono avere la massima proiezione della voce attesa la vastità delle sale americane. In realtà vista la formazione di entrambe che discendono per vie differenti da Garcia si potrebbe azzardare che quello che Sills e Steber fanno sentire è il risultato della tecnica che discende da Garcia e dai suoi allievi.

      • Non sapevo assolutamente di questa parentela vocale risalente addirittura al Garcia. Trovo sia illuminante e le somiglianze si sentono eccome! I gravi aperti della Sills, soprano leggero per voce, non mi turbano più di tanto. Io la considero tra le più grandi virtuose mai documentate, oltre che un’artista sensibilissima sempre pronta a dare un senso a quello che fa. Poi è facile, come fanno alcuni, criticare gli eccessi senza rendersi contro dei pregi innumerevoli. In ogni caso se gli “eccessi” sono eseguiti in modo assolutamente magistrale come faceva lei è solo una gioia per il vero melomane!

  4. Buonasera, sono un semplice appasionato d’opera che nonostante segua e ammiri da tempo questo blog si è appena iscritto.
    Ho sempre considerato e considero la signora Caballé una grandissima cantante ma anche a mio modesto giudizio pare che Verdi sia il suo punto debole, ribadisco, come del resto mi sembra di aver inteso nelle considerazioni di Donzelli, senza nulla togliere alla sua arte. Così come, personalissimamente, non ho mai apprezzato del tutto le interpretazioni verdiane, soprattutto Violetta della signora Sutherland.
    Corsiali saluti.

    P.S.: grazie agli autori di questo blog per il grande lavoro di informazione, educazione e divulgazione di ciò che veramente è la musica lirica.

  5. Scopro ora un altro soprano ispanofono come la Caballé, Nora Lopez (nel particolare: un Macbeth radiofonico del 1961, con Sereni nel ruolo del titolo e Mario Rossi sul podio). Sarei curioso di sapere cosa ne pensano Donna Grisi e i suoi collaboratori. Saluti.

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