Ascolti comparati: Le prophète. Véronique Gens vs. Mme Charles-Cahier

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Ah! mon fils, sois béni!
Ta pauvre mère
Te fut plus chère
Que ta Berthe… que ton amour!
Ah! mon fils! Ah! mon fils!
Tu viens, hélas! de donner pour ta mère
Plus que ta vie, en donnant ton bonheur!…
Ah! mon fils! Ah! mon fils!
(avec exaltation)
Que vers le ciel s’élève ma prière,
Et sois béni dans le Seigneur,
Mon fils, sois béni dans le Seigneur!…
Jean! Ah!… sois béni!

 

gensMettiamo oggi a confronto, nell’arioso di Fidès dal secondo atto del Profeta, due cantanti care in pari misura al pubblico e ai grandi direttori d’orchestra delle rispettive epoche. Sarah Jane Layton-Walker (1870-1957), più nota come Mme Charles-Cahier, mezzosoprano statunitense, allieva di Jean de Reszke, iniziò la carriera in Europa e nel giro di un lustro approdò alla Staatsoper di Vienna, ove, mentore Gustav Mahler, affrontò fra le numerose parti Carmen, Amneris, Ortrud, Fidès, Erda, Waltraute e Dalila. Pressapoco, dunque, il repertorio di una Waltraud Meier al massimo della forma. Nel 1911 a Monaco di Baviera prese parte alla prima esecuzione assoluta del “Canto della terra” di Mahler, sotto la direzione di Bruno Walter. Per citare una delle recensioni a proposito del suo debutto al Met nel Trovatore (1912): “Her voice is not large in volume, and it would be possible to picks flaws in it, but in general her singing (…) was marked by considerable technical skill and rare musicianship and artistic intelligence. (…) In color, nuance, and feeling for the phrase her singing of Azucena’s music has perhaps been equaled here only once in many years -on the occasion when Mrs. Schumann-Heink sang the part at the Manhattan Opera House”. Véronique Gens (1966), reputata specialista di musica barocca e da camera, dopo avere iniziato la carriera sotto l’egida di filologi come William Christie e Jean-Claude Malgoire, ha conosciuto il grande lancio internazionale nel 1998, come Elvira nel Don Giovanni diretto da Claudio Abbado al Festival d’Aix-en-Provence. A differenza di quanto avvenne per l’americana, l’approdo al personaggio di Fidès da parte della cantante francese è, per il momento (inciso doveroso, oggi più che mai), limitato allo studio di registrazione, nell’ambito di una trilogia discografica dedicata alle “Tragédiennes” dell’opera francese, trilogia diretta, naturalmente, da un filologo, Christophe Rousset. Stupisce e legittima fondate perplessità un filologo, che imbastisca un accompagnamento piatto e meccanico al canto e, peggio ancora, non suggerisca alla solista variazioni dinamiche e di colore vocale utili a differenziare le diverse sezioni del brano, dall’iniziale smarrimento di Fidès al compianto sul dolore di Jean, all’esaltazione dell’amore filiale e materno prevista dalla sezione che modula verso la tonalità maggiore. Del pari monocorde la prova della Gens, con suoni indietro, fissi e sbiancati in zona si-re centrale (attacco “AH mon fils”, “Ta pauvre MEre”, “que ta BerTHE, que ton amour”, “tu viens, hélas, de donner pour ta MEre”) e, all’ottava inferiore, afonia diffusa e sistematico ricorso al parlato (“sois béni”). Il meglio (si fa per dire) arriva alla sezione in maggiore, quando alle parole “Que vers le ciel s’élève ma prière” si alza anche la tessitura del brano e l’indicazione “avec exaltation” viene onorata con suoni maldestramente gridacchiati (il la diesis di “s’élEve”), sussurri e rantoli, che si vorrebbero dolci e sono solo affettati, utilizzati in luogo di un legato degno di questo nome (“sois béni dans le Seigneur” in zona sol diesis-si centrale), altri suoni marcatamente fissi alla salita al fa diesis acuto (“sois béni”) e di nuovo una quinta inferiore afonoide al “dans le Seigneur”. Alla cadenza nessuno slancio, salvo quello assicurato da nuovi suoni aquilini in alto e fiochi in basso, nessun colore, nessuna sottolineatura del testo e del momento drammatico (e sì che parliamo, come già ricordato, di una cantante rinomata anche nell’ambito della musica da camera, che nell’esatta scansione del testo poetico ha uno dei propri cardini). charles-cahierAscoltando Sarah Charles-Cahier non sentiamo certo Ernestine Schumann Heink, Ottilie Metzger o Sigrid Onégin, come dire il Gotha della vocalità femminile testimoniata dal disco con riferimento a Fidès, ma abbiamo almeno una voce di autentico mezzosoprano (e non un soprano lirico, che trova o meglio s’illude di trovare nelle scritture centralizzanti un “territorio di caccia” reputato, a torto o a ragione, più facile di quello che offrirebbero Violetta o Mimì), che lega senza difficoltà (“ta pauvre mère te fut plus chère”), malgrado il tempo staccato sia consistentemente più largo dell’Allegro molto moderato previsto dall’autore, onora le indicazioni espressive contenute nella partitura, sfoggia in basso un suono pieno e sicuro, mentre in alto trova lo scoglio del la diesis, preso non senza difficoltà, tanto che la cantante è indotta a “pasticciare” la frase immediatamente seguente, salvo poi prendersi la rivincita alla frase “sois béni dans le Seigneur”, che culmina in un fa diesis acuto smorzato con ammirevole disinvoltura. Altra autentica prodezza, vocale non meno che espressiva, la cadenza, che porta la voce al fa diesis 2, un’ottava giusta al di sotto della nota finale prevista in partitura. Ed è solo grazie all’omogeneità dello strumento e alla continenza espressiva dell’esecutrice, peraltro ottima anche sotto il profilo della dizione, che un simile “numero” non ha nulla di forzato o caricaturale, con buona pace di quei teorici e critici musicali convinti che la cifra caratteristica del contralto risieda nell’ostensione del “buco” ovvero dello “scalino”, conseguenza della difettosa fusione dei registri vocali.

3 pensieri su “Ascolti comparati: Le prophète. Véronique Gens vs. Mme Charles-Cahier

  1. credo che lo abbiamo detto anzi scritto più volte la teoria del buco ovvero che le voci di mezzo soprano e di contralto debbano avere fra il registro grave e quello acuto un evidente cambio di colore è una solenne pirlata (parola ormai sdoganata dalle signore pseudo per bene), dettata solo dal fine di avallare dilettanti scalcagnate ed impresentabili. Basta sentire Onegin, Stignani, Mentgzer, Matznauer, Schumann-Heink, Kalter, Ober, Minghini Cattaneo sino alla prima Horne o alla Dupuy (vocette le ultime due davanti a quei colossi vocali) er rendersi conto della portata della pirlata (perdonate l’omoteleuto) ciao

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