Navigando si impara 2^?

sillsHanno presentato la stagione invernale di Firenze. Non abbiamo, però, intenzione alcuna di commentarla, deciso da anni di non commentare le stagioni dei teatri italiani, Scala esclusa. Incidentalmente possiamo dire che la proposta fiorentina brilla per una minima varietà di titoli e fantasia quella merce del tutto sconosciuta alla maggior parte dei teatri del circuito internazionale.
La nostra attenzione è ricaduta, invece, sulla presentazione di Rosmonda d’Inghilterra, un titolo ben poco rappresentato anzi dimenticato già all’epoca della prima rappresentazione. Sopravvisse, però, la cavatina di sortita della protagonista. La storia dell’aria è semplice, scritta per la Tacchinardi Persiani, prima Lucia venne dalla Tacchinardi medesima piazzata da subito quale scena di sortita nella Lucia. L’innesto funzionava e Donizetti medesimo lo ufficializzò nella versione francese del titolo nell’anno 1841 rappresentata all’Opéra Comique. Aggiungo che Lucia sino al 1860 circolò praticamente rifatta nei numeri delle protagoniste, che stimavano la parte una “robetta” e oltre alla sostituzione della sortita ne praticavano altra e ben più sostanziosa alla pazzia, dove eseguivano il grandioso finale di Fausta. Una simile operazione rendeva più consono il titolo a tragedienne tipo Giuseppina Ronzi de Begnis. Altre dive tragiche come la Grisi evitavano la parte.
Tanto è che prima di trovare una Lucia famosa o meglio un soprano che dovesse al propria fama al titolo donizettiano (amatissimo, invece, dai tenori) si deve arrivare agli anni ‘60 con Adelina Patti. Per verificare che quelli della Grisi non contano le palle (a differenza di molti altri che frequentano e passeggiano per il web e ricoprono incarichi in enti ed associazioni culturali) basta scaricare i libretti di Lucia, moltissimi dei quali, se scaricabili, digitalizzati. Ovvero non debbono per far finta di fare ricerca neppure alzare la chiappe dal posto di lavoro.
Ma qui importa altro perché nella presentazione abbiamo il solito saggio di “grassa” ignoranza derivata dall’aver copiato la presentazione dalla retrocopertina di un qualche disco. Scrive il compilatore delle note di presentazione della breve storia dell’opera e precisa che dal 1975 l’aria di sortita è ritornata in repertorio.
Successiva al 1975 vi è una registrazione di rilievo. Precisamente del 1983 ed è ad opera di Lella Cuberli, che inserì il numero in un recital. Duole, ma con questa scelta il soprano italo americano peccò di poca fantasia e, forse anche, di faciloneria (l’esecuzione è splendida soprattutto nelle variazioni per il da capo) perché dovette confrontarsi niente meno che con due divine per giunta all’inizio della loro carriera ovvero Joan Sutherland e Beverly Sills. Mica cazzatine!
Per una pedante cronaca che smentisce la collocazione al 1975 del ritorno in auge del numero: l’inserimento della Sutherland era un bonus nella sua prima Lucia 1961 (la cantante o meglio Richard Bonynge ben sapeva la storia di utilizzo e riciclo sopra raccontata) e poi la incise, animata dal dimostrare “sono più brava della Sutherland” nel suo primo recital del 1969, se non sbaglio Belle Silvermann in arte Beverly Sills. Si può giocare a fare le classifiche si tratta di due esecuzioni esemplari sotto vari profili, di quelle con le quali anche cantanti come la Cuberli debbono fare i conti. E che conti. Poi ci sono “i conticini” che il compilatore delle note deve fare con due dinosauri sopravvissuti alle ere glaciali, mutiane, barembumiane e pereiriane come Donzelli e la Grisi che con le due esecuzioni sono cresciuti. Poi il recital della Sills sparì dal commercio e quando ristamparono la prima Lucia della Joan (due cd contro i tre lp originali) il numero alternativo sparì, anche perché era stato piazzato poco prima in un recital compilation con cui la Decca, grazie a dame Joan, si faceva “le budella d’oro”. Il compilatore per certo non conosce l’esecuzione della Sills ed ha attribuito come anno di incisione quello di messa in commercio della compilation sutherlandiana.
Somari! Basta ascoltare quella Sutherland per capire che quel timbro cristallino quel suono chiaro ed in posizione altissima e quella dizione quasi chiara non possono che essere anteriori al 1965.
Somari ancor di più perché l’aria delle Rosmonda quale aria di Lucia venne incisa da Lucette Korsoff nel 1913 e più ancora la cabaletta “torna torna amato oggetto” veniva interpolata nella Figlia del reggimento da Lily Pons nelle performances del Met, anni ‘40.
E da ultimo per venire meno all’impegno di non parlare delle stagioni italiane: Somari quelli che affidano ad un ex soprano leggero la parte di soprano centrale di Eleonora d’Aquitania, scritta per la dal Serre (prima Elisabetta di Sturda) e la parte di tenore, scritta per Duprez quando giocava a fare l’imitatore di Rubini con tanto di tessiture acute e sovracuti ad un tenore che è ridotto ad un baritono Martin. Per sapere che cosa sia un baritono Martin, bastano Wikipedia o la Garzantina.

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7 pensieri su “Navigando si impara 2^?

    • Condivido l’entusiasmo per la Rosmonda, bellissima opera del Donizetti minore! Servirebbero dei fuoriclasse. La Pratt può fare molto bene, è al contrario incomprensibile e ridicola la scelta della Mei nel ruolo della cattiva. Spero in una defezione.

      • Caro Ninia, so bene che anche tu – come me – ami Donizetti, quindi senza alcuna nota critica o polemica ti dico che Donizetti non è mai “minore”: tutt’al più possiamo convenire che la sua produzione non è sempre dello stesso livello, ma questo vale per tutti (e sottolineo “tutti”) i compositori molto prolifici. E comunque molto spesso opere bollate da certa critica come “minori”, non lo sono affatto.

        • Caro Giuseppe, sottoscrivo 😉
          Infatti conosco Rosmonda quasi a memoria e amo il Gaetano anche nei suoi titoli più desueti (anche se ancora non conosco proprio tutta la sua produzione operistica… col tempo si farà!) 😀

          • Ma quanti donizettiani siamo? Anche io ho la passione per il Donizetti cosiddetto minore che poi minore non è, anzi, spesso sono lavori sperimentali e innovativi, restati al margine del repertorio proprio per certe peculiarità.

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