Il soprano prima della Callas, trentasettesima puntata: Maria Nemeth (1897-1967)

maria-nemeth Visto che è stata ampliamente citata nella puntata dedicata a Felicie Huni è scontato che ora le riflessioni cadano su Maria Nemeth, che fu una cantante famossima fra le due guerre ed ebbe il suo teatro a Vienna dove debuttò nel 1925 e rimase sino al 1946.
L’Ungheria era, nell’impero d’Austria, una sorta di riserva per la produzione di soprani da repertorio “robusto”, estesissimo però in alto per cui era normale cantare la Regina della notte o Konstanze e poi Aida per alternarle, poi a Norma o Isolde. La Nemeth era nata a Budapest nel 1897, dove aveva studiato sotto la guida di Laura Hilgermann e poi come molti altri cantanti dell’impero era approdata in Italia e qui aveva studiato con l’ultimo soprano drammatico d’agilità di scuola italiana ossia Giannina Russ (maestra anche di Margherita Grandi) e, poi, anche con Fernando de Lucia. La Nemeth non aveva in natura la voce davvero bella e sontuosa di Giannina Russ, vantava, però, un timbro bello e morbido ad onta di qualche suono un poco vuoto e chioccio quanndo spingeva e forzava al centro e siccome aveva una scuola di altri tempi cantava con sicurezza e saldezza sotto il profilo tecnico. Il che non significa affatto che le sue esecuzioni, registrazioni di studio o live della Staatsoper siano perfette perché non si può pretendere, per utilizzare un linguaggio rossiniano “la luna nel pozzo”, ovvero Regina della Notte e Brunilde di Sigfrido nel contempo, sentiamo, però, un’esecuzione impeccabile del primo passaggio del soprano e tale qualità consentì alla Nemeth di cantare un variegato repertorio per di più con partner di voce importante come Rosvaenge, Lauri Volpi e Gigli per restare alla corda tenorile o per i mezzosoprani voci assolutamente poderose come la Thorborg e la Anday.
Lo studio italiano le aveva giovato sotto il profilo del gusto e della tecnica ed offerto la possibilità di cantare fuori della Staatsoper nei teatri italiani (Scala quale Turandot nel 1930) e dove le opere erano eseguite in lingua italiana (sempre Turandot a Covent Garden perchè la facilità del registro acuto spesso penetrante e tagliente propizia l’approdo all’ultima figura femminile pucciniana). Conoscere il repertorio italiano sia in lingua tedesca che italiana spessp reppresentava la conditio sine qua non per approdare ai teatri italiani e sud americani.
Al di là della grande facilità in zona acuta l’ascolto di Maria Nemeth riserva altre e meno evidenti sorprese. Ho già accennato a due caratteristiche ossia la facilità del primo passaggio e la qualità del timbro precipuamente in zona medio alta. Risultano di tutta evidenza nell’incipit dell’aria di Leonora del Trovatore dove la scrittura bassa delle prime battute non costringe la cantante nè a suoni aperti (come emettevano parecchie cantanti di area italiana) e neppure tubati ed ingolati, come accade sistematicamente quando un soprano d’agilità debba simulare di essere un soprano spinto. Certo il colore appare marcatamente chiaro. Nonostante l’accorgimento e la scaltrezza tecnica la variante acuta al re bemolle non riesce particolarmente bene anche se gli altri acuti sono facilissimi e, come sempre accade per i soprani di area mitteleuropea di quel tempo, così i trilli. L’altro aspetto, che colpisce positivamente, è la chiarezza della dizione e dell’articolazione della cantante e, conseguente, la capacità particolarmente nel recitativo di dare senso a quello alle parole dello stesso.
Ad onta dell’accento tedesco la dizione e l’articolazione sono chiari anche nella scena di donna Leonora giunta al convento della Madonna degli Angeli. Certo per questa pagina il timbro di altre cantanti risolve i problemi in partenza, perché qui si capta oltre al colore marcatamente chiaro e forse in certe note di passaggio inferiore anche sbiancato che la voce non è da soprano spinto, anche se la cantante accenta benissimo l’enunciato “deh non m’abbandonare”, dove è anche evidente che il cospicuo orchestrale non crea problemi. Certo in Forza del destino ad onta di qualche fissità sui suoni immediatamente successivi il secondo passaggio (il secondo pace ad esempio) l’aria del quarto atto conviene maggiormente ai mezzi della Nemeth, che è ispirata e varia nell’accento e che lega con grandisima facilità. Analoghe osservazioni possono essere proposte per l’aria di Amelia del terzo atto del Ballo dove certe frasi in zona grave costano fatica alla cantante ungherese, che in quella zona risulta piuttosto piatta e monocorde come fraseggiatrice. Appena il testo suggerisce accenti accorati e la possibilità di ripiegamenti l’interprete si fa valere, come pure nelle salite all’acuto la cantante si trovi perfettamente a suo agio. Come a suo agio la Nemeth si trova nell’esecuzione dei “cieli azzurri” in italiano. Delle figure femminili del tardo Verdi Aida è da sempre ritenuta quella più dolce ed elegiaca, adatta anche ai soprani lirico spinti (con queste premesse non dimentichiamo che Aida fu l’opera di Elisabeth Rethberg, considerata prototipo del soprano lirico spintoal Met per un ventennio). L’accento di misurata disperazione, i suoni che raramente superino il mezzo forte, la capacità di cantare piano a tutte le altezze e di smorzare tutte le note da all’esecuzione il senso di abbandono e di dolore della pagina. Per contro ad onta di meravigliosi ripiegamenti alla sezione conclusiva “Numi pietà e quanto segue” ci si rende conto che il timbro soffre quando la cantante sia costretta ad accentare con vigore nella zona centrale ed accentare. Quella della Nemeth era un’epoca in cui non era ammesso, anche per la qualitità e quantità della concorrenza di barare nelle parti drammatiche.
Ma la Nementh non fu solo la cantante che per un quindicennio cantò Verdi alla Staatsoper di Vienne, ma anche l’esecutrice di Mozart (Constanza e Regina della Notte) ed anche del repertorio tedesco, dove però con l’eccezione della breve parte di Brunilde del Sigfrido si limitò a quelle che erano considerate le part liriche ossia Elsa, Elisabetta e Senta. Anche qui il meglio della cantante emerge in due situazioni vocali o la scrittura impervia della arie di Costanza dove la tessitura acuta consente alla cantantye una interpretazione dove vigore, slancio e tensione vanno di pari passo e ci ricordano la vera natura della protagonista del Singspiel mozartiano o nelle pagine elegiache come gli assoli di Elsa dove il timbro non soggetto a tensioni e forzature si fa valere ed alla grande. E questo vale sia per le registrazioni in studio che per quelel captate dalla radio austriaca. Confesso un solo rammarico ossia che non ci siano stralci della Norma, di cui la Nemeth fu l’ultima esecutrice a Vienna prima delle riprese degli anni ’70, e questo sia per testimoniare eventualmente l’eredità tecnica della Russ (una delle più grandi Norma che le registrazioni documentino) sia per ricordre che anche nell’area di lingua tedesca molti soprano erano in grado di affrontare con pertinenza vocale e stilistica la sacerdotessa belliniana.

Gli ascolti

Maria Nemeth

Verdi – Aida

Ebben, qual nuovo fremito (con Rosette Anday, dir. Victor de Sabata – 21/04/1936)

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Ratto dal serraglio “Ach, ich liebe” 1929
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il trovatore d’amor sull’ali rosee 1929
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il trovatore tacea la notte placida (in italiano) 1927
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la forza del destino “son giunta… madre pietosa vergine” (in italiano) 1929
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la forza del destino “pace mio Dio” (in italiano) 1929
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Aida “ritorna vincitor” (in italiano) 1927
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Ballo in maschera “morrò ma prima in grazia” (in tedesco) 1927
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Aida “o cieli azzurri” (in italiano) 1927
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Aida “cielo mio padre” (in tedesco) con Schipper 1929
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Aida “pur ti riveggo” (in tedesco e svedese) con Bjorling 1936
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Lohengrin “sogno di Elsa” 1927

2 pensieri su “Il soprano prima della Callas, trentasettesima puntata: Maria Nemeth (1897-1967)

  1. Oggi il tipo vocale del soprano capace di destreggiarsi sia nel repertorio tedesco che in quello italiani è incarnato da Anja Harteros che in Verdi ha un fraseggio inesistente, acuti che sono fischi di sirena d’ allarme e un legato che procede a sbalzi e strappi come una Trabant ingolfata. Come siamo ridotti…

    • la scuola di canto italiana è mal ridotta e pestorlata (come si dice a Milano) ma quella middleuropea esiste ancora ?
      L’ultima rappresentante, molto cenurabile sotto il profilo del gusto è la signora Gruberova di anni 70…..chiaro

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