L’enigma della Boninsegna: terza puntata

boninsegnaLe parole di Celestina Boninsegna riguardo l’Aida di Giannina Arangi Lombardi devono destare perplessità. Il soprano napoletano è sempre stata reputata una somma stilista ed una grandissima interprete di Aida. Qualcuno del blog, riascoltata, sulla scorta delle dichiarazioni della Boninsegna, l’Aida della Arangi Lombardi ha detto : “i piani e pianissimi ridicolizzano la Caballé, l’attenzione maniacale allo spartito la Callas e la qualità vocale Renata Tebaldi”. E allora dovremmo concludere che quella di Celestina Boninsegna sia solo ed esclusivamente l’invidia della collega, che, non calcando più i palcoscenici e non avendo l’accortezza di dire “oggi non c’è di meglio”, polemizza e la spara grossa nei confronti di una cantate di assoluto valore.

Io credo che un po’ di invidia da parte della Boninsegna potesse esserci, come vi era odio verso Emma Eames, che era solo bellissima, o verso Emmy Destinn, che non poteva vantare lo splendore e l’espansione in zona acuta della collega e coetanea reggiana, ma aveva un timbro realmente bello ed era, anche da quel che sopravvive nei dischi primordiali, un’interprete sempre molto attenta alle ragioni del fraseggio. E’ pacifico che il fraseggio della Boninsegna, salvo rare eccezioni (ad esempio l’esecuzione di “Madre pietosa Vergine” o la Tosca a dire di Riccardo Stracciari), fosse piuttosto convenzionale.

Ma c’è un punto di partenza dove le idee della Boninsegna sono inattacabili e dove le poco lusinghiere parole spese verso la Arangi Lombardi e la Pampanini, per contro fondate. Ossia che la voce delle due cantanti menzionate dalla Boninsegna, non fosse sempre “nello stesso posto”. Cosa significa tradotto in termini di canto? Che il sostegno del fiato e quindi quello che in gergo si chiama appoggio della voce fosse per la Boninsegna lo stesso in ogni gamma della voce, anche quando emetteva le note più basse. Questa saldezza di emissione e controllo del fiato consentiva anche in registrazioni primordiali una voce suqillante in ogni gamma della voce fossero le note basse, cui Aida (come tutte le figure femminili del tardo Verdi) ricorre e che oggi da almeno mezzo secolo non sentiamo più, o gli acuti estremi davvero esemplari per squillo e penetrazione.

Oggi, quando lamentiamo che le Aide sono tutte soprani da Boheme e Butterfly il più delle volta non decliniamo un limite vocale, ma un limite tecnico delle cantanti chiamate in causa e criticate. Se non si sanno mettere le note basse nella medesima posizione di quelle centrali non si è in grado di cantare e fraseggiare Aida o Gioconda, che impongono di accentare anche in quella zona della voce. La domanda è se le esecuzioni  piuttosto liriche ed intimiste di una Arangi Lombardi, che non era perfetta in zona grave (come non lo fu la sua più significativa allieva: Leyla Gencer, che, però, era in natura un lirico leggero) nascessero dai limiti di tecnica e quindi di accento del soprano napoletano o soltanto da una ben precisa scelta interpretativa. Processo alle intenzioni sia ben chiaro, perchè documentazione a sostegno dell’assunto non ne abbiamo per quanto dato sapere.

Chi ascolta le Aide precedenti o coeve la Boninsegna sente grosso modo la stessa cosa, a prescindere dalle differenze di qualità vocale, ovvero voci sonore in tutta la gamma, note basse comprese, acuti squillanti e penetranti. Poi ci possono anche essere le differenze, ad esempio le note gravi di petto nella Russ sono molto limitate per non dire assenti, anche se il suono è, gergalmente parlando, in posizione alta e consente al soprano lodigiano solennità di espressione ed accento aulico e regale (figlia di regi – come Sélika – Aida, mica una stracciona da gommone). Per il timbro liquido, pastoso nel contempo e dolcissimo di Giannina Russ nei Cieli azzurri le aggettivazioni sono tutte riduttive.  Possono essere i suoni gravi più marcati in una Mazzoleni, la cui gamma espressiva quale che sia il partner, atteso che il soprano di Sebenico incise le stesse pagine più volte con differenti partners, è ancor oggi un punto di riferimento. Tutte queste interpreti di Aida non raggiungono il virtuosismo della Arangi Lombardi nel famoso do dei Cieli azzurri. Sono però superiori per varietà d’accento perchè l’Aida di Giannina Arangi Lombardi prima di tutto è l’ipostasi del dolore e della sofferenza, in secondo piano la regalità, che è però del timbro, e la femminilità. In questa concezione lirica del personaggio, che non significa avere la voce da soprano lirico la Arangi Lombardi fa coppia con l’Aida ufficiale del Met di quel periodo: Elisabeth Rethberg.

Credo che nelle registrazioni anteriori la Arangi Lombardi, a partire dagli incunaboli di una Emilia Corsi dal sostenuto registro grave si possa percepire, magari senza il do dei Cieli azzurri emesso piano e rinforzato, una varietà di accento, oggi senza dubbio, ed anche alla Arangi Lombardi, sconosciuta che rispondeva alla varietà di situazioni in cui Aida, gravata da un denso orchestrale, era chiamata a presentarsi. Anche nelle registrazioni ante Arangi Lombardi ciascuna cantante ha le proprie peculiarità di interprete e di esecutrice per cui la Russ è molto più misurata e contenuta di tutte le altre, sino a sembrare fredda e per certo distaccata da qualsivoglia tentazione non verista, ma addirittura tardo ottocentesca, mentre la Mazzoleni, pur con qualche suono un poco aperto al centro talvolta sfoggia una varietà di fraseggio, pur nel rispetto  della aulica figura della schiava etiope, assolutamente sconosciute ed impensabili oggi ed anche cinquant’anni or sono.

Insomma al di là del temperamento prorompente e del “dirla grossa” la Boninsegna non ha , in quella intervista, sparlato o parlato a sproposito. Si è limitata senza troppa  diplomazia ad esprimere le opinioni di chi, non sola, ha cantato Aida ( ed anche altre parti verdiane) con una voce che non temeva orchestrali densi e colleghi di  grande squillo e potenza. Insomma la declinazione della voce verdiana assai vicina a quella che il maestro aveva pensato per le sue eroine.

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Un pensiero su “L’enigma della Boninsegna: terza puntata

  1. sostanzialmente concordo con la tua analisi, credo anch’io che la Boninsegna non sparasse a caso, semplicemente misurava le colleghe con il proprio metro, che le paragonase a se per qualità timbraca e di emissione, per facilità di emissione. Posto su altri piani il confronto con la Arangi Lombardi invece non si pone; la qualità del fraseggio di quest’ultima è di un tale livello da non rischiare confronto. Ciò non di meno, al contrario delle Boninsegna che aveva evidentemente uno strumento privilegiato, la senzazione che ho sempre avuto della Arangi è che fosse una voce costruita, costruita magnificamente, ma non una di quelle voci facili, sponanee, impostate per natura come appunto quelle di una Boninsegna o una Ponselle… quella di Giannina Arangi-Lombardi era una voce “intelligente”, cercata, voluta. Per musicalità e intelligenza, un Pertile donna.

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