Fratello streaming. Simon Boccanegra al San Carlo. Una parata di stelle

Trasmissione televisiva di Rai5 in differita, a recite concluse, dal San Carlo di Napoli che ha ripreso, rielaborandolo, il vecchio spettacolo del 1979 di S. Bussotti per il Regio di Torino.
Il direttore artistico P. Pinamonti ha illustrato ai napoletani (http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/10/07/news/_boccanegra_l_esordio_di_verdi_nel_dramma_politico-177595789) il capolavoro verdiano quale primo dramma politico di Verdi abilmente rielaborato da Boito per la ripresa milanese del 1881, ricordando che l’opera costituisce un intreccio di affetti privati e di storia politica, in cui il librettista amplificò intenzionalmente “la patria” con la scena del palazzo degli Abati e la dotta citazione della canzone di Petrarca. “Quest’opera verdiana ci fa riflettere tuttora su quanto miopi e pericolose siano quelle risposte politiche alle ansie collettive, “come quei sentimenti che van trasudando al labbro quando si parla con la dovuta convinzione di gente, patria, popolo, impero, nazione e simili altre nozioni”(G.Morelli) “conclude il direttore artistico. A parte che anche i Foscari sono un dramma politico e precedono il Boccanegra, per gli uomini dell’Ottocento, intenti a rileggere il Medioevo con la lente del proprio tempo, rivestivano senso ben più profondo e positivo di oggi idee quali patria, nazione, popolo etc: nulla possiamo imparare perchè non crediamo affatto nel loro sistema di valori, anzi, all’occorrenza li sbeffeggiamo. Fatto sta che l’opera nacque da una revisione molto articolata del lavoro originario non solo per le parti nuove aggiunte da Boito, ma anche per gli interventi di Verdi sull’orchestrazione originaria ed alcune parti del canto (per una sintesi: http://www.corgrisi.com/2012/09/verdi-edission-simon-boccanegra) .
Alla natura musicale di quell’intervento oltre che alla grande tradizione esecutiva dell’opera avrebbero dovuto ispirarsi direttore artistico e/o sovrintendenza prima di decidere di mettere in cartellone questo titolo impegnativo: ne avrebbero tratto qualche argine ed indirizzo nella predisposizione dei cast, in modo da evitare la catastrofe, in termini di qualità esecutiva, che è stata propinata, su ben 2 cast, ai poveri napoletani, appassionati amanti del melodramma. Catastrofe che non è necessario avere udito dal vivo a teatro incolpando magari mamma RAI, come di prammatica in questi casi, di quanto si è udito per tv: si capiva tutto benissimo e se poi i cantanti si sono uditi almeno una volta dal vivo, non è illegittimo esprimere un giudizio fondato. Basta sentirci.

Sulla carta e nei fatti non ci si capacita delle scelte “artistiche”, perché se la corrispondenza tra le caratteristiche di un cantante e la scrittura vocale di un ruolo costituisce la guida alla scelta dei protagonisti, voci del tonnellaggio e della “caratura tecnica” dei tenori e dei soprani mandati in scena non avevano ragione alcuna di figurare in cartellone nel Simon Boccanegra ( e tra questi alcuni nemmeno dovrebbero varcare le porte di un teatro importante come il San Carlo in nessun ruolo principale ).
Si sceglie di rappresentare Boccanegra con un protagonista, signor Ambrogio Maestri, che mai è stato, pur cantandolo di continuo, un grande esecutore di Verdi, dei suoi ampi e nobili cantabili, del fraseggio variegato ed augusto; una voce recitante delle più sgraziate e sgangherate mai udite, per giunta oggi in evidente declino, privo, nonostante la gigantesca mole, anche dell’aulica presenza scenica richiesta. Fuor dal Falstaff ( su cui ci sarebbe parecchio da parlare, in primis del fatto che non sentiamo un grande Falstaff da decenni e quindi il pubblico non ha più alcun parametro di confronto per giudicare ), non ha mai trovato nei must di Verdi, da Rigoletto a Nabucco o Renato un ruolo in cui potesse ben figurare, causa l’emissione vociferante di cui ho già detto sopra, i problemi nel salire all’acuto, sempre indietro e raggiunto con interminabili portamenti, l’insensibilità verso la raffinatezza e la varietà del fraseggio verdiano, appiattito oltre misura sul mzf. Non siamo tutti dimentichi di un passato recente, incarnato da Renato Bruson, per poter accettare, amplificato dalla ripetizione televisiva, un Boccanegra così lontano dai requisiti minimali del ruolo. Perché allora metter in scena questa opera se non si dispone di un protagonista che ne giustifichi la scelta?
Al suo fianco una coppia anch’essa inaccettabile per Gabriele ed Amelia. Se per entrambe le prime di Boccanegra i protagonisti furono due tenori drammatici, esperti dell’invettiva, dell’accento epico, dal mezzo squillante ed ampio, ossia Negrini a Venezia ( Prophete, Norma, Poliuto etc..) e Tamagno, futuro primo Otello, alla Scala, ma perché mai andare a prendere un tenore leggero come Saimir Pirgu, voce garbata ed anche educata, ma idonea all’opera leggera, Mozart et consimilia?
Ha cantato restando anche intonato e senza steccare mai pur spingendo la voce oltre il dovuto, ma l’esito sortito non era il piglio eroico che richiede la parte ( si pensi al recitativo dell’aria o agli ensemble ), ma….. i laj di un bambino in piedi sulla seggiola. Adorno è il ruolo più difficile sul piano vocale di tutta l’opera, sempre sul passaggio o proiettato all’acuto di slancio, sempre costretto all’accento drammatico per cui occorrono scansione e voce ampia, anche per suonare sull’orchestrale potente o il coro. Pirgu si è sgolato con tutte le sue forze ma non era in grado di essere Adorno, perché i ruoli adatti alla sua voce sono altri.
Stesso discorso per Maria Boccanegra, prima della Secchi Bendazzi (Ugonotti, Trovatore, Macbeth, Vespri, Dinorah, sempre descritta come una voce potente ed ampia, oltre che agile) e poi della D’Angeri ( Africaine, Don Carlo, Norma, Lucrezia Borgia, Aida ..) Verdi volente o nolente, entrambe voci spinte ed ampie che sancirono una tradizione esecutiva di voci importanti che solo con Leyla Gencer e Mirella Freni ha annoverato protagoniste di livello prettamente liriche in forza del carattere prevalentemente dolce del ruolo. Non erano certo voci logore, senza smalto e spinte come quella della signora Papatanasiou, ora anche declinante, udita in certi passaggi acuti maldestramente risolti. Si canta bene se si canta in sourplesse ciò che è adeguato al proprio mezzo, non continuamente sforzando e spingendo una voce che non c’è, artefacendo i gravi e urlando in alto, a danno dell’ intonazione e del fraseggio. Il personaggio è uscito svilito, senza nobiltà e sempre affannato.
L’accento di una voce leggera non sarà mai lo stesso di una voce spinta o drammatica, e Verdi questo richiede, per l’ampiezza delle frasi, la tessitura, le situazioni drammatiche che mette in gioco, per l’orchestrale. E i signori sovrintendenti e/o direttori artistici devono smetterla di esibirsi in piaggerie verso chi li nomina per poi praticare il qualunquismo in fatto di voci, facendo cantare tutto a tutti: abbiamo pochi cantanti mediamente scadenti sul piano tecnico, spesso gestiti da agenti spregiudicati che li sfruttano; lavorano poi in un contesto di pianisti e direttori che rema contro e non a favore di chi canta.  O si prova ad usare meglio quello che offre il mercato ( con questo cast si poteva fare con migliori risultati altro e diversa opera ) oppure….si sortiscono gli esiti imbarazzanti di questo Boccanegra, che è un caso esemplare del modo corrente di fare teatro lirico oggi. Di questo passo si chiuderanno presto i teatri….
Quanto al signor Releya, ha cantato correttamente ma senza “aura”alcuna lo ieratico Fiesco, per il quale non ha la dovuta ampiezza. La voce è ingolata e poco duttile, ma in comunque in questo contesto mi è parso il meno peggio.
Della bacchetta di Ranzani non voglio dire molto, già altre volte recensito. Ha diretto male, “battendo la solfa” e nulla più. Della magia della partitura, dei suoi mille colori, della componente descrittiva per cui la Genova dei Dogi si materializza davanti ai nostri occhi sin dai primi accordi con una forza di suggestione straordinaria, nemmeno la traccia. Un po’ di chiasso all’occorrenza, come agli Abati, ma nessun nerbo, nessuna tensione drammatica, e nemmeno del bel suono. Routine, ma di quella minimal.
Del secondo cast vi sono stralci su Youtube, di cui posso sinteticamente dire questo: non conosco il signor Armatuvshin e non avendolo mai udito dal vivo, non posso giudicare ampiezza ed effettiva sonorità della voce ( dagli ascolti il suono sembra un po’ chiuso nella testa mentre gli acuti appaiono facili…)  ma, stando a quello che si sente valeva la pena affidargli il primo cast, perchè canta meglio di Maestri, con buon gusto e freschezza. Degli altri due, soprano e tenore…..non ho parole e ciò va a demerito sempre della direzione artistica che ne porta la responsabilità della scelta.
Lo spettacolo di Bussotti funzionerebbe ancora, se i cantanti riempissero la scena col canto e col fraseggio, mentre una migliore gestione delle masse, ridotte all’osso, nelle scene corali sarebbe stata auspicabile.
I napoletani amano molto l’opera, come milanesi ed emiliani. A loro spetta questa misera dieta san carlina di fichi secchi, ma …si possono sempre consolare con sfogliatelle e babà, che almeno quelli si sanno ancora fare dalle loro parti.

PS Prego astenersi dallo scriverci che dalla tv non si può giudicare..

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4 pensieri su “Fratello streaming. Simon Boccanegra al San Carlo. Una parata di stelle

  1. …e, a volte, la TV rende le cose “meno peggiori”…
    Buongiorno a tutti.
    Già avevo scritto qualcosa su questo Simon B. televisivo: in sintesi, la riproduzione è stata “lavorata”, almeno per eliminare la clamorosa caduta di Maestri, alla prima recita, sul “figlia…” del primo atto, a conclusione della scena dell’agnizione. Volgarmente, una stecca di quelle che producono sgradevolissima sensazione al mio petto; il tentativo di un Piano Diminuendo è diventato un gorgoglio incontrollato concluso con un rantolo.
    Non del tutto sovrapposto il mio giudizio rispetto alla Grisi. Inascoltabile -per me- Fiesco: sistematicamente fuori intonazione, anche in televisione. Della serie: ma come si fa? Bruson -ascoltato sempre al San Carlo alcuni lustri fa- certo fu diverso (tutt’altra cosa, stile, eleganza, linea di canto): ma sempre di voce un po’ limitata…
    Nella serata Pirgu è stato un signor cantante evidentemente fuori ruolo, come evidenziato dalla Grisi: ma almeno ha cantato. Pure la Papathanossiou ha reso la sua parte in modo pulito. Corretto Paolo (non ricordo chi fosse). Oggi purtroppo tutto questo è prezioso, e ci dobbiamo accontentare: almeno per il San Carlo.
    Meglio Salerno. Almeno Oren si porta i suoi cantanti, e poi li fa pure cantare: Norma di due mesi fa molto meglio di quella di Liegi qui recensita. Almeno la voce era giusta!
    Due note a margine riguardo al pubblico pagante.
    La storia del teatro è praticamente scomparsa, anche come presenze: pochi pochissimi con un minimo di memoria.
    E per riempire (a metà) la sala vendono i pacchetti alle navi di crociera che sbarcano a Napoli: vista con i miei occhi una gentildonna -di area UK, non USA- vestita in stile tempo libero passeggiare scalza per il corridoio di quinta fila e tentare di entrare in bagno, fermata per fortuna dall’amica che le ha porto dei sandali.

    • Abbiamo letto l indignazione delirante per la ns recensione in un gruppo di Frequentatori del teatro san carlo. Pare che a loro invece sia molto piaciuto, che siamo noi a dissacrare la lirica e non chi gestisce male i teatri allestendo simili porcherie. C è veramente da dubitare di fronte ad una gestione che si sta facendo scandalosa per via dei cambi di cast oltre che della qualita degli spettacoli di certo pubblico che non sente nemmeno le cose più turpi. La recensora ufficiale Benedetta Magliuolo non ha ancora esternato i suoi entusiasmi per lo spettacolo ma solo il suo essere scandalizzata per la ns recensione fatta a suo dire di luoghi comuni. Attendiamo il suo competente scritto..

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