I mass media distributori di disinformazione. L’ultimo caso: il ruolo di Oscar del Ballo in maschera

Costume_of_Mlle_Dorus_as_Oscar_(1)_in_Gustave_III_by_Auber_1833_-_GallicaIl Corriere della Grisi davanti ad un clamoroso sfoggio di disinformata ignoranza non poteva tacere. E questa disinformata ignoranza che concorre a formare un pubblico acefalo, pronto a ripetere meccanicamente tutto quanto le centrali del consenso vogliono arrivi come informazione al pubblico. Riportiamo uno stralcio dell’intervista raccolta dai microfoni Rai durante la diretta del Ballo in maschera inaugurale di Venezia:

“Giornalista Rai : E proprio su Oscar vorrei continuare un po’ a ragionare con il regista dello spettacolo Gian Maria Aliverta, perché Oscar è veramente un personaggio molto particolare, intanto perché  è l’unico personaggio en travesti del teatro di Verdi.

Regista : Assolutamente. Ha detto benissimo, è un personaggio atipico, perché siamo nel 1859, quando oramai i personaggi en travesti non esistevano quasi più nell’opera lirica e Verdi lo reinserisce. Infatti la difficoltà di quegli anni di allestire Un ballo in maschera era principalmente per reclutare un soprano lirico come è Oscar, cosa che invece oggi ne abbiamo tantissimi, la voce di soprano lirico è quella più diffusa nel panorama lirico. Però invece era molto difficile all’epoca di Verdi reperire questo tipo di vocalità, cosa che invece non era per Amelia, per Riccardo, per Renato e per Ulrica, che invece sono i veri problemi di oggi. Qui abbiamo appunto Serena Gamberoni che lascia il testimone, quindi abbiamo il migliore oscar che si possa avere sulla piazza, insieme a tutto il cast. […] Il personaggio di Oscar è molto difficile, difatti in genere  nelle rappresentazioni viene sempre un po’ storpiato, c’è chi lo fa diventare una donna, e quindi gli fa perdere tutto quel fascino che verdi gli ha attribuito, chi per esigenze sceniche.. perché è difficile da risolvere Oscar, tutta l’opera è difficile da risolvere a livello scenico, però oscar di più proprio perché porta un’innovazione musicale, cambia i tempi, cambia i ritmi, cambia tutto quando arriva lui, allora  la difficoltà in molti casi porta a far sì che facciano delle acrobazie in palcoscenico, che facciano i saltimbanchi, facciano qualunque cosa, proprio perché capisco da regista che è difficile risolverlo. Io non so se ce l’ho fatta oggettivamente, però sicuramente non l’ho voluto fare donna e sicuramente non l’ho voluto fare effeminato. Cioè molti seguono la vocalità, è una voce femminile quindi lo facciamo effeminato. Addirittura per qualche collega c’è anche la tendenza di  trasformarlo in omosessuale, quindi questo rapporto gay che ci sarebbe fra lui e Riccardo, quindi poi non si capirebbe perché il più bel duetto d’amore della storia dell’opera sarebbe ci sia fra Riccardo e una donna, quindi a meno che Verdi non fosse così lungimirante nel 1859 da sdoganare anche la bisessualità credo che non sia una delle scelte più azzeccate, perché di femminile non c’è nulla nella parte di Oscar.

Queste le parole del signor Gianmaria Aliverta, regista del recente allestimento di Ballo in maschera che ha inaugurato la stagione operistica di Venezia e del quale riferiremo a breve. Le parole e le opinioni sono l’ennesima esemplificazione della imperante mistificazione culturale corrente, in questo caso nata da una lettura diciamo tutta “personale” dei più accreditati testi di storia della musica (il “solito” Budden).   
Chiariamo alcuni punti :

a) Verdi non ha inventato niente e non ha resuscitato nessuna tradizione defunta. Il Maestro di Busseto utilizzò, quasi pedissequamente, lo schema librettistico del Gustave III di Auber (1833), utilizzato poi sia per Il reggente di Mercadante (1843), che prevedevano una parte di paggio del regicidio. Oltretutto Oscar ed Amelia sono i due soli personaggi che conservano in tutti questi lavori il loro nome. L’origine francese dell’ispirazione, le caratteristiche del personaggio, chiaramente di contorno, come peraltro accadeva per tutti i travestì dopo la grande stagione rossiniana, imponeva un personaggio giovane, brillante e dalla vocalità frizzante e fors’anche frivola, quindi un soprano di agilità. Figura questa contrapposta al soprano drammatico o addirittura Falcon cui appartiene la vocalità ed il carattere di Amelia, prova ne sia che alla prima del Gustave III i panni di Oscar vennero vestiti da Julie Dorus-Gras, capostipite delle cosiddette chanteuses à roulades. Oltretutto aggiungiamo che, vista la struttura del dramma verdiano, Oscar, ossia il soprano che canta Oscar, è la voce di soprano predominante cui spettano non solo assoli, ma la partecipazione a tutti i concertati. Tutto ciò per chiarire di che cosa stiamo parlando, elementi di cui un regista che legga il libretto, che ascolti una registrazione dell’opera, dovrebbe avere contezza.

b) Quanto poi alle presunte difficoltà di trovare un soprano lirico, abbiamo un altro svarione del nostro signor Aliverta, perché Oscar non può essere un soprano lirico, atteso che tale categoria vocale viene inventata sul finire dell’800 ed i prototipi ne sono Micaela, Manon ed in Italia Desdemona, Alice e Mimì. Non solo, ma la vera difficoltà in cui si imbattè Verdi fu trovare una protagonista femminile per il ruolo di Amelia. Insoddisfatto della prima, che si chiamava Eugenia Julienne-Dejean, si dovette accontentare a Parigi di Rosina Penco, di suo ben poco felice di dover cantare un’opera così pesante, e trovò attorno al 1865 una protagonista di rilievo in Marcella Lotti Della Santa, cantante che si deve indicare come il vero primo soprano drammatico verdiano. Ma il problema non era certo trovare una cantante per Oscar. Le doglianze di Verdi riguardavano ben altro, ossia che la prima esecutrice del paggio Pamela Scotti, fosse piuttosto incolore ed insapore, incapace della brillantezza che è la peculiarità del paggio e di quel tipo di vocalità.

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c) A smentire la difficoltà di allestimento basta scorrere le cronologie dei teatri italiani e stranieri, nonché le filze delle biblioteche su Corago (Università di Bologna) che conservano i libretti delle prime rappresentazioni del titolo verdiano. A prescindere dalle difficoltà di reperire il paggio Oscar, alle quali crede solo il signor Aliverta, precisiamo che le filze di Corago non sono complete e che nell’inverno del 1861 l’opera veniva rappresentata nelle due piazze più importanti per l’Opera, che erano Londra e Parigi.

d)Che il personaggio di Oscar attirasse grandi soprani di agilità lo testimoniano le registrazioni discografiche. Basta ascoltare le testimonianze lasciate da Luisa Tetrazzini, Selma Kurz, Melitta Heim, Frieda Hempel, Adele Kern, Lotte Schone, ed aggiungere che Amelita Galli-Curci, Toti dal Monte e Margherita Carosio cantarono, occasionalmente le prime due, stabilmente la terza, il simpatico paggetto nei teatri del Sudamerica e italiani. Le registrazioni della Hempel, della Kurz e della Tetrazzini, con le loro ampie cadenze, autentico concentrato di ogni formula del canto di agilità, inserite alla fine del couplet del III atto, sono la testimonianza dell’interesse che questo personaggio trovò nelle grandi cantanti d’opera e di esecuzioni, forse datate, ma che insegnano molto, e lo dovrebbero insegnare anche agli Aliverta di turno che il personaggio di Oscar è, prima di tutto, un “carattere” vocale, cui estranei sono sculettamenti, pagliacciate e ambiguità sessuali.

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4 pensieri su “I mass media distributori di disinformazione. L’ultimo caso: il ruolo di Oscar del Ballo in maschera

  1. E’ incredibile come si possano dire impunemente tali sciocchezze. E senza che nessuno – a cominciare dal giornalista che realizza l’intervista – controbatta alcunché. Certo per controbattere bisognerebbe conoscere e oggi, purtroppo, in campo musicale regna la più assoluta disinformazione e superficialità. Peraltro non è neppure vero che Oscar sia l’unico personaggio “en travesti” di Verdi…ricordo Tebaldo, nel Don Carlo, anche in questo caso un paggio. Sì, perché nelle convenzioni dell’epoca il paggio era affidato ad una voce femminile. Neppure corrisponde al vero il fatto che Verdi “recupera” questa tradizione, come se fosse oramai sparita nel 1859. Non è affatto così! Basterebbe scorrere i libretti di metà ‘800! E non ricercando opere semisconosciute, ma titoli di strarepertorio: come il Faust di Gounod (peraltro risalente al 1859, stesso anno del Ballo) con Siebel. Ma si può andare avanti sciorinando titoli di poco precedenti e successivi al Ballo dove si trovano ruoli “en travesti”: La Wally, Romeo et Juliette e poi Mascagni (Zanetto e Amico Fritz), Ponchielli (Marion Delorme), Mercadante, Offenbach, persino Wagner! No comment poi sul delirio sull’acclarata non omosessualità del personaggio e sulla sua trasformazione in saltimbanco… Ma questo Aliverta conosce la storia dell’opera?

  2. http://www.lastampa.it/2015/07/31/spettacoli/da-cameriere-a-regista-dopera-puntando-sulla-lirica-low-cost-JQ5SuUyGBW2UYCF3XQxHbI

    Immancabile Mattioli che non se ne fa.scappare uno. Qui di sotto il pensiero del giovane regista che vuole svecchiare, fare l opera in luoghi diversi dal teatro, promuovere cantanti

    https://zero.eu/persone/voce-allopera-intervista-a-gianmaria-aliverta/

    Ma la colpa non è nemmeno di queati 30 enni senza riferimwnti culturali ma di chi non glieli da, non da loro modo di averne: e ‘ l’ambiente che è nefasto perché nulla insegna

  3. Secondo me il sig. Aliverta fa una grande insalata fra castrati, personaggi eroici en travesti (Tancredi, Arsace), adolescenti (da Cherubino a tutta la genia di paggi e affini sopra enumerati). In Verdi, oltre a Tebaldo del Don Carlos, c’è anche il paggio anonimo del Rigoletto, che dice poche battute, ma c’è. La genialità della creazione verdiana di Oscar non sta certo nell’originalità della “inventio” (già citati Auber e Mercadante, sicuramente ben noti a Verdi) ma nella qualità della musica di Oscar.

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