Fratello streaming: Andrea Cheniér alla Scala. Minimalismo vocale, orchestrale e scenico

storia_GhigliottinaMilly Carlucci ha appena concluso il televoto e il pubblico scaligero alza la fronte e davanti ad una minestrina decongelata fa partire una salve di fischi alla terza uscita del trio dei protagonisti che rifiuta le uscite singole. Ci siamo risvegliati, ed era ora!

Una lunga insipida zuppetta che con mezzucci si è cercato di far passare per alta cucina. Mezzucci la telecronaca (bravi però sia Antonio di Bella che una professionista di lungo corso come la Carlucci) dai toni osannanti cui si sono associati quelli di Cecilia Gasdia e del personale scaligero e poi il far cominciare il secondo tempo in sordina, con mezzo pubblico ancora fuori sala  per evitare certe “pattonate” di cui Gatti è stato destinatario indiscusso al 7 dicembre e già provate da Chailly all’antegenerale.  Tralasciamo la suprema paraculata della facezia che Cheniér non è opera a pezzi chiusi  e quindi niente applausi dopo le romanze onde esorcizzare il rischio fischi. Rischio che deve essere stato sempre ben presente alla Scala per la scelta del protagonista, ben noto come il signor Netrebko e per la supposta carenza della compagnia assemblata. Timori fondati

Allora il signor Netrebko ovvero Yusif Eyvazov è stato del trio protagonistico il meno peggio, almeno alla televisione, dove si sentiva. Perche in teatro pare fosse poco udibile, ergo insufficiente perché la voce di timbro ingrato (salvo qualche acuto),  priva di cavata e vera ampiezza che consenta quei colori e quelle dinamiche che servono a rendere il poeta innamorato, sognatore e patriota, è evidentemente frutto di un cantare non corretto. Tutta attutita, tutto in sordina come la voce del cantante che per la modestia dei mezzi non può provarsi ad interpretare, peraltro scarsamente aiutato dalla scena, ove stava senza forza, quasi fosse…assente. Inutile pretendere scansione epicheggiante, slancio amoroso, effusioni e legato, ossia una effettiva varieta di fraseggio quando si stenta a reggere la scrittura vocale del personaggio ed a superare l’ordito orchestrale. La voce ormai inspessita ed indurita, rotta in due tronconi (il famoso scalino tipico dei soprani veristi dediti alla estroversione temperamentale gratuita) la dizione confusa e pasticciata, la mancanza di articolazione (entrata al primo atto e  sortita al secondo atto davanti all’altare di Marat) una dinamica limitata a poche frasi centrali, come l’inizio della mamma morta (che può aver entusiasmato giusto un allegro di professione come Roberto Bolle, intervistato davanti alla mensa imbandita) non sono da super diva quale da tempo spacciano la Netrebko, ma da cantante di provincia per giunta in declino. Mai abbiamo udito una posizione di canto così bassa nel soprano russo, per quanto da anni allarghi e tubi il suono per sembrare, senza convincere, una voce spinta. Poteva almeno, data l’imposizione del marito, degnarsi di imparare meglio la parte e dispensare per l’inaugurazione della Scala qualche (elementare) frase detta un po’ meglio e non tirata là alla c….. Tralasciamo poi il cattivo gusto della regia di far sdraiare sul letto di Gerard (che credono sia Weinstein) una donna dal fisico inesorabilmente monumentale ed appensantito.

Il peggiore del trio protagonistico Luca Salsi che di un baritonaccio verista è la caricatura perché gli manca la caratteristica irrinunciabile: la voce grossa. La chiusa del “Nemico della patria” è stata in trionfo di questa disdicevole qualità di canto e di pessimo gusto. E poi le stonature, evidenti, come le frasi calanti al secondo atto in “Azzurro occhio di cielo..”

Un simile modestume non ha certo trovato conforto e sostegno nella direzione di Chailly, le cui fole pseudo filologiche poco si sposano con il verismo e meno ancora con la realizzazione musicale del maestro milanese. Una direzione banalmente noiosa, talora anche indolente e tragicamente senza nulla da dire. Quando i cantanti hanno le povere doti dei protagonisti assemblati in Scala, tanto stupendi a dire del maestro ( 40 minuti in conferenza stampa a dirci che meraviglia di tenore sia Eyvazov…!!) è scarsamente plausibile staccare i tempi lenti e larghi che sarebbero consono alle voci auree del passato recente e remoto (i soliti fantasmi cari alla Grisi direbbero i nostri detrattori) dalla cavate opulente, dal legato sicuro ed inossidabile, ogni tanto un po’ di clangore e starnazzo orchestrale,  soprattutto in chiusa d’atto. Mai un’atmosfera che fosse il settecento incipriato del primo atto, l’incontro clandestino degli amanti e il trionfo dell’autodistruttivismo dei due amanti sulla scala della carretta che con un giro di dieci metri li accompagna al patibolo. Patibolo che con assoluta antistoricità non è nella Place de la Revolution, ma nel cortile della prigione di san Lazzaro.

E questo è solo  un piccolo appunto sulla realizzazione di  Martone. Delle scene di Margherita Palli non si deve parlare perchè le scene non c’erano o quasi e quello che c’era era scentrato sotto il profilo storico (salone di Casa di Coigny in stile Secondo Impero) o sana ricopiatura (vedi il carcere di San Lazzaro che ricordava le Carmelitane che nel 1994 vidi a Ginevra, mi si dirà sempre rivoluzione e sempre ghigliottina, ma allora parliamo dei compensi). Idee registiche nessuna perché la massa corale e comparse (utilizzate con parsimonia come i tempi insegnano) erano immobili a palazzo Coigny e pure nell’aula del processo. Comodo escamotage. Lo abbiamo visto nei tableau alla Pizzi, ma applicato ai togati drammi preromantici o neoclassici. Tralasciamo certi gesti suggeriti ai cantanti come Gerard che, avendo deciso di non approfittare Maddalena, le riallaccia la vestina. Banale, paesano e…terribilmente risibile. Era tutto preso un po’ di là e un po’ di qua, terribilmente furbesco, con una certa arte del sopravvivere tutto partenopeo, ma anche e troppo dejà vue. Assolutamente coordinato con l’attuale andazzo scaligero. Miracolo, assente qualunque grisino, il pubblico ormai abituato ad ingerire rifiuti ha reagito….alla terza uscita del trio protagonista.          Stagione nuova, vita nuova? Speriamo non per noi , ma per uno dei vertici massimi della tradizione culturale italiana il melodramma.

Un ascoltino nostrano nostrano senza dover andare molto lontano nè nel tempo nè nello spazio

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99 pensieri su “Fratello streaming: Andrea Cheniér alla Scala. Minimalismo vocale, orchestrale e scenico

  1. Che video stupendo, fino a 40 anni fa c’era ancora chi sapeva cantare l’opera, è bene……ora invece solo dilettanti. Che strazio.

    PS. E per fortuna che Domingo non aveva gli acuti, questo video dovrebbe studiarlo bene il ns. Meli che ho sentito a Venezia, il do alla fine del duetto tentato ma non pervenuto e gli ultimi due si bemolle rauchi, in ogni caso senza squillo e con vibrato largo già dal sol per tutta la recita…..che pena.

  2. Ripensandoci, qualcosa lo dico anch’ io. Lei mugugnante, espressiva come una cartella di Equitalia, modicamente ma costantemente stonata. Come si è detto nella chat, non si capisce per quale ca°°°° di motivo sta tizia venga continuamente osannata come dea della lirica. Ogni volta che io la sento mi fa venire il mal di mare per come mugugna e stona

  3. Spattacolo penoso,con cantanti tutti inadeguati,in aprecie il protagonista :ma ancora peggio gli odieni commenti di molta stampa che dà pagelle alte (addirittura 8) a Netrebko e marito.Non sempre sono d’accordo con i grisini ,ma stavolta decisamente si.Anche io ho notato il rifiuto delle uscite singole e mi ha colpito il giudizio del sovintendente di Venzia secondo i qule il tenore era bravo,perchè cantava con dizione italiana e senza accento russo. (fra l’altro non è russo ma azero) Tralascio poi la Carlucci che a un carto punto ha richiamato addirittura Gigli!!!!!

  4. ..vero è che sembra un bello spettacolo per un teatro di provincia ma tant è l offerta vocale attuale..
    il marito della Diva dotato certamente di una ottima dizione ma innegabilmente di un timbro orrendo
    tutto cantato sul filo del rasoio con gli occhi puntati su
    Chailly … . Muti ha fatto proseliti…pendeva dal labbro
    del nuovo maeesstrooo il che la dice lunga sullo stile
    del giovane tenore!
    un opera costruita intorno al tenore
    molta noia nel canto poco e nullo lo slancio
    vocale ..quanto alla presenza scenica
    gli occhi dell amore fanno miracoli..
    Salsi pùo avere molti limiti ma lo si può ascoltare
    concordo avendo sentito la Diva con un colore ‘imbrunito’ …anche se qualche momento emozionante
    si è sentito
    aspettiamo di sentire dal vivo
    Divertente il siparietto con la Fracci che non voleva mollare il microfono sono nata qui a 9 anni e vorrei continuare ….
    ma basta goditi la pensione !
    un bello spaccato del paese sgangherato con tanto
    di ingresso della platea ad atto cominciato…
    sembrava Roma
    meno male ci hanno risparmiato l eccellenza meneghina di mr Expo e se ne sono ben guardati
    da chiedere a Lady Etruria…le signore teneva ben strette le borsette e mano sui collier!
    a proposito visto che non vi è piaciuto Martone
    godetevi la promo del Faust in arrivo a Roma con
    Micheletto,,,,

  5. Il sig. Netrebko voleva fare rimpiangere il Carreras sfiatato, spompato e sotto tono (uno o due?) dell’ultimo Chénier scaligero? Là, però, almeno c’erano la Marton (senza e finale) e soprattutto Cappuccilli in uno dei ruoli a lui più adatti.
    Il marito di sua moglie aveva delle note acute ma era inespressivo e rigido come un baccalà. Lei ha visibilmente messo su qualche kg rispetto ad alcuni anni fa. Il baritono, che sul sito della scala è definito “Luca Salsi, uno dei più emozionanti baritoni dei nostri anni, che in questa parte ha riscosso un grande successo personale alla Staatsoper di Monaco nel 2017” non avrebbe potuto, in illo tempore, cantare Gérard al Civico di Vercelli o al Fraschini di Pavia.
    Se poi si pensa che prima di Carreras lo Chénier alla Scala, senza andare a tempi remoti, è stato interpretato da Gigli, Merli, Masini, Thill, Pertile, Picchi, Ortica e soprattutto Del Monaco (per 4 edizioni) e Corelli, e si vede chi lo fa adesso, viene il magone. I baritoni, nel dopoguerra erano Guelfi, Inghilleri, Tagliabue, Mascherini, Taddei, SIlveri, Protti, Bastianini e Savarese ed i soprani Caniglia, Barbato, Di Giulio, Tebaldi, Caniglia, Callas e Frazzoni.
    Concordo con quanto sopra scritto sulla difficoltà di fare il baritono verista senza aver la voce, cosa che ai baritoni sopra ricordati certo non mancava.
    Qualche anno fa a Torino ho visto uno Chénier accettabilissimo con Armiliato, Pons e la Dessì – tutti e tre in buona forma vocale –
    e non si parla di epoche paleotilioche. Guarda caso il pubblico era felice, sorridente e plaudente e pure io, fra lo stupore dei miei amici, sono uscito di teatro col sorriso sulle labbra.
    Non ho necessità di esprimere molti miei concetti sullo Chénier di ieri sera, visto in tv, perché chi ha già scritto ha già sostanzialmente espresso quanto io penso. Voglio solo notare come sia io che altri amici con cui mi sono confrontato telefonicamente a fine opera eravamo concordi sul fatto che, nel complesso, i comprimari, erano meglio dei protagonisti. La Madelon non mi ha molto convinto ma il romanziere Fléville aveva una bella voce. Però finisco e dico: pensiamo positivo su questa recita, perché, magari, dopo “Il pirata” o la “Francesca da Rimini”si rimpiangerà questo Andrea Chénier….

  6. Indegno spettacolo, intendendo purtroppo con questa parola anche tutto ciò che lo ha preceduto e seguito, alla tv e fuori dalla tv. Fanno bene i cantanti predatori a razziare un luogo indifeso, reso inoffensivo da un apparato di mediatica falsità e trionfalismo programmato fin nei minimi dettagli. La cosa che mi fa più tristezza è sentire parlare dei loggionisti come di una razza in via di estinzione che non si sentirà, tanto è coperta da un ritmo veloce di rumori e immagini che mira a mostrare (capirai) alla fine un catering post-spettacolo raggelante (era a quello che si riferivano le auliche espressioni della signora Anna, durante l’opera?) siglato dall’immancabile Bolle che avrà anche addominali perfetti ma che purtroppo conferma il vieto luogo comune sui palestrati. Mi fa molta tristezza la lezioncina sulle citazioni di Wagner (nel 1896 Wagner era di moda che lo dovevano citare tutti, soltanto manon Lescaut basterebbe a….) per giustificare un’esecuzione “continuum” senza spazio per gli applausi..ma stiamo scherzando? Mi fa molta tristezza leggere che alla fine il povero marito ce l’ha fatta, quando non ha staccato gli occhi un attimo dal direttore e si è limitato a sparare frasi generiche aiutato in tv dai tecnici audio. Quanto a lei, mi sta pure simpatico quel suo sguardo furbo e ammiccante che sembra dire: poveri fessi, l’avete fatta morire la vostra tradizione verista (molto più difficile da recuperare oramai, del belcanto e del barocco) e perché mai dovrei rinunciare a questo bel boccone su questo bel piatto? Le è il simbolo di un’umanità imprenditoriale che risolleverà forse l’economia, anche se certo non “la Scala”. E non voglio parlare di salvezza di tradizione, perché anche questa è una trappola che serve al sistema a bloccare ogni autocritica e ogni vero progresso: va benissimo così, la pub con la voce della Callas perché tutti l’hanno imparata da Philadelphia che lo dettero sul 5, e poi sorbitevi la Netrebko che ci è toccato prenderla. SERVI

  7. Buonasera! Vorrei solo dire, che dopo la diretta radioteleisiva una mia carissima amica mi ha detto: ” Questo sarebbe il “Gotha” della lirica? A me sembra piuttosto il Golgotha! ” Saluti e baci. Maometto II

  8. Io non posso che ribadire il mio punto di vista. Abbiamo assistito a una fetecchia buona al massimo per qualche teatro della bassa provincia. Se poi critici e stampa di regime, mattioliani oppure blogger e forumiste marisebarbise vogliono far credere il contrario si accomodino pure, come hanno sempre fatto in questi ultimi trent’ anni di disinformazione e di menzogne gratuite davanti alla sconcia evidenza di fatti che parlano da sé.

  9. Sull’aspetto tecnico molto d’accordo con la Grisi, e con i più: anche per me Yusif Eyvazov è stato il migliore della truppa (e, visto che è comparso Meli, Eyvazov è molto meglio del Meli attuale).
    Come aspetti di costume, pochissimo d’accordo con la Grisi: professionalità e bravura dei presentatori non salvano RAI1 dal ruolo di peggiore in campo. Cachet molto alto a Gasdia – Bolle – sovrintendente di Venezia (et al.) per le trionfalistiche castronerie che hanno propinato (almeno l’ambasciatore Romano si è limitato all’aspetto storico…, e Pereira non è imputabile, che doveva dire poverino…), Fracci patetica tappabuchi. Regia eccezionale nel silenziare i fischi pur nettissimi che sono rimasti un sottofondo lontano, e nemmeno citati (i presentatori si sono invero imbarazzati ma hanno glissato). Siamo alle solite, the show must go.
    Ma a questo punto che rispondere alla problematica proposta dalla Carlucci? E’ meglio o peggio avere sulla rete popolare questo tipo di “grande lirica”?

    • caro robleto, lei deve sapere benissimo, ma come certamente già saprà, che la domanda della Carlucci non sorge da un dubbio culturale né tantomeno etico, ma professionale aziendale, cioè la Carlucci è come se dicesse: conviene o no che la Rai faccia altri esperimenti di questo tipo? Inoltre, TUTTI sono complici in questo tipo di operazioni e conniventi e ci guadagnano qualcosa, non è il caso di – non parlo contro di lei sto generalizzando – parlare di “poverini” e di “piccini”, perché qui l’unica vera vittima è Umberto Giordano, questo sì. Mi si dirà che è già morto, ma purtroppo ne fa le spese il suo lascito artistico. Di artistico, in tutta la kermesse, non c’era nulla, neanche un pizzico di impegno, o di sguardo critico, nell’ammettere almeno: beh, abbiamo proposto questo, ma si poteva fare anche quest’altro (cosa che traspariva minimante in altri avvenimenti di anni passati). No, qui tutto era fatto passare come unica soluzione possibile, inappellabile. Questo è ciò che è più spaventoso dello Chenier 2017.

  10. A me sembrava che nei duetti uno dei.coniugi andasse fuori tempo ,o forse era il direttore o.forse il primo passante, insomma proprio brutto e caotico insieme..con una ritmica tanto disordinata l effetto era.sguaiato e.volgarotto .concordo tutto con tutti e non aggiungo altro, tranne che nella lirica il tempo serve più che nella vita

  11. Mah il marito è stato non il migliore ma al massimo il meno peggio,in un’opera dove il tenore è del tutto fondamentale;sarà anche meglio di M eli ma a me sembra uno scarsone,con un timbro belante e nessuna sicurezza vocale e,quindi,per dirla con Celletti nessuna possibilità interpretativa seria.Rai penosa e tutt’altro che professionale,anche perchè i conduttori di lirica non capiscono nulla e si vede ad occhio

  12. A me lo Chenier scaligero è piaciuto. Di altissimo livello direzione e concertazione, scene costumi e regia. Per quanto riguarda le voci è andata meglio di quanto prevedessi ( a parte la Netrebko, dalla quale mi aspettavo qualcosa di più ). Giordano è stato servito molto meglio che nella ripresa della Cena delle Beffe. Grande merito alla Rai che ha azzardato la diretta ( di indubbia qualità ) sul primo canale.

  13. Premetto che ho ascoltato l’opera in tv (per quel che vale) e che andrò a vederla il 19.
    I tre protagonisti avranno tutti i limiti vocali e, soprattutto, interpretativi e stilistici sui quali si è discusso, ma non saprei trovare al moneto dei loro validi sostituti. Forse neppure JK, data la sua forma vocale attuale, avrebbe potuto far meglio del marito della Netrebko…
    L’aspetto più evidente è, a mio avviso, la assenza di espressività: ieri erano tutti preoccupati ad eseguire le “note”, nulla di più. E sull’esito di questa “esecuzione di note” si è molto detto qui.

    • Beh ammesso che sia così allora la soluzione ,per un teatro del livello della Scala ,sarebbe quella di non progremmere un’opera per le quale non ci sono interpreti adeguati,non quella di eseguirla a questo livello degradato.Sbaglierò ma io non credo che mister Netrebko canti alla Scala perchè è il miglior Chenier possibile …

    • Chiudere baracca mi sembra una soluzione un tantino massimalista, suggerimento che sento ripetere da circa 40 anni da una certa tipologia di melomani ( ma è probabile che la nenia venisse ripetuta anche prima dei miei lontani esordi di frequentatore di teatri ). Mi spiacerebbe molto se per assistere a una nuova ripresa di Chenier si dovessero aspettare altri 30 anni o quando, magari mai più, si potranno trovare interpreti degni dei passati mostri sacri. Credo che la soluzione più intelligente sia quella di cercare di fare il meglio possibile con le forze a disposizione, e non è detto che s’inveri sempre il luogo comune che prima fosse meglio di adesso. Coloro che proprio ritengono intollerabile ascoltare Netrebko e soci scelgano legittimamente di stare a casa , cosa che comunque farebbero se si chiudesse baracca. E lascino chi gradisce, a quanto pare i più, godersi tutti gli Chenier che vogliono.

      • A casa, o in altri circoli ricreativi, sarebbe meglio che stessero quei fenomeni che vanno alla Scala e intervistati sull’opera affermano “mi sembra che parli della Rivoluzione francese”… per poi sottolineare la bellezza dello spettacolo. Non fanno neanche più ridere, ormai.

  14. Chiudere baracca è esagerato:ma si possono non fare più certe opere.Del resto il Trovatore era l’opera più rappresentata nell’800 ed è scesa molto nal 900 per carenza di cantanti (ce ne vogliono 5 di grande livello) In ogni caso uno non deve cantare alla prima della Scala perchè lo porta la moglie.Tutto qui.

    • Naturalmente hai ragione. Però l’amarezza di uscire da teatro dicendo al più ‘Non c’è male’. Da quanto tempo non riesci a dire ‘bellissimo’? Succede ancora col cinema, col teatro di prosa, con la cameristica e la sinfonica (es. Il recente Bruckner). Perché con la lirica no?

  15. Ho ascoltato solo per radio, quindi nulla posso dire della parte visiva. Dalle foto sembra uno spettacolo molto tradizionale, forse un po noioso.
    La direzione di Chailly a me è piaciuta molto e l orchestra era in grande spolvero. Bene i ruoli di contorno. Ho trovato la netrebko totalmente fuori parte e per giunta impreparata e una diva che con tanta faciloneria e sciatteria sale sul palco del 7 dicembre si commenta da sé. Il di lei marito è quello che se la cava più degli altri: colore di indicibile bruttezza ed insipienza, certamente indegno del 7 dicembre ma vorrei dire della Scala tout court, eppure quantomeno ha studiato per affrontare il cimento. Solo questo va apprezzato. Salsi bel timbro e nulla più. Non è stata una grande prima per quanto riguarda le voci, ma penso che complessivamente per chi fosse in teatro il tutto scorresse con più fluidità, grazie alla unica e sola regia, quella di Chailly.

  16. Buongiorno a tutti!! La signora Netrebko oltre ad aver messo su chili che hanno appesantito la sua figura- nulla di male perchè cantanti di “stazza: ci sono sempre stati- non ha riorganizzato la sua voce in merito a ciò. Oltretutto come espresso in chat ora per trovare il suono allarga artificiosamente la bocca e mostra i denti. Questo si fa quando la voce è compromessa – guardando i video della Callas prima e dopo 1963 circa si comprende bene la ricerca del suono-. La parte poi era approssimata per difetto e l unica vera grande aria da soprano buttata là, così. Suo marito fa quel che può, ingrato di timbro e tecnica e mi è sembrato come un tenore del coro preso a caso e buttato in scena. Recitazione poi, questa sconosciuta. Di Salsiccia si è detto e io, sinceramente, toglierei la diretta della prima alla Scala….basta! Fanno caxxre e non si capisce il senso di vedere una roba che è indegna trasmessa in tv… che la facciano ma in sordina…o che cambino…la prima? Un balletto!!! Preferisco vedere Bolle – che è tutto dire per me- che sta roba! Fate uno schiaccianoci….mettete in scena un Musical tipo Canto di Natale- odio i musical, ma tant ė!! Mettete le teche rai con spezzoni di vecchi stralci d’opera… meglio vedere le parodie di Vera Galupe oppure spezzoni di Victor Borge che dice John Green anziché Giuseppe Verdi! Scusate lo sfogo ma spero sempre ci sia un miracolo….è invece…

  17. Gianmario, quello che dici ha un senso e lo si puo’ condividere ma, dal mio punto di vista, andrebbe collocato in uno scenario piu’ articolato, con qualche altra considerazione.
    In pratica, il ragionamento e’: questa e’ la legna, scarsa e umidiccia, ma se vogliamo accendere un fuoco, dobbiamo per forza usare questa legna e se si rivelera’ un fuocherello, pazienza, accontentiamoci, meglio che stare completamente al freddo. Vero, perche’ se la mettiamo dal punto di vista “Chenier non possiamo farlo perche’ mancano le voci”, allora, estendendo il concetto, si potra’ fare ben poco, perche’ non potremo fare Aida, Trovatore, Ballo e mille altre cose e, quindi, facciamoli e a chi non piace come gioca la squadra, eviti di andare allo stadio e vada a giocare a bocce.
    Il ragionamento e’ condivisibile ma sarebbe auspicabile che, nel momento in cui ci si scalda accanto al fuocherello, si sia ben consci che si tratti per l’appunto di un fuocherello e non di una pira gigantesca e sono sicuro che Gianmario condivide questo assunto.
    Ora, la storia del Melodramma e’ fatta di interpretazioni e, quindi, occorrerebbe che chi allestisce o descrive il fuoco metta in condizione chi si avvicina invece al Melodramma per la prima volta (immagino che i giovani siano ormai pochi, pochissimi) di capire a che cosa si sta avvicinando e nel definire questo “che cosa” la storia interpretativa e’ essenziale. Ora, se il critico musicale della carta stampata o il presentatore televisivo magnifica in modo cosi’ sperticato il trio di interpreti da’ implicitamente ma chiaramente ad intendere che in questi 120 anni circa di Chenier, questo di cui si puo’ usufruire questa sera e’ quanto di meglio abbia prodotto l’Arte del canto; chi parla di un certo argomento dovrebbe sapere di cosa parla e costoro chiaramente non lo sanno, o perlomeno mi auguro che non lo sappiano perche’ se no e’ pura malafede. Comunque, forniscono una visione errata, purtuttavia in un certo senso, se in buona fede, sono comprensibili: sono chiamati a presentare un prodotto e, se il prodotto e’ magnifico, giova anche a loro: in un certo senso sono dei venditori: “venghino, signori, venghino, che la nostra frutta e’ la la piu’ buona della citta’”. il neofita, pero’, potrebbe, utilizzando l’intelligenza, dubitare: ma mi stara’ dicendo la verita’ costui o costei ? Insomma, in qualche modo si puo’ difendere.
    La perplessita’ maggiore e’ pero’ quando le asserzioni arrivano da figure che sanno di cosa parlano: al neofita e’ piu’ difficile non credere al Maestro Chailly, immagino che non sia il caso di presentare la sua Maddalena con frasi del tipo: “Signori, la Tebaldi non ce l’abbiamo, c’e’ solo la Netrebko: se vi accontentate, buon per voi, se no statevene a casa”; e’ ovvio che non sarebbe opportuno e nemmeno educato parlare cosi’ della propria Maddalena, pero’ e’ proprio necessario magnificare lei ei colleghi come “i cantanti adatti a rendere i ruoli di Chenier”: non sarebbe opportuno glissare ? Perche’, se Eyvazov e’ uno Chenier all’altezza, sempre per la giusta collocazione nella storia dell’interpretazione, chi cavolo era e cosa ha rappresentato Corelli ? Non ricordo esattamente i termini utilizzati dal Maestro Muti per il cast dell’Aida di quest’estate, ma tra giornalisti e Mestro sono volati termini quali “cast stellare”, “cast da sogno” e simili. Ma, mi domando: se io neofita sento parlare in questi termini e se per caso ho cognizione che la storia interpretativa di Aida dura da quasi 150 anni, debbo allora pensare di essere arci-fortunato ad essere capitato in un’epoca in cui posso ascoltare dal vivo Meli, ovvero il piu’ grande o quantomeno uno dei piu’ grandi Radames che mai abbiano calcato un palcoscenico: non e’ che per caso sono stato indotto in errore perche’ mi si e’ involontariamente tenuto nascosto che quei panni li hanno indossati Pertile, Lauri-Volpi, Gigli, BergonzI e Corelli ? E anche altri, certo.
    E’ proprio il caso di invitare il pubblico con questi aggettivi trionfalistici ? Assomigliano troppo a “un grande spettacolo a 23 ore”.

    • In effetti Sig. Danilo non darei colpa ai cantanti…se mi dicessero tutto il giorno che io Sig.ra Netrebko sono meravigliosa, fantastica, bellissima, grande attrice e la gente è pronta a pagarmi uno sproposito…certo che a furia di dirlo ci credo e giustamente se la critica mi osanna e vende me come prodotto perfetto!!! La colpa dei cantanti odierni è che si sono seduti e non vogliono più migliorarsi. La Netrebko da giovane poteva davvero essere una nuova Moffo per la bellezza, spigliatezza, la voce che aveva….i cantanti di una volta venivano criticati anche per migliorarsi e ciò faceva crescere una naturale autocitrica sulle proprie possibilità….ma oggi? Se tutti la osannano cosa importa se qualcuno dice che ho fatto schifo…tanto mi applaudono, mi pagano e i direttori o giornalisti dicono che sono fantastica!!

  18. Va bene sottolineare le mende vocali dei protagonisti di questa inaugurazione scaligera .
    PERò ,scusatemi ,ripetere ad abundantiam con sommo sarcasmo l’appellativo ” il signor Netrebko ” e insistere con altrettanto sarcasmo sui Kg in più della signora Netrebko, mi sembra veramente inelegante .

    • In effetti leggendo ovunque nel web si cogli anche nella parte più mite del pubblico il fastidio per l ‘imposizione aperta e smaccata, per un teatro di grande blasone che si umilia e per il lato kitsch della vicenda e dei suoi personaggi. Sono stati gli alimentatori dell opinione pubblica ben.piu del canto. Anche perché siamo arrivati alla fine penso dell esibizione dei lati extrartistici nell opera…..la gente.ne ha le palle piene delle fole della comunicazione e della pubblicità che ora si ritorcono contro i protagonisti. No?

      • Visto che il tam tam mediatico è stato per almeno un decennio sulla bellezza di lei dove trovavo gente che scriveva: canta così così, è superficiale ma…quanto è bella a vedersi -lo scrivevano spesso anche i “numi tutelari” del giornalismo canoro- e quando lui- scrivo così poichè il T9 mi sbaglia il nome- canta perchè marito della diva più pagata del momento…mi sembra il minimo! Finché non dimostrerà di essere davvero bravo si chiamerà il marito di…e lei non è più questra stra figa e canta pure peggio di 10 anni fa…beh non ci si può aspettare altro purtroppo…. hanno fatto soldi su questo e c’è poi il rovescio della medaglia…

  19. Signor Netrebko è inelegante ,sono d’accordo;ma questa ineleganza come dice bene Giulia deriva dal fatto che appare evidente che si tratta di un cantante imposto per raccomandazione ,operazione che non riuscì ad esempio alla Caballè com marito marti ,che non ricordo abbia mai cantato alla prima della Scala.E poi dà fastidio tutta quella retorice del colpo di scena rappresentato dal bacio “vero” che i due potevano scambiarsi in quanto coniugi e che non ha alcun rilievo sulla prestazione canora.Gossip e per giunta non divertente specie per chi contnua ad amare la Scala .

  20. Buona sera, volevo solo dire due parole a favore del povero Yusif Eyvazov, è indubbiamente un cane anzi un intero canile di cani isterici, ma accanto alla moglie fa la figura di un grandissimo cantante e forse quasi interprete. Certo la “regia” non aiuta. Quanto al baritono è solo la parodia della scuola del muggito coniata dal compianto maestro Celletti, ma a differenza di quei cantanti non ha la voce ed in una parte del genere si sente. Proprio il pseudo verismo di Giordano non fa per lui.

  21. io una parola per il baritono voglio spenderla. Non vorrei entrare nel merito della sua tecnica, degli eventuali limiti e delle sue (opportune, chi rifiuterebbe?) scelte interpretative, però del terzetto chénieriano mi è sembrato, anche riguardando la registrazione, l’unico che non dava per scontato che fosse un successo, ma che il successo andasse guadagnato momento per momento, l’unico dal quale trasparisse un timore di tipo “artistico”, insomma di rispetto per la scrittura (ripeto, non saprei quanto realizzato, ma mi pare forse meno importante).

    • Gentilissimo Fabrizio

      sono pienamente concorde con lei. Trovo che questo baritono dovrebbe dedicarsi al repertorio del primo ottocento (dopo una bella rieducazione da parte di un ottimo foniatra) farebbe tutt’altra figura. Tuttavia quando uno ha quella voce e quella tecnica non dovrebbe proprio pensare di accettare la parte di gerard è un suicidio e con più coscienza artistica ed autoconservazione uno dovrebbe arrivare a capire che non c’è somma al mondo che possa giustificare il rischio.

    • Carissima Lily, io qualche anno fa recensendo un concerto della Netrebko feci la seguente considerazione.

      Ascoltare la Netrebko e quasi tutti i suoi colleghi attuali è come mangiare le tagliatelle ai porcini dei 4 Salti in padella Findus. Al primo assaggio sembrano buone, ma poi ti accorgi che quelle fatte in casa sono un’ altra cosa.

      Da allora io la chiamo proprio così: il soprano 4 Salti in padella…

      (Ché poi, io credo che 4 Salti in padella e Tavernello abbiano un loro posto nel mondo. È quando vengono presentati come il nuovo Luca Bottura e il nuovo Sassicaia che vanno smascherati).

      Merry Christmas to you, old girl!

  22. certamente la moda-flagello imperante di spacciare per “drammatiche” voci nate per repertori diversi investe le femminili quanto le maschili, e nel caso di Salsi mi sembra fare i suoi danni non solo l’equivoco tra voce pesante e voce leggera, ma anche quello tra chiara e scura. Personalmente preferirei comunque che fosse almeno lasciato inalterato il colore naturale, ma il repertorio “drammatico”, ahimè, induce anche a questa stortura

  23. Qualche considerazione a freddo, dopo quelle scambiate nell’immediatezza con il sempre più stimato e ahimè vecchio amico DD. Se questa è la prima della Scala, l ‘ opera e ormai commemorazione, la fruizione e finita. Sintomatico l’ articolo di Qiuirino Principe su Il sole 24 ore che, dispensandoci da chi vi scrive abitualmente d’opera, parla soprattutto di De Sabata.
    Ho cercato su Youtube alcuni ascolti di “fruizione”, lasciando perdere i grandi nomi. Segnalerei soprattutto un esecuzione parmense del 1999 con Bartolini Casolla e Salvadori per dire banalmente che il protagonista deve poter cantare la parte con sicurezza e senza creare ansia in chi ascolta , che voci sopranili imponenti e scure possono alleggerire, che anche un baritono non adatto a ruoli pesanti può gestire Gerard con unai linea di canto morbida……lasciando ad Eyvazov il merito di aver studiato la parte e rispettato il valore simbolico della serata.

  24. Oggi si possono ancora trovare cantanti giovani in possesso di uno strumento promettente, se sviluppato con oculatezza. Certo, se poi dopo la seconda nota ben cantata della loro vita evitassero di farsi trascinare in repertori al di fuori della loro portata, credo che ne guadagnerebbero sia le nostre orecchie che le loro longevità artistiche. Ma oggi la parola “repertorio” per i cantanti vuole solo dire “catalogo di ruoli che riesco in qualche modo a portare in fondo” e questo crea storture irrimediabili…

  25. Ho visto lo Chenier a Roma in primavera…….. questo della Scala in confronto è stata un’esecuzione memorabile. Kunde aveva la voce divisa in due tronchi in modo talmente fastidioso che il quarto atto è stato una vera tortura, inoltre ha finito senza più neanche gli acuti, poveretto, faceva pena. La Siri aveva la voce simile al flessibile, carta di vetro. Frontali fu il migliore, spesso inudibe però……che dire, sarebbe meglio non fare più questi titoli forse, ma anche questo non è giusto, si tratta di una delle più belle opere italiane. Temo che l’unica triste soluzione sia accontentarsi, sperando sempre in tempi migliori.

  26. cercherò di recuperarla…dalla presentazione, sembra che michieletto faccia il verso a se stesso, il che è tutto dire..peccato, per una musica così bella, e soprattutto aver perduto un’occasione di recuperare un anello fondamentale del tema faustiano nel sinfonismo e nell’operismo che farebbe invece capire tante cose che vengono dopo

  27. Cari Grisini,
    è tempo di mettere il naso fuori dal plaid e di essere un po’ più presenti in teatro, di non accontentarsi solo dello streaming TV o Radio.
    Non so quanti dei maledicenti abbia assistito allo spettacolo in Teatro; pochi, nessuno?
    Io mi riferisco alla rappresentazione pomeridiana della ultima domenica 10 dicembre ed in controcorrente riporto – senza imbarazzo – la mia piena soddisfazione sulla qualità ed esito della rappresentazione.
    I cantanti erano tutti più a loro agio e sicuri rispetto alla prima, questo ha aiutato anche le qualità di emissione (commento accettabile per un vociomane?).
    Poi la visione “da lontano” senza gli esasperati primi piani televisivi, che non esistono in teatro, ha reso molto più gradevole la visione scenica e mi ha fatto apprezzare una capacità di recitazione che in TV non avevo sospettato.
    Non mi attardo su commenti specifici e sull’esito di singole arie di singoli solisti, questo lo lascio a voi, impareggiabili e sapienti. Spiacevole che tutta questa vostra sapienza sia indirizzata ad un nichilismo inutile (secondo me). Credo fortemente che siete più bravi nel riconoscere l’unghia scheggiata di una statua che di cogliere cogliere la bellezza e la qualità dell’insieme – naturalmente con qualche eccezione, come l’autore Duprez , per me il grisino più equilibrato (e più preparato?) forse per questo mancante nei commenti dello Chenier , ad oggi.
    Nessun “buu” domenica, ed alla fine anche uscite singole, senza rete…
    Dal che deduco che nessuno di voi era presente.
    Grandissimo maestro concertatore il nostro Chailly, ha diretto cantando con ogni cantante senza perdere di vista la complessità sinfonica e valorizzandola con i giusti volumi, colori e respiri, penso che abbia perso qualche chilo di peso domenica pomeriggio.

    Poi all’indomani della inqualificabile prima del Teatro di Roma, come non essere grati al maestro per averci liberato del signor Michieletto che era stato scelto da Pereira per la Butterfly della inaugurazione del 2016 ? Ricordo che ha rinunciato alla regia vista la pretesa di Chailly di venire informato del suo progetto per necessaria conformità artistica. Così almeno si è letto. Assunto che questo sia successo, anche in questo la Scala di oggi rappresenta una unicità positiva nel mondo dell’opera; c’è un responsabile che esercita la sua responsabilità e chiede conto nella prospettiva di un progetto coerente.
    Ho notato distintamente in tutta la compagnia un livello di coinvolgimento comune come mai avvertito, un affiatamento ed una sincronia di tutti come parte di un corpo unico, di grandi professionisti che esaudivano assieme una promessa. E lo stesso pubblico respirava assieme. Come spiegare questo “quid” ? io non ne sono capace, ma era chiaro e percepibile.
    Mi ero preparato alla rappresentazione guardando con attenzione l’Andrea Chenier di Domingo, Marton e Capucilli diretto da Nello Santi negli anni ‘80 a Vienna, disponibile in buona qualità sul tubo. Confrontando filmato con streaming TV della prima, ho trovato già da visione piatta che la prima scaligera era superiore a quella di Vienna ed infinitamente superiore nella sua visione in teatro. Evidentemente tra i cripo-spettacoli di riferimento che voi giustamente richiamate, quello di Vienna non è da considerare, vero? Povera lì la emozionalità trasmessa, anche se qualche aria è stata qua e là cantata forse meglio – Salsi deve studiare ancora un po’ per avvicinarsi a Capucilli – ma il confronto tra tenori e tra soprani è senza senso, tanto è superiore il livello di questa produzione – secondo me.
    La “Mamma morta” cantata dalla Netrebko domenica io la ricorderò sempre e nessuno dei vostri giudizi da visione ed ascolto piatto mi potrà spostare dal mio giudizio.
    Poi, perché non dirlo , credo che domenica nel palco con Pereira c’era il figlio della Netrebko – io ero appollaiato in alto quasi sopra il proscenio. All’epilogo finale, quando finalmente il pubblico tutto è esploso in una ovazione, che meraviglia il salto del figlio sulla sedia, contraccambiato dal sorriso e dai baci lanciatigli dalla madre… Da “Mamma morta” a “Mamma gioiosa”… Io sono vecchio e queste cose le noto…
    Invidio, ancora una volta, i fortunati che assisteranno alle prossime rappresentazioni – se potessi tornerei e tornerei

    Nota finale: Cara Giulia, non chiosi con il solito “beato lei, che si accontenta”, per favore un po’ più di fantasia ed un po’ meno astio, grazie

    • Non so se ti devo rispondere giacche sei in mezzo a decine di commenti negativi su questo Chenier e decine ne trovi sparse nel web.
      Credi di poter contemplare l idea che magari a teatro non ci siamo andati per un po per ragioni che col teatro nulla c’entrano? Ti dobbiamo qualcosa, spiegazioni o altro dato che nulla paghi per leggerci?

    • Non leggo astio da nessuna parte le sue uscite iniziali e.finali sono gratuite e provocatorie A teatro abbiamo pochi motivi di andare ultimamente ma magari abbiamo anche delle ragioni non musicali che ce lo impediscono e he nonn siamo twnuti a comunicare….Buon per lui che ha visto la Papaninii e Gigli diretti da de sabato.

  28. caro MGL, qui è stato molto criticato: innanzitutto lo spettacolo televisivo, che ha fagocitato quello teatrale, e che ha arrecato come sempre ma forse ancora di più un danno ulteriore ad uno spettacolo molto ordinario e poco originale, in termini di informazioni musicali e battage pubblicitario da trionfo annunciato, che sono risultati irritanti e poco rispettosi dell’utente medio, fosse esso in casa o a teatro o al bar. In secondo luogo, è stato detto che l’interprete femminile non era all’altezza del ruolo e dell’occasione in termini di tecnica, preparazione, aderenza stilistica ad una parte che sembra facile ma che non lo è, e che non si può risolvere solo col volume messo dove comoda, una prima ottava gonfiata e impastata ecc. ecc.: basta prendere questa tanto sua intoccabile “mamma morta” e confrontarla con decine di cantanti degli anni ’50. Questo confronto, da lei e da altri tanto aborrito (e non capirò mai perché), si può e si deve fare proprio da sotto un plaid, comodamente, e senza l’esaltazione dei lustrini di una “prima alla Scala”. E’ un piacere sentire che la recita della domenica era piacevole da seguire e mostrava molto affiatamento (a proposito, lei lo sa che si parla di 35000 euro digitati alla coppia protagonista per ogni recita?); vuole dunque essere così gentile da rispondere su questi punti?

  29. Una considerazione di livello generale. Io ormai da anni frequento poco i teatri lirici e preferisco le sale da concerto. Lo si vede anche dalle mie critiche. Lí c’ è un pubblico istruito, più preparato, che spesso suona uno strumento e soprattutto posso anche liberamente criticare Chailly, Rattle, Gergiev, Nelsons, Thielemann, Gatti, Dudamel, Pappano, Salonen o chi altro volete senza sentirmi ribattere: “Eh, ma a te piacciono solo i direttori morti!” come avviene immancabilmente nelle discussioni con gli operomani attuali

  30. Prendo atto dell’opinione che il pubblico dell’opera sia meno “istruito” di quello della sinfonica ( immagino che l’osservazione valga anche per i frequentatori di questo blog, presumibilmente appassionati d’opera dunque meno istruiti e per la maggior parte incapaci di suonare strumenti musicali ) : a mio avviso l’ideale dell’i”istruzione” sarebbe che il pubblico della sinfonica andasse anche all’opera e viceversa. E magari, ogni tanto, a qualche buon concerto di jazz. Certo come suonava Coltrane…

    • Voglio essere una volta tanto positivo e quindi posto una bella notizia da Milano. Manfred Honeck, grandissimo direttore che qui a Stuttgart conosciamo molto bene per i suoi cinque anni di lavoro come GMD della Staatsoper, farà il suo debutto alla Scala dirigendo il prossimo concerto sinfonico al posto di Zubin Mehta, indisposto. Questa volta faccio i miei sinceri complimenti a Pereira per l’ ottima scelta. Per chi non ne fosse al corrente Honeck è stato prima viola nei Wiener Philharmoniker, poi assistente di Abbado alla GMJO. Come direttore lavora regolarmente coi Wiener, con i Berliner Philharmoniker e con la Chicago Symphony Orchestra. Negli Stati Uniti è principal conductor della Pittsburgh Symphony Orchestra e ospite fisso della New York Philharmonic che ha cercato in tutti i modi di assicurarselo come nuovo direttore stabile. L’ ho ascoltato molte volte qui da noi con la nostra orchestra, i Berliner e con la sua orchestra di Pittsburgh. Per me è senza discussioni uno tra i massimi direttori viventi e il suo esordio alla Scala mi fa un grande piacere

  31. visto la recita del 13 dicembre
    Lo spettacolo risulta essere apprezzabile assistendo a teatro. Le zoomate e riprese dall alto falsavano un
    pò il tutto. Il risultato è comunque buono non ci sono grandissime idee nè innovazioni di sorta risulta eesere
    sobrio ed eleagante (molto scaligero) ;. bellissimi i costumi le luci ed i cambi scena
    L orchestra ha suonato benissimo, suoni nitidi e puliti
    la lettura di Chailly mi è piaciuta.
    La Netbrenko dopo un I e II atto che sembrava essere
    molto appanato con voce molto scura spingendo sul registro basso ha dato tutto nel III e IV sfoderanto
    la Sua bella e nitida voce..controllando di non sovratsare mai il ‘cicciolo’ .
    Salsi mi era piaciuto e confermo la mia impressione
    non sarà un fulmine ma ha reso il personaggio sia
    scenicamente che volcalmente.
    Il tenore peggio dal vivo :
    sembra un tenore di grazia munito di un timbro orrendo quasi mettallico di una buona dizione e nient altro.. la ragione per cui fosse li è ormai palese
    sembrava uno scolaretto, Chailly gli dava tutti i tempi
    e lo ha anche richiamato (con un gesto inelegante)
    ecco Chailly mi è parso un pò troppo ‘presente’
    cantava , dava i tempi ai cantanti, tranne a Lei e poi
    nei ritagli di tempo dirigeva
    anche in tv avevo avuto l impressione di un III e IV piu convincente

    chi avesse la possibilità vada a vedere lo Chenier
    tra l altro non c era un gran che di gente, palchi e platea e anche gallerie non pienissime

  32. Ieri sera sono stato a teatro. A parte il casino inqualificabile al botteghino (alle 7.40 stavano ancora chiamando i numeri del loggione……a me i biglietti non sono mai stati spediti, sono entrato con la carta del formaggio timbrata e firmata……), la recita ha confermato la mia impressione dalla ripresa TV.
    O meglio: la Netrebko molto meglio dal vivo, tanta voce è bella, un paio di brutte stonature, molto bella l’aria ed il finale quarto.
    Il marito è ridicolo, ha poco volume, brutta voce, nemmeno gli acuti sono belli, il personaggio manca completamente. Il finale non l’ha cantato, era senza voce, meglio così……. è stato il momento migliore della serata!!!!!
    Salsi non mi è piaciuto per niente.
    Chailly pure mi è piaciuto poco, ha tenuto l’orchestra al minimo per aiutare le voci, era tutto in sordina tranne gli accordi finali…..mah.
    Scene minimali, come il titolo del post.
    Costumi bellissimi.
    Nel complesso uno spettacolo appena sufficiente, con un buon soprano che ha salvato la serata.

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