La Bohème – Lucrezia Bori, Giuseppe Bentonelli – Otto Klemperer

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Della Bohème che ha debuttato ieri sera, in un tripudio di paesana mondanità, al Comunale di Bologna, diremo nei prossimi giorni. Di recente si è scritto, su un luogo di incontro virtuale nominalmente dedicato all’opera, che il direttore della produzione felsinea sarebbe superiore a Otto Klemperer. Alla signora o signorina che ha enucleato questo bel concetto suggeriremmo un bel ripasso di storia della musica e magari anche un confronto delle carriere e dei repertori (quelli autenticamente praticati, non quelli millantati on line o sui giornali) dei due direttori. Abbiamo però pensato di proporre il maestro di Breslau in un’esecuzione da concerto dell’ultima parte del primo quadro dell’opera pucciniana. L’ascolto (scovato in maniera assolutamente casuale in quella miniera d’oro, e sovente anche di altri materiali, che è Youtube) è prezioso soprattutto perché chiarisce che i grandi direttori, quelli veri, lo sono nella misura in cui siano capaci non solo di guidare i cantanti e sostenerne gli sforzi, ma di restituire l’atmosfera di un brano partendo dalla struttura e dalle caratteristiche della musica. Il canto di conversazione, cardine di questa e di altre opere del compositore lucchese, impone frequenti cambiamenti di dinamica e agogica: compito del direttore non è tanto porre l’attenzione sui preziosismi della scrittura strumentale (che pure non mancano), quanto far sì che orchestra e solisti si esprimano con libertà e aderenza alle richieste del testo poetico e musicale. In altre parole, il perfetto controllo delle diverse componenti permette una totale elasticità di esecuzione: la sprezzatura non è quindi una bizzarria fine a se stessa, ma il mezzo attraverso il quale il brano esprime tutte le sue peculiarità. In caso contrario, si finisce solo per sbrodolare (e non solo nelle interviste).

8 pensieri su “La Bohème – Lucrezia Bori, Giuseppe Bentonelli – Otto Klemperer

  1. “Di recente si è scritto, su un luogo di incontro virtuale nominalmente dedicato all’opera, che il direttore della produzione felsinea sarebbe superiore a Otto Klemperer.”
    ……
    ….
    Non sapevo che fosse risorto Karajan.
    ….

  2. Riguardo a questa faccenda son d’accordo con Duprez: è imbarazzante anche solo pensare di intavolare una discussione con chi parte da presupposti simili.
    Mi sento di avanzare un’ipotesi: chi ritiene che Mariotti sia, almeno nella concertazione della Bohème, superiore a Klemperer probabilmente gioca – con dolo – su due fattori: primo, l’idea che un direttore di area tedesca (e, volendo, anche così “teutonico” come Klemperer) abbia scarsa dimestichezza con le esigenze di Puccini; la seconda, che di Klemperer si sappia ormai ben poco. Cioè: uno abituato a concertare Brahms, Mahler e Richard Strauss cosa mai potrà capire di una partitura di Puccini? Inutile dirlo, laddove manca la frequentazione assidua (che poi non saprei quantificare – non so quanto Puccini Klemperer abbia diretto) arriva il mestiere – nel senso nobilissimo del termine poiché, per come la vedo io, solo chi sa fare da solido artigiano può “correre il rischio” di diventare un grande artista. E l’ascolto proposto mi conferma in questa idea.
    Cosa che vale anche per il tenore, a me – mea culpa – sconosciuto, a differenza di Lucrezia Bori. Il quale dimostra di essere quello che oggi quasi nessuno è più: un professionista, uno che sa fare ciò per cui è pagato.
    Che poi il gioco del “come lui nessuno prima”, o del “oggi sappiamo cose che prima non si sapevano” etc. è sempre stato fatto. Solo che prima, e nel senso di una discontinuità che era anche continuità, ai Mahler e agli Strauss seguivano i Walter e i Klemperer. Insomma: le distanze dai predecessori si possono sempre prendere, però bisogna conoscerli bene, questi predecessori. Sennò si fanno solo i capricci.

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