Manon Lescaut, seconda puntata. Le Manon di Tucker: Montserrat Caballé, Virginia Zeani, Magda Olivero.

Manon-Caballe-TuckerDavanti a questi tre ascolti accomunati dalla presenza di Richard Tucker nel ruolo dell’irruente e, purtroppo perdente, amante si dovrebbe concludere che sia il tenore americano, in uno dei suoi ruoli, il destinatario dell’ attenzione del Corriere della Grisi. Inutile negare che lo sia perché il ruolo si adattava perfettamente ai mezzi vocali ed alla tecnica di Tucker, ma non è la sola ragione degli ascolti. Basta, infatti, leggere il nome delle Manon, che possiamo definire storica ed irripetibile se riferita a Magda Olivero, a grandissime per la Caballé e la Zeani. E poi abbiamo a Roma 1969 la direzione di Schippers, a Buenos Aires quella di Bruno Bartoletti. E sarebbe un errore definire solo mestiere quella venezuelana di Veltri.
Tucker canta splendidamente. In tutte le registrazioni è un cantante con una onerosa carriera alle spalle e over 50, anzi, alle soglie dei sessanta a Caracas. Eppure gli acuti sono facili e squillanti come conferma il terzo atto ed anche i duetti del primo e secondo atto; il centro della voce è sempre morbido e sonoro quale ovvia conseguenza del controllo del fiato e della respirazione e quando “Ah Manon mi tradisce”, aria del terzo atto e tutto il quarto atto richiedono tensione drammatica e declamato, Tucker canta e rispetta legato e segni di espressione. L’amoroso riesce ad essere tale in virtù di suoni dolci, che consentono espressione carezzevole ed appassionata nel contempo.
Se escludiamo pagine isolate, naturalmente, di tenori antecedenti a Tucker, e citerei il “Donna non vidi mai” di Bonci o di Gigli, tutto quello che del ruolo ha lasciato Aureliano Pertile, l’aria del terzo di Giacomo Lauri Volpi, Tucker è l’unico tenore che stia al livello di Francesco Merli che incise negli anni’30 l’intera opera.
Olivero-ManonNon dimentichiamo in questa valutazione che una delle partner di questo des Grieux è Magda Olivero, ossia la più grande interprete del ruolo, che le registrazioni conservino. È nota la passione del Corriere per la Magda, ma non vi è frase che non sia la più compiuta realizzazione del personaggio, apparente vergine strappata al velo nel primo atto, ma già pronta a diventare una cocotte ed una navigata seduttrice ai successivi. La “fanciulla povera” (di anni 62 all’epoca della rappresentazione di Caracas) diventa la”Manon di un giorno” al secondo atto alitando un pianissimo, che non lascia dubbi sullo scopo di Manon sino al quarto atto, allorché, morente, Manon in un istante di autocoscienza trova alla frase “i miei errori” sfoggia il tono della riprovazione sociale perché -sotto sotto- per l’Olivero Manon è innamorata, ma anche sventata e donnaccia.
Tutto questo e la diretta interessata lo ha detto molte volte nasce dalla sensibilità e intelligenza e dal possesso di una tecnica, che consentisse di realizzare le pensate interpretative. Il trionfo di questo (ed io aggiungerei la contezza della modestia del proprio mezzo vocale) trova la sua sublimazione nell’aria del quarto atto, dove lo spessore orchestrale richiederebbe un timbro ben più sontuoso ed importante di quello dell’Olivero, che sfoggia un timbro dolce e giovanile, da soprano lirico leggero per le reminiscenze della vita serena nel Nuovo Mondo, e giocando sui contrasti valorizza gli slanci drammatici. In più ci sono ben piazzate alcune connotazioni veriste “Non voglio morire” o precedentemente il “Soffri… orrendamente” che solo la Madga può permettersi. Un genio! O meglio una cantante, che riesce ad essere un piccolo gradino sopra le altre. Aggiungo -e prima o poi tornerò sull’argomento- che nella storia del disco cantanti così ce ne saranno cinque o sei, non di più.
Grandissime Manon la Caballé e la Zeani, quest’ultima aiutata in scena dal fisico e dallo sguardo. Inutile tessere lodi sperticate per piani, pianissimi e filature del soprano catalano ritratta nella fase iniziale della celebrità ed in condizioni vocali ben migliori di quelle della registrazione ufficiali, è ovvio e scontato, come ammirare lo splendore vocale all’epoca anche degli acuti estremi presi a piena voce. L’ausilio che viene dal timbro e dalla facilità nella dinamica è ovvio ed aggiungiamo che Bartoletti con suoni soffici ed accompagnamenti delicati nei momenti d’amore e di giovinezza sostiene bene la definizione del personaggio, poi davanti all’Olivero ci rendiamo conto della differenza fra grandissima esecuzione ed esecuzione storica. Preciso è vero che il centro della Caballé sonoro e sicuro non ha, però, la saldezza e la sicurezza che il ruolo richiede. Qualcuno potrà dire che era il centro di una belcantista, altri, anche in considerazione della successiva carriera della cantante catalana, che al centro o meglio sul cosiddetto primo passaggio ci fossero problemi.
Virginia-ZeaniAl centro era sicuramente più sicura e salda la voce di Virginia Zeani, protagonista a Roma nel 1969 dopo più di vent’anni di carriera, un repertorio vastissimo ed una tecnica di canto appresa da Lidia Lipkowskaya ossia la grande scuola dell’Ottocento, che garantiva alla voce sonorità e proiezione. La cantante fa sfoggio, sebbene in zona grave incorra in qualche suono aperto o querulo e di sapore un poco verista, di facilità in alto e la ampiezza; nel duetto d’amore del secondo atto assistiamo ad una gara (sostenuta a meraviglia dalla bacchetta di Schippers) di slancio e passione; la gavotta è di facile e fluida esecuzione, chiusa con il do legato alle note successive e non sparato, come pure accade nel concertato del terzo atto dove la voce di Manon svetta costituendo il contrasto con i piani e pianissimi della prima scena e del quarto atto, che ritraggono giovinezza e rassegnazione. Aggiungo non può che essere così perché nella direzione di Schippers abbiamo la regia vocale basta sentire come prepara l’ingresso di Manon al primo atto, come è lugubre nel famoso intermezzo per capire come un grande direttore nel melodramma italiano debba creare le atmosfere, evocare i sentimenti con i suoni ed i colori orchestrali. Ricordo, per la cronaca, che di lì ad un mese Thomas Schippers avrebbe debuttato e “fatto centro” con un titolo opposto a Manon Lescaut ossia Assedio di Corinto in Scala.

Gli ascolti

Giacomo Puccini
MANON LESCAUT

Manon Lescaut – Montserrat Caballé
Dex Grieux – Richard TuckerLescaut – Gian-Piero Mastromei
Geronte – Ralph Telasko
Edmondo – Horacio Mastrango
Un musico – Carmen Burello
L’oste – Mario Verazzi
Il maestro di ballo – Nino Falzetti
Un sergente degli arcieri – Walter Maddalena
Lampionaio – José Nait
Un comandante di Marina – Tulio Gagliardo

Orchestra e Coro del Teatro Colon di Buenos Aires
Bruno Bartoletti

Buenos Aires, Teatro Colon, 12 Luglio 1966.

Parte I

Parte II

Manon Lescaut – Virginia Zeani
Des Grieux – Richard Tucker
Lescaut – Walter Alberti
Geronte – Mario Rinaudo
Edmondo – Ermanno Lorenzi
Un musico – Giuseppina Dalle Molle
L’oste – Giorgio Onesti
Il maestro di ballo – Gabriele de Julis
Un sergente degli arcieri – Umberto Frisaldi
Lampionaio – Renato Ercolani
Un comandante di Marina – Giovanni Amodeo

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Thomas Schippers

Roma, Teatro dell’Opera, 03 Marzo 1969.

Parte I

Parte II

Manon Lescaut – Magda Olivero
Des Grieux – Richard Tucker
Lescaut – Vincenzo Sardinero
Geronte – Eugene Green
Edmondo – Bernard Fitch
Un musico – Aurora Cipriani
L’oste – Alfredo Izquierdo
Il maestro di ballo – Bernard Fitch
Un sergente degli arcieri – Boris Serdoz
Lampionaio – Bernard Fitch
Un comandante di Marina – José Montenegro

Orchestra e Coro del Teatro Municipal di Caracas
Michelangelo Veltri

Caracas, Teatro Municipal, 02 Giugno 1972.

Parte I

Parte II

5 pensieri su “Manon Lescaut, seconda puntata. Le Manon di Tucker: Montserrat Caballé, Virginia Zeani, Magda Olivero.

  1. Spero di leggere presto un articolo sulla manon lescaut della tebaldi che l’ebbe in repertorio tra il 1957 e il 1968, e che cantò a Chicago, alla Rai di Milano in una trasmissione registrata eccezionale a maggio 1958, e poi a Genova, Roma, al Liceo di Barcellona e tante volte al Metropolitan. Nulla da dire sulle Manon della Olivero, della Caballè, della Zeani, e delle Freni, Kabaivanska, ecc. Ma ascoltare la Tebaldi, ad esempio nel 58 alla Rai o il 17 gennaio 1959 al Met, fa venire i brividi. Manon ne esce tutta nella sua sensuale ed esuberante gioventù. La voce dell’artista è mostruosamente dotata, ricca di bellissimi armonici, il canto a fior di labbra fa venire la pelle d’oca. Lo spartito è rispettato ovunque, nella lettura sempre scrupolosa che la Tebaldi faceva. Non saprei quale frase portare ad esempio tante sono quelle perfezioni musicali che ha creato: la scala del minuetto, il mi vibrano d’intorno, il do sovracuto del “vieni, il passato mi rendi”, il do sovracuto (emozionante proprio perché limite estremo dell’artista che, impavida, lo emette di slancio e a voce piena, una vera bomba di suono) dell’ora o tirsi è vaga e bella. L’appello delle prostitute “alla tua casa riedi” altro do sovracuto difficile risolto con emozionante climax dalla Tebaldi, il do sovracuto lanciato insieme al tenore nella bellissima frase “sei tu che piangi”?. Una melodia straziante, questa, dove la voce della tebaldi è privilegiata per la bellezza e la dolcezza che Puccini immagina per il risveglio di Manon alle imploranti e disperate grida di Des Grieux. E poi il finale: mio Dio, cosa è capace di fare la Tebaldi nel finale, “qui qui vicino a me”, oppure poco prima “mio dolce amor tu piangi”? E il declamato di Manon, “orrore” quando dice “più non t’ascolto”. Un ruolo che le calzava a pennello, in barba a ciò che i sapientoni le imputano circa i suoi limiti tecnici, ignorando completamente che la Tebaldi cantava così perché la sua estetica era così che intendeva il canto: mai e poi mai avrebbe pensato di cantare sacrificando un suono ad un accento: per lei il canto era una creazione della voce sulla colonna sonora, con emissione a fior di labbra (in Manon Lescaut ce ne sono esempi a bizzeffe, ma tanto per aggiungerne ancora uno, vorrei ricordare nell’ora o tirsi…. il “ma tu giungi”. Qui il suono ricco, generoso, sensuale, si assottiglia -sempre nel canto sul fiato- fino a divenire un soffio: soave e luminoso, sempre), con voce sempre appoggiata e sicura. Grazie per lo spazio, vorrei scrivere tanto altro ma vado un po’ di corsa. Spero che vogliate e abbiate piacere di commentare e postare presto la Manon Lescaut della Tebaldi, qualsiasi edizione, purchè non sia quella in disco della Decca, 1954, il suo primo approccio al ruolo, diretta da un Molinari Pradelli che poco o nulla concede al gusto della grande cantante. Molto meglio qualsiasi recita successiva, dove la Tebaldi affina l’interpretazione con le serate in scena, fino a costruire un ritratto del personaggio approfondito e partecipato.

  2. Per certi aspetti pure io anche se ritego che la Tebaldi dei tempi d’oro sia quella delle primissime incisioni. È sufficiente confrontare la sua primissima Aida con quella diretta da Karajan oppure l incisione di In quelle trine morbide del 1949 con quelle seguenti.
    Forse dal 1953 in avanti costretta a confrontarsi con la Callas iniziò a forzare il proprio temperamento schiettamente lirico cadendo in forzature d’accento spesso grottesche e trascurando il disegno chiaroscurale di cui agli inizi era maestra assoluta.

    • Così come la norma della Callas in studio del 54 la trova perfettamente a posto con la voce, diversamente dalla norma in studio del 60. Ma non per questo, non per gli acuti sforzati e ballerini, o i fiati corti, non la ritengo un capolavoro di espressione e bellezza. Nella Tebaldi il percorso di maturazione ha mantenuto il miracolo della bellezza e della sapienza vocale. Che gli estremi acuti siano diventati un po’ duri non è una cosa che mi infastidisce tanto è grande il godimento per la sua lezione e la lettura del personaggio, per il legato, per la cavata, la lucentezza della dinamica e l’ardimentisi slancio negli acuti. Nel 68, in manon lescaut, tutti i do sovracuti sono lì, potenti, penetranti, ed estremi. Ma ci sono e tuonano come non mai.

  3. Francamente non La seguo in quanto mi riesce difficile ravvisare qualcosa di grottesco nella voce di Renata Tebaldi. La sua Manon Lescaut , sia quella della gioventù o dell’età più matura, è semplicemente straordinaria per ricchezza vocale, bellezza di timbro e intensità del canto.

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