Proemio. Interpretare a 78 giri

In questa umida estate dove gli eventi sono un Idomeneo “giuntato” a Salisburgo, la proposizione dell’ennesimo soprano Colbran e le nozze d’oro di Domingo con l’Arena di Verona assurge ad obbligo rivolgersi al passato. Passato sinonimo di cultura e di ricerca.
In questi anni le registrazioni a 78 giri fossero di celeberrimi divi ossia di onesti professionisti, che garantivano le rappresentazioni operistiche in ogni teatro, sono state oggetto di sistematica e sciente derisione e berlina da pulpiti, eletti importanti, solo per luogo ed orario di radiotrasmissione.
E’ dunque, doveroso rimpiangere e riproporre “Albo d’oro della lirica”, trasmissione che educò all’ascolto delle registrazioni antiche, come ha fatto, anni or sono, il Corriere della Grisi, se la memoria non difetta.
Ma da quelle trasmissioni sono passati più di cinquant’anni e nel rapporto con le registrazioni antiche, soprattutto quelle anteriori il 1920, abbiamo la disponibilità di una tale copia di materiali, che consentono una più approfondita e completa disamina di quell’epoca riferita a tutta l’Europa ed al Nord America.
Offro due punti di riflessione. Non sono i soli, ma i più rilevanti. Oggi.
Il 1920 è un po’ l’anno in cui le registrazioni testimoniano come la tecnica vocale e l’interpretazione si allontanino dal gusto ottocentesco e dal fraseggio del secolo precedente, testimoniato da artisti la cui carriera e formazione furono profondamente ottocentesche. Uso i termini di fraseggio e gusto perché la grande tecnica dell’Ottocento continuò ad essere praticata e frequentata. Basta ripete nomi come quello di Maria Callas, Ebe Stignani, Eleanor Steber, della giovane Sutherland o di Rocky Blake.
La verità è che a quella data coincidente con la fine della vecchia Europa degli imperi ovvero di larga circolazione di artisti e direttori coincide anche con l’avvento o più precisamente la larga diffusione a mezzo del fonografo, di un gusto differente, che è quello del verismo o comunque dell’opera del dopo Verdi e del Novecento. Ciò poi non esclude che l’esecuzione più aderente al momento scenico del Te Deum di Tosca sia opera di Mattia Battistini, l’indiscusso cantante di Donizetti. Ma con buona pace dei suoi attuali detrattori, che non hanno la scienza e l’autorevolezza di Verdi, che lo giudicava cantante del passato, Battistini era sommo ed inarrivabile. Lo diceva anche Bruno Walter.
Qui non si discute di tecnica di canto, che rappresentava un comune dato diffuso dalla Spagna alla Lituania, ma dall’esigenza di dare anzi di restituire la patente di interpreti e fraseggiatori a cantanti, ai quali dapprima veniva negato di essere tali e cui, poi, è stato negato di essere anche solidi professionisti per esaltare vere ed autentiche imposture, che imperversano da oltre trent’anni danneggiando quei pochi elementi che meritano scritture, successi e fama.
Saranno ascolti distribuiti nell’arco di un mese. Nessuna presunzione di completezza solo un tentativo di riequilibrio e, permette, di giustizia.
E cominciamo a rendere giustizia ad Amelita Galli Curci.

4 pensieri su “Proemio. Interpretare a 78 giri

  1. D’altra parte é il motivo per cui siete nati, quindi nessuna sorpresa anzi. Diciamo che l’opera essendo ormai perlopiù genere di repertorio si riferisce ormai a un passato sempre più lontano e quindi i testimoni che la possano difendere sono sempre di meno e le contaminazioni abbondano. Il canto secondo me vive anche di manierismi propri di ogni epoca e evidentemente il presente si allontana troppo da quelle in cui questo genere imperversava. Caso a parte la tecnica ovviamente ma chissà forse il suo indebolimento é una invetabile conseguenza?

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