Rispetto alle interpreti d’inizio secolo la Stella risulta meno vaga per la dinamica e il tempo, soprattutto nella prima parte, è un po’ tirato via. La voce è però splendida, sicurissima in tutta la gamma, e la cantante bravissima nell’esecuzione delle note gravi, dove raramente ricorre al registro di petto, mentre in acuto sentiamo la consueta facilità e sicurezza. Se la cava piuttosto bene nei passi vocalizzati, meglio nelle quartine di “le bengali dit” che non nelle terzine discendenti e ascendenti di “l’etoile scintille dans l’ombre”. Nella sezione centrale il canto è sicurissimo nell’affrontare l’orchestrale, rispettando l’espressione dolorosa richiesta dallo spartito e dal momento drammatico.
Non di grande interesse l’esecuzione di Josephine Veasey, purtroppo non all’altezza delle colleghe per via di un timbro non troppo particolare e di un’esecuzione piuttosto anonima per dinamica e vocalmente non priva di difetti.
Fra le interpreti proposte l’unica forse a non aver mai interpretato il ruolo dal vivo è Leontyne Price, che era però solita eseguire la berceuse di Sélika in concerto, registrandola inoltre nel 1967 in un recital RCA in cui esibisce una voce sensualissima, rotonda, di grande fascino e bellezza, attenta ai segni d’espressione e al fraseggio. Un’esecuzione in cui l’unico difetto segnalabile è una certa tendenza all’essere sfocata nelle frasi sotto al rigo. Una bellissima esecuzione che fa rimpiangere che negli stessi anni la Price non sia stata interprete in teatro dell’opera o che non l’abbia incisa.
La registrazione live da un concerto del 1976 è fortunatamente molto bella. Il tempo da subito spedito, e marcatamente nella berceuse, le impedisce di avere in questa sezione il giusto accento e il giusto languore per la cantilena di Sélika (quello di molte incisioni antiche o della Bumbry). La voce è come sempre squillante nel registro acuto, l’interprete brilla nell’esecuzione delle terzine dove scende agevolmente sotto al rigo. E’ poi bellissima la parte finale, lo splendido la naturale pianissimo di “murmure” e l’accento sofferente con cui la Price scandisce le ultime frasi, con una voce più che mai sensuale per timbro. In questo ascolto i 50 anni che all’epoca la Price aveva si sentono a dire il vero pochissimo, molto meno che in coeve Aide e Forze del destino e riesce ad essere all’altezza del confronto con la Price di 9 anni prima, forse anche per la scrittura di Meyerbeer, più attento alle esigenze della voce.
A Firenze nel 1971 appare come interprete dell’Africana in italiano la giovane Jessye Norman, nel suo unico approccio al grand-opéra. La voce nell’Air du Sommeil apparte molto bella al primo ascolto, ma rispetto alle colleghe e contemporanee innegabilmente indietro per emissione, e ciò è possibile sentire da subito nei due fa diesis di “gemit” e “fremit” e nella frase “Sommeil en paix” che porta la voce al sol diesis, con prescrizione dello spartito di “très doux”, frase che nella Norman risulta invece piuttosto dura. Sono buone le quartine e anche i si naturali risultano facili e sicuri, al pari dei trilli. Nella sezione centrale è purtroppo in difetto di fiato soprattutto alla frase “Au maitre étranger qui dort là”. In una voce anfibia come quella della Norman appaiono più che mai brutte le note di petto della frase “Ah! Malgré moi je regrette à peine”.
Celeberrima Sélika è stata Shirley Verrett, per il live del 1972 da San Francisco e per il tardivo video del 1988. L’ascolto comparato fa ridimensionare entro certi limiti anche questo mito. La Verrett risulta un po’ tirata sui fa diesis di “gemit” e anche lei non riesce ad essere dolce sui sol diesis di “Sommeil en paix”. E’ molto brava nell’esecuzione dei si naturali ribattuti e in tutto il brano è possibile sentire la grande fraseggiatrice, che si sforza di essere sempre malinconica e dolce più possibile, ma che risulta più nel suo elemento quando affronta lo slancio la frase “Si la mer m’eut engloutie…”. E’ poi molto passionale nell’accento delle ultime frasi, coronate da un si naturale su “Hélas! Je t’aime” degno della sua futura Lady Macbeth, seguito da bellissime mezzevoci sull’ultimo “mon bien suprême hélas c’est toi”.
Molto sottovalutata come interprete del grand-opéra è stata Martina Arroyo, che invece dal vivo è stata una grandissima Valentine, la più sicura possibile in tutta la storia dell’interpretazione, consegnata fortunatamente anche al disco, e in un live del 1977 anche una grande Sélika. Nella Berceuse esibisce un accento molto semplice e la voce da subito apparte molto bella per timbro.
La cantante è ancora eccezionale per padronanza tecnica, risulta sempre omogenea in tutta la gamma vocale, esegue benissimo le terzine di “scintille dans l’ombre” dove scende sotto al rigo per terminare sulle note centrali senza che la voce cambi colore o posizione vocale. Forse manca di slancio nelle quartine discendenti prima e ascendenti poi che precedono i si naturali ribattuti, che ovviamente risultano suoni pieni, facili e squillanti.
La Arroyo può apparire meno sensuale per timbro e varietà d’accento rispetto alla Bumbry e alla Price, ma appunto insieme a loro divide la palma della migliore Sélika della storia interpretativa moderna.
Nello stesso anno della Arroyo è interprete dell’Africaine anche Montserrat Caballé a Barcellona. Il tempo da andante grazioso diventa molto slentato, un largo quasi e bisogna dire che nella prima parte non si evita un senso di prima prova al pianoforte, soprattutto nelle terzine discendenti, eseguite con grande cautela. Meglio risultano le quartine che precedono i si naturali ribattuti, che però la Caballè sostituisce con un unico si naturale tenuto, un pò spinto. E’ bellissimo il timbro, ma non è altrettanto bella l’esecuzione, tirata via dalla ormai all’epoca internazionale Caballé, che non evita neppure di sbracare le note gravi di “Eteins Brahma” o di esibire i celebri filatini o falsettini alle frasi “Qui font mes maux et mon bonheur” e neanche qualche portamento nella sezione finale. I segni d’espressione di cui Meyerbeer fa come sempre largo uso, sono pochissimo rispettati, e lo stesso dicasi per la dinamica, piuttosto limitata. Infine bruttini gli effetti di singhiozzo dell’ultimo “mon bien suprême”, che precede una puntatura al la in pianissimo con cui la Caballè chiude la sua esecuzione.
Ultima interprete in teatro in ordine cronologico e forse la migliore nel complesso è Grace Bumbry, che debutta Sélika a Londra nel 1978, dove la interpreta ancora nel 1981, ruolo congeniale alla cantante statunitense che troverà modo di riproporlo ancora nel 1992. La voce della Bumbry nell’Air du Sommeil è da subito morbida e sensuale, mantenuta leggera per emissione, col risultato che anche i sol diesis di “Sommeil en paix”, a volte ostici per un mezzosoprano, risultano facili e nella giusta prescrizione di “très doux”, come da spartito. La Bumbry non incontra difficoltà alcuna in tutta l’estensione, esegue benissimo i passi vocalizzati e i si naturali ribattuti, degni di confronto con qualsiasi soprano. Prima della ripresa della berceuse la Bumbry esegue sì la variante con le tre terzine al posto del lungo trillo, ma al trillo non rinuncia inserendolo sul mi acuto che precede la ripresa. Esegue anche in modo perfetto il la naturale acuto in pianissimo di “murmure” come pure il si naturale preso di slancio su “Hélas, je t’aime”. La Bumbry, fra le voci anfibie tra i registri di mezzosoprano e soprano, appare certamente la più sicura e tecnicamente agguerrita, doti che rendono la sua Sélika la più completa fra le interpreti moderne e forse di tutto il 900. L’esecuzione del 1981 presenta immutati i pregi dell’esecuzione di 3 anni prima, con forse solo meno facilità nel gestire i pianissimi in zona acuta. Da questo ascolto però è facile farsi un’idea del volume e soprattutto della proiezione della Bumbry nel passare l’orchestrale meyerbeeriano senza lasciarsi mai coprire e senza gridare. Vale inoltre la pena notare come oltre ad un perfetto la naturale acuto in pianissimo la Bumbry inserisca questa volta sul punto di corona anche un bellissimo trillo.
Come curiosità finale proponiamo Joan Sutherland che in fine di carriera in un recital Decca presto risultato fuori catalogo e credo mai riversato in cd esegue la berceuse di Selika, probabilmente un omaggio ad Adelina Patti, più volte interprete di Selika negli anni 70 e 80 dell’Ottocento. Viene eseguito il taglio della sezione centrale, come nelle esecuzioni a 78 giri. Pur con timbro depauperato e minor fluidità nella linea vocale, al pari della sua Bolena, la Sutherland riesce a non essere fuori luogo in una pagina del genere, anzi riuscendo anche a fraseggiare con gusto.
Gli ascolti
Meyerbeer – L’Africaine
Acte II
Sur mes genoux (Air du Sommeil)
1963 – Antonietta Stella
1963 – Josephine Veasey
1971 – Jessye Norman
1972 – Shirley Verrett
1976 – Leontyne Price
1977 – Martina Arroyo
1977 – Montserrat Caballé
1978 – Grace Bumbry
1981 – Grace Bumbry
1986 – Joan Sutherland