Le cronache di Manuel García. Contes d’Hoffmann alla Scala, secondo cast

Quando si decide di vedere uno spettacolo operistico in una delle ultime recite disponibili, lo si fa con la fondata e giustificata speranza di assistere ad una rappresentazione ormai rodata in ogni suo ingranaggio; si auspica che tutto funzioni, dal canto alla direzione d’orchestra, dai movimenti scenici al coro. E che quindi non ci sia nessun intoppo nella grande e complessa macchina teatrale.

E trattandosi del Teatro Alla Scala, supposta garanzia di qualità artistica, oltre che celebrato simbolo del made in Italy (pur ospitando nella presente occasione in prevalenza cantanti, oltre che direttore e regista, di natali non ausoni), si dovrebbe uscire dal teatro con lo stesso entusiasmo con cui si è entrati. Si dovrebbe…

Lo spettacolo offerto dal suddetto Teatro l’altra sera non ha fatto altro che confermare il pesante stato di infermità artistica in cui il medesimo versa da qualche annetto a questa parte: superficialità, negligenza e scarsa cognizione di causa alcune delle malattie, diciamo le principali. Il tutto supportato dal solito pubblico, per il quale non mette conto di spendere nemmeno una parola, ché sarebbero sempre le solite, come sempre il solito è, per l’appunto, detto pubblico. 

L’opera in questione sono i Racconti di Hoffmann, questa volta con il secondo cast al gran completo.

Olympia, la bambola meccanica, era affidata al soprano Vassiliki Karayanni, che in questo breve ma arduo ruolo ha messo in mostra una voce dotata sì di un certo volume, ma sgangherata nei momenti più squisitamente virtuosistici e con pesanti limiti nell’intonazione e nell’imposto, assai carente specie nei passaggi dall’acuto al grave.

Antonia era una spiacevole Ellie Dehn, inadeguata alla parte da soprano lirico a causa di una voce tutta in gola, priva di un fraseggio degno di questo nome e più ancora, ahi la ripetizione, di un corretto imposto di base, spesso calante nei momenti di grande lirismo e in totale sfasamento nel duetto col tenore.

Infine, la Giulietta della già recensita Simeoni, vocina piccola, difficile da sentire per il solito semplice motivo: la voce non è proiettata. Ovviamente questo impedisce di rendere giustizia alla parte.

Il baritono Laurent Naouri ha interpretato i quattro ruoli demoniaci senza discostarsi dalla consuetudine dei baritoni e bassi di oggi: non essendo la voce avanti, risulta totalmente ostruita in basso e spinta in alto. Solo al centro riesce ad ammorbidire l’emissione cantando tutto in bocca.

Eccoci finalmente al tenore protagonista: il messicano Arturo Chacon Cruz.

Il ruolo di Hoffmann è molto impegnativo per qualsiasi voce, ancora di più per le voci “impiccate” come quella in questione. E per impiccata intendo una voce bloccata e paralizzata nella gola. Ed ecco le conseguenze logiche di tutto ciò: nei momenti più lirici il tenore si è trovato costretto a spingere sempre di più (penso alla riflessione d’amore durante la ballata di Kleinzach o all’assolo dell’atto di Olympia) giungendo in fondo con serie difficoltà; nel registro alto è stato invece costretto a prendere gli acuti forzandoli e spingendo fino all’impossibile, mentre nel registro basso, inevitabilmente, collassava.

Insignificante Carlo Bosi nei panni dei quattro servi. Ma finché si tratta di ruoli secondari…Lo stesso dicasi per Daniela Sindram nelle vesti di Nicklausse: voce tutta sul palcoscenico, difficile da sentire.

Non dico molto altro su questi cantanti perché come avrete capito sono voci, come tutte o quasi quelle odierne, fatte con lo stampino, con gli stessi difetti, con le stesse caratteristiche. Con la stessa, inspiegabile carriera.

Ma la vera delusione della serata è stata la bacchetta di Marko Letonja, al limite del grottesco: tempi oltre le possibilità e i limiti dei cantanti (lentissima l’aria di Olympia), sistematici fuori tempo (vedi settimino, scene corali in casa Spalanzani e persino la barcarola col suo semplicissimo tempo ternario!). Orchestra superficiale nell’accompagnamento: spesso meccanica, senza colore, loffia, languida. E paradossalmente molto, troppo rumorosa in ogni momento.

Cercare le cause di questo ennesimo flop teatrale milanese sarebbe un esercizio sterile, che porterebbe via tempo a me nell’elencarle e arrecherebbe noia ai lettori, che hanno certo cose ben più interessanti da fare. Per loro fortuna. Capire che cosa sia andato storto sarebbe, invece, compito primario e imperativo categorico per la dirigenza del teatro, posto che la medesima sia in grado di distinguere un insuccesso (anche a livello di sbigliettamento) da un trionfo. Purtroppo, dubitiamo che una simile supposizione possa, allo stato attuale, rivelarsi fondata.

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33 pensieri su “Le cronache di Manuel García. Contes d’Hoffmann alla Scala, secondo cast

  1. Io mi chiedo come sia possibile rendere così soporifera e noiosa un’opera così bella, brillante, romantica e poetica. bisogna davvero mettersi d’impegno! io del secondo cast non so nulla (sono andato solo alla prima), ma già li non mi era piaciuta per niente, ne dal punto di vista vocale, ne da quello della musica. voci spente o troppo urlanti, ritardi mooolto evidenti e orchestra condotta malissimo. salvo solo la regia, originale nel suo genere, ma spero vivamente per Carsen (regista che stimo molto) che lui ora cambi la scenografia: il “teatro nel teatro”, che secondo me è riuscito evidentemente meglio nei contes rispetto al don giovanni, è un’idea geniale, ma alla fine, come tutto, stanca. quindi prego il regista di non rovinarsi focalizzandosi solo sul teatro nel teatro, ma di espandere le sue esperienze a scenografie di sicuro alternative (non lo vedremo mai con produzioni tradizionali) ma diverse.

  2. forse la regia di carsen è stata l’unica cosa piacevole dello spettacolo.
    I Contes sono un’opera di rara bellezza, fantasia, genialità. Per renderle noiose ci voleva solo Letonja, direttore scadentissimo, e i soliti cantanti.
    Ciascuno ha quello che si merita.

    • Letonja non sa dirigere….sono davvero pochi i direttori che conosco che non sanno proprio fare il loro mestiere, e Letonja è uno di quelli. ora sostituisce anche Salonen nella sinfonica della scala….prepariamoci al peggio….

  3. Ho trovato la regia di Carsen risaputa banale e – nell’atto di Olympia – di deprimente volgarità. La cosa che mi ha sinceramente stupito e anche disturbato è che il pubblico – di fronte a trovate di gusto davvero dozzinale – ha anche (moderatamente) riso. Dovessi fare la graduatoria dei colpevoli Carsen Vargas e la intollerabile Olympia del primo cast sarebbero in prima fila nell’imputazione di offenbachicidio. Con la complicità di un pubblico che non riconosco più ( solo negli anni ’90 i suddetti Carsen & C non sarebbero usciti vivi dal teatro ).

  4. Anche per me la regia di Carsen è stato l’unico elemento davvero piacevole…mi sarebbe piaciuto dire anche la musica di Offenbach, ma così maltrattata da Letonja era quasi irriconoscibile. Per me i Contes sono uno dei più grandi capolavori del teatro musicale.

  5. Per me questi Contes sono stati la prima volta alla Scala!!
    Anch’io non ho gradito la regia dell’atto di Olympia, non solo per la volgarità, c’erano tante incongruenze (“elle sommeille”), e quella dell’atto di Antonia, a parte l’apparizione della madre. Più interessante l’atto di Giulietta. Nel complesso però mi era piaciuto molto di più l’allestimento di Joel con una bella incarnazione di Miracle (recitava Antoniozzi credo) e dei personaggi demoniaci in generale.
    P.S.: l’Olympia titolare cos’era mai???

  6. Se volete farvi male (ma male per davvero) vi propongo questa INUDIBILE versione della Damrau della “chanson d’Olympia”, cantante che non ho mai stimato per niente, trovandola sfiatatissima e urlante, ma che con questa performance mi ha definitivamente sconcertato. é considerata una buona cantante (anche ponendo questa assurdità), ma ciò non vuol dire che possa cantare tutto! fatemi sapere cosa ne pensate!

      • “Pessima” per me è un’altra cosa… L’ho sentita a teatro la voce è piccola ma ben raccolta e corre, dopo la pausa per maternità è assai sfiatata ma ha grande temperamento e musicalità. Sicuramente, Traviata non è un ruolo a lei adatto, come non lo è stato per Serra e Devia, la voce è spigolosa e puntuta affatto lirica, anche se lei tenta di gonfiare, meglio che rimanga a fare Konstanze, Sophie e Regine della Notte, che peraltro fa ottimamente.

        • il temperamento e la musicalità non ci possono essere se non si ha una tecnica solida e perfetta. Cosa che manca alla Damrau.
          Certo, suona più “”””piacevole””””” rispetto ad altre cantanti come la Rancatore o la Carosi ma questo non vuol dire che sia una cantante degna di essere definita tale.

          • P.S x Olivia anche io l’ho sentita 2 volte a teatro, nelle Nozze alla scala 2007 e nell’Europa riconosciuta (ma che ci faceva a cantare Europa) nel 2004, sempre alla scala. Nel primo caso l’ho trovata una susanna isterica, sfiatatissima e sembrava che facesse quasi fatica a cantare. in Europa riconosciuta (opera che odio con tutto il mio cuore)un tantino meglio, se non fosse che (come ho già scritto sopra) la trovo completamente inadatta per Salieri. Concordo che nella regina della notte fa benino, ma non trovo altri ruoli che le vengano bene, neanche Kostanze (di cui ho solo visto il video), dove anche li la trovo troppo urlante.

          • L’ho sentita alla Scala e a Barcellona, splendida Konstanze! Martern aller Arten da far dimenticare la Gruberova. Ora è peggiorata, ammetto.

    • Per temperamento intendo un’indole, un tratto psicologico, un’ inclinazione naturale, è indice di personalità, spesso forte e determinata, è una capacità che permette di interpretare con sicurezza e credibilità personaggi anche drammatici, Esemplifico :
      http://www.youtube.com/watch?v=RoBQOlScPmo&feature=related
      Gruberova è tecnicamente superiore ma con minor espressione.
      Il temperamento è quindi un tratto del carattere della cantante ed influisce sulla resa drammatica del personaggio. Almeno così mi sembra…

          • Permane l’enigma di una cantante che dovrebbe avere la sua forza nell’ottava superiore, costretta a ricorrere alla versione alternativa… e che malgrado l’abbassamento, spinge e grida.

          • Scusate se mi ripeto, ma per me la Damrau (che già di per se non è una gran cantante) ha il grandissimo problema che canta parti assolutamente inadatte a lei, che la portano a dover spingere la voce, facendo si che non resista più di 1 un atto prima di crollare definitivamente.

        • Manuel hai portato ad esempio una grandissima per tecnica e interpretazione che la Damrau certo non è. Non sono neppure una sua fan, soltanto la definizione “pessima” non mi pareva appropriata. Quando la ascoltai a teatro mi fece una certa impressione, la voce era una piccola ma sorretta da una grande energia che la portava a pronunciare ed accentare che con chiarezza e vigore, amai la sua Konstanze per la recitazione e l’espressione del canto, la Sophie che vidi in video da Baden-Baden faceva sparire per presenza scenica l’Octavian della Koch (anche se non ci vuole molto). Che la sua tecnica non fosse buona e la spinta dominasse nel registro acuto lo vedo adesso dai risultati degli ultimi ascolti radiofonici, dove fatica e spinge. Comunque, Traviata non l’avrebbe fatta bene neppure messa meglio in arnese.

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