Cecilia Bartoli in concerto alla Scala, o “Del trionfo delle aporie”

Dopo il concerto di Cecilia Bartoli  ci siamo domandati che cosa è il canto lirico?
La risposta, come sempre per un’arte antica, è nella tradizione che muove dal Tosi e dal Mancini : libera risonanza del suono nello spazio della sala teatrale, arte di proiettare il suono grande o piccola che sia la voce in natura. Una voce per piccola che sia nel canto lirico deve essere sonora; l’assenza di proiezione ed espansione è la negazione del canto lirico.

Negata ossia non praticata però l’essenza tradizionale del canto lirico si può anche dar vita ad una carriera principalmente discografica.
Stiamo parlando di un’altra e diversa cosa dall’opera lirica, che non ha ancora trovato alcuna definizione o statuto riconoscibile e che arbitrariamente continua ad essere chiamata opera ed i cui esecutori, poi, talora devono  incontrare il pubblico i teatri ovvero scontrarsi con pubblico, teatro e tradizioni.
Il disco in questa inversione di rotta, nato come memoria  e documento di un’attività teatrale è diventato il non-spazio di un’altra e diversa carriera.
Ecco la prima aporia.

Richiamarsi alla tradizione dei castrati o delle Malibran, cioè al tempo in cui nemmeno si immaginava una riproduzione e conservazione del suono, con l’ambizione di essere la maggior esponente di un rigore filologico, che mira allo studio ed alla riproposizione di un passato saldamente fondato sull’arte del canto inteso come risonanza libera per poi realizzarlo in sala di incisione configura la seconda aporia.

E proseguendo in queste aporie. La storia documenta come l’uomo menomasse i propri simili per produrre la creatura  più perfetta e straordinaria destinata al canto: il castrato. Ne amava, ne celebrava  la natura vocale, l’ampiezza e la ricchezza di armonici della voce, la lunghezza dei fiati, la duttilità, la sonorità, la possibilità di eseguire spericolate acrobazie, rivaleggiando, talora,  con gli strumenti, che si realizzavano nello spazio libero della sala. Una sala, magari come quella di Piermarini  di cospicua ampiezza in cui Pacchierotti, Appiani e Velluti, esibendo le virtù tutte degli evirati  cantori,  mai diedero al pubblico e gli addetti ai lavori  motivi di lamentare difetti di sonorità del loro mezzo canoro o difetti dell’acustica della sala medesima.  E il racconto trasforma in miti le loro voci, tanto presenti, tanto vive e vicine, da essere seduttive, avvolgenti, un’esperienza sonora tridimensionale e viva.
Al contrario ieri sera la voce non arrivava per tutto il primo tempo, impercettibile tanto da pretendere l’azzeramento del clarino solista alle spalle della cantate durante le agilità del primo Haendel, l’orchestra sistematicamente attutita dal maestro e il pubblico in un silenzio assoluto perché a tratti vi è stato completo..silenzio in sala, benché l’apparato visivo dicesse che Cecilia Bartoli cantasse e l’orchestra la accompagnasse.

Potremmo anche, per proporre non più un’aporia, ma un doveroso dubbio, scendere nel dettaglio  e riportare quanto per secoli sino ai recenti Horne, Blake e Ramey si sia celebrato del  sonoro virtuosismo e del lancinante patetismo domandandoci se quelle parole possano essere spese per quanto udito ieri  sera: quell’agilità, così meccanica e nevrotica, sempre identica  a se stessa e per questo svuotata di significato, oltre che della legittima sonorità.
Dobbiamo per un minimo di cronaca precisare come i guai arrivino laddove il belcanto si fa canto patetico, sul terreno del legato e  la voce smunta e bisbigliata, priva del sostegno del fiato non ritorna, non ammalia, non seduce con la forza del suono “bello” piegato e modulato che diviene “l’espressione”. Ovvero L’ESSENZA DEL BELCANTO.
La fatica è udire piani che hanno l’intensità di qualche decibel ,se pure la voce cresce (sorpresa?) nel secondo tempo, ma non ha nulla di adeguato alla tragedia incombente di Desdemona, che suona piatta al pari della gioia del finale di Cenerentola.
Chiudo con una frase di Giulio Caccini: “Dalle voci finte non può nascere nobiltà di buon canto”.

PS
Una parola sul direttore, che non arriva per primo ad essere accompagnatore di grande blasone della signora Bartoli. Una parola non per chiosare il direttore mozartiano o haendeliano piuttosto che rossiniano, ma per porgere la domanda, retorica, sull’arte di accompagnare, in cui ieri sera si è mostrato capace e sensibile alle esigenze della solista. Questa arte di soccorrere e coadiuvare perché non è stata prodotta per i solisti di certe produzioni liriche scorse, per tutte quella disastrosa prima Aida, dove i solisti vennero travolti da uno tsunami orchestrale ( ricordo una scena del giudizio di Amneris o i tempi di certe frasi impervie di Aida e Radames…) e messi in difficoltà da repentini cambi di velocità della buca ( ricordate la messe di fuori tempo in scena ed in buca?) ? Ci sono forse cantanti degni di essere coadiuvati ed altri meno? O forse l’opera è arrivata ad uno stadio tale di contraddittorietà che solo ad alcuni cantanti è concesso ciò che i direttori da opera hanno sempre ritenuto normalmente connesso alla loro arte, ossia coadiuvare il canto?

Giulia Grisi

Por fin! Cecilia Bartoli volviò al Teatro Alla Scala, un regreso deseado, esperado con emociòn, mucha curiosidad y nervio por sus “fans” siempre presentes con generosos aplausos y poco oido.
El repertorio elegido por la soprano-mezzosoprano romana incluìa Handel con “M’adora l’idol mio” del Teseo, “Lascia la spina” de Il trionfo del Tempo e del Disinganno y “Desterò dall’empia Dite” de Amadigi, Mozart con el celebre “Exultate, Jubilate” y Rossini con dos piezas fuertes: “Assisa a piè d’un salice” de Otello y “Non più mesta” de la Cenerentola repetida en el bis. Un programa interesantisimo, variado, amplio y eterogeneo que tristemente no hizo otra cosa que presentar al publico milanes todos los grandes limites y errores del canto que Cecilia Bartoli sigue, disco tras disco, tratando de difundir e imponer al mundo de la opera.
Tanto en la parte barroca como en la mozartiana y rossiniana Cecilia Bartoli nos regalò evidentes y continuos ejemplos de su “arte”, de su voz incapaz de ejecutar sonidos decentes y agradables,: voz terriblemente engolada, y como consecuencia sin proieccion, sin volumen y sin fraseo, llena de aire, sin apoyo, en ciertos momentos evidentemente desafinada, en fin la voz que todos conocen en disco (en teatro es un poco diferente, simplemente porque, sin el instrumento mas importante, el microfono, no se oye nada, hay que sacar la cabeza fuera del “loggione” para poder escuchar algo). A todo esto hay que añadir ese virtuosismo que muchos consideran ejemplo increible de tecnica pero que no es nada mas que un monton de notas, mas bien de ruidos como disparos de metralleta. En los momentos mas lentos, por ejemplo en la Canzone del Salice la Bartoli fue incapaz de ejecutar un legato facil y dulce: cada nota, cada momento de la partitura fue cantado con mucho esfuerzo y con evidentes problemas de respiracion. Creo inutil seguir hablando de un concierto como este ya de por sì poco aplaudido por el publico milanes: tanto Cecilia Bartoli como el desordenado y superficial Daniel Barenboim han dado razon a los que creen al calendario Maya: seguramente el mundo no va a desaparecer en los proximos meses, pero seguramente el teatro, y especialmente el canto lirico, van por mal, muy mal camino.
Manuel García
 
 
It HAD to be a big night at La Scala, and a big night it was. DECCA diva Cecilia Bartoli was received with many cheers but also a real thunderstorm of boos, whistling and mordacious comments after her “Cenerentola” rondo. After conductor Daniel Barenboim politely (!) asked the audience to “shut up” because “this is a concert” and Mrs. Bartoli gave her only encore singing another time the last part of the Rossini aria, the “loggionisti” gave their own encore by expressing their crudest view about the world’s best-known (and accordingly remunerated) opera singer. We would be afraid of the consequences of such a free and unhinibited expression of unsatisfaction, had Mr. Lissner not stated on “La Repubblica” (Dec. 4th) that he particularly values the performances attended by a “paying audience”, as opposed to the first nights crowded with guests, sponsors and so on. As a matter of fact, Mrs. Bartoli’s not well projected and thus tiny voice, her inability to face the coloraturas without whizzing and sighing, her absolute lack of taste in portraying  classical heroines (especially in the Haendel arias) as if they were caricatures or at least comical figures, with exaggerated gestures and winks, were a bit too much for an audience who still relies on singers to hear… well… singing. Too bad, that  is not supposed to be the main concern to a diva, nowadays.
Antonio Tamburini
 
 
Es sollte eine ganz große Nacht in der Mailänder Scala – und das wurde sie auch. Die DECCA-Diva, Cecilia Bartoli, wurde zuerst mit Triumphgeheul begrüßt und später nach dem Rondo aus „La Cenerentola“ mit einem Sturm von Buhs, Pfiffen und bissigen Kommentaren überschüttet. Nachdem Barenboim das Publikum „höflich“ aufgefordert hatte, „den Mund zu halten“, denn dies sei „ein Konzert“ und Bartoli ihre einzige Zugabe, eine Wiederholung des letzten Teiles des „Cenerentola“-Rondos, gegeben hatte, ließen die „loggionisti“ die Künstlerin unmissverständlich wissen, was sie von der „weltweit-bekanntesten“ und bestbezahltesten Opernsängerin hielten. Wir würden uns wohl angesichts dieses „freizügigen“ Verhaltens vor den Konsequenzen fürchten müssen, hätte Herr Lissner nicht gegenüber der „Repubblica“ (4. Dez.) geäußert, dass er das „zahlende“ Publikum besonders schätze, im Gegensatz zu dem der glamourösen „opening nights“, die als nicht-zahlende Sponsoren und Gäste die Oper als Gesichtsbad nützen.
Nun, Frau Bartolis winzige Stimme trägt nicht nur kaum, sie ist nicht in der Lage Koloraturen zu singen ohne ständig zu aspirieren und von starker Grimassierung begleitet zu verschmieren. Vor allem die Händel Arien sind mehr eine Karikatur derselbigen, Mimik und Gestik erinnerte mehr an eine Zirkusvorstellung als ein… nun ja… Konzert.  Schade, das der Gesang heutzutage nicht zu den maßgeblichen Anforderungen an eine Diva zählt…
Selma Kurz
 
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56 pensieri su “Cecilia Bartoli in concerto alla Scala, o “Del trionfo delle aporie”

  1. Che delizia Norma Bruni in “Silenzioso Slow”! E complimenti per la pubblicità “gratuita” in tutti i sensi :-) e l’immagine di ritorno che vi siete ritrovati con la citazione al TG Lombardia delle 14 😀

    Saluti

  2. Chiaro e preciso articolo, ma….???? Nulla sulla contestazione? Che si dica qualcosa sull'”attentato” ordito dalle oscure , livide falangi dei “Grisini” , rei di aver sonoramente “buato” la disgraziata Cecilia. Immagino lanci di ortaggi e lazzi inverecondi, striscioni da stadio grondanti sangue e improperi. Vorrei sapere…non mi fido dei giornali. Anche perchè un mio amico fidato mi ha svelato che tra i ‘buatori’ v’erano parecchie persone per nulla legate al blog.

    • che ti devo dire?…. Noi tra i tanti. Si, certo. Ma tanti!!! E poi tutti gli abtuali della scala non hanno gradito.dire solo noi fa comodo per le solite ragioni….per che sono i pochi. Niente, è stata la sciata finire poi si è espresso il pensiero nei modi del teatro. Un cantante che non si sente, non può essere un cantante lirico e non può avere questa notorietz. O essere considerato esemplare. Le ragioni sono queste. La carriera lirica si fa in teatro al cospetto del pubblico.in mezzo ad un mondo di media che le dicono si, noi abbiamo detto no dopo più di vent’anni, la malibran e la norma alle porte. Chi non fa dischi non è un cantante inferiore o o senza aura magica. Il canto si fa in teatro, dal vivo e con orchestre vere non azzerate. Incolpino pure solo noi eparlino di complotti. Diciamo che noi abbiamo il coraggio di dire cosa pensiamo, di scriverlo e di essere coerenti.questo fa paura a questo marchingegno dei media, punto.la Grisi è l’alibi perchè prima si dipingonono le cose come non sono, poi ci si nasconde dietro. Il giochetto è questo. Per parte nostra, abbiamo il dovere della coerenza……che costa, ma bisogna sforzarsi di praticarla, per dovere verso chi si è criticato prima per lo stesso modo di pensare, anche se ,eno tutelato. No, la signora è stata buata old style da parecchi e non ‘ nemmeno piaciuta a quelli del loggione. Così è se vi pare o no. Del resto, uds una carriera fatta suon di media, pubblicità e pullmann, cimeli e copertine, potevamo aspettarci altra risposta che la massmediatizzazione dei suoi lai?…creata l’aura , come dice benjamin, ecco la lesa maestà della creatura divina. Dobbiamo rompere questo circolo vizioso del pensiero, invece, e sentire ognuno con le stesse orecchie, piccolo o grande che sia, famoso o meno che sia.

  3. “..e il pubblico in un silenzio assoluto perché a tratti vi è stato completo..silenzio in sala, benché l’apparato visivo dicesse che Cecilia Bartoli cantasse e l’orchestra la accompagnasse”

    ah ah Donna Grisi sei impagabile..ah ah

  4. Vi seguo da molto tempo, solo ora decido di scrivere.
    Anche io ho assistito ieri sera, sono d’accordo con voi su Rossini, ma nella prima parte credo che la Signora Bartoli sia stata superlativa.

    Grazie mille per questo bellissimo, alcune volte un po’ cattivello blog.

  5. Ladies and Gentlemen che avete recensito il concerto della Bartoli non mi avete convinto tanto da aver dei dubbi che voi amiate a sufficienza il belcanto per capirne a fondo e alla fine temo che non vi siete accorti che non vi é passato avanti un pony ma un vero cavallo bianco che avrebbe meritato di essere osservato con più attenzione in tutti dettagli.-
    Voi avrete ascoltato dal vivo le grandi belcantiste del passato così come le ho ascoltate io e quindi potrei sbagliarmi tuttavia sono certo di non aver rilevato ingolature ed eccesso di aria nel canto della bartoli (solo in Lascia la spina pronuncia un “giungerà” in cui è presente questa caratteristica). Di aver ascoltato trilli come Dio comanda (in particolare sulla parola “penta” nell’aria dal Teseo o quelli nell’aria Lascia la spina sulla parola dolor (ne fa tre tutti diversi il secondo è molto marcato e di grande effetto). Dei tanto vituperati falsettini ne ho sentito pochi e tutti avevano un senso evocativo (per es. il do nella cadenza sulla parola “goda” nell’aria dal Teseo e poi nel rondò della Cenerentola “lampo” “ foco”). Dicevo dettagli : nell’aria dell’Amadigi di Gaula alla frase “crudi perfidi si si” il sì sì viene ripetuto 36 volte e la Bartoli ha saputo evitare il tranello di cadere nella ripetitività accentando e colorando tutta questa sfilza di si si da vera belcantista fantasiosa ed evocativa. –
    Veniamo all’exultate jubilate un esecuzione briosa nella prima parte, straordinario il Fulget amica dies con attacchi molto calibrati nei colori e nelle dinamiche, il Tu virginum corona molto pacato eppure non retorico con le o di “corOna” “dOna” leggermente enfatizzate alla maniera di Federica von Stade.-
    Nella canzone del salice ha offerto un esecuzione quasi degna di quest’ultima cantante (che in quel pezzo così come nel Cherubino era specialista) mentre le è stata superiore nel rondò della Cenerentola che osannato dal pubblico ha scatenato la reazione del pubblico non di fede bartoliana.-
    Li c’è stata una bella (metaforica) scazzottata. I quattro o cinque buatori facevano veramente un casino tremendo e quando Barenboim e la Bartoli si sono messi a guardare lo spartito facendo intendere che concedevano il bis (si trattava di decidere da quale battuta partire) c’è stato uno scambio di vessilli e gagliardetti pro e contro Bartoli non propriamente riuscito. La Bartoli era tranquilla, Barenboim invece ha perso la pazienza e ha pronunciato la frase “siamo ad un concerto adesso state tutti zitti”. Il pubblico non ha avuto il coraggio di dire a Barenboim “ma chi ti credi di essere” ha fatto silenzio. Riparte il rondò e la Bartoli ora era un po’ destabilizzata dal professorale ordine di B. e ha leggermente pasticciato, ma molto leggermente regalando qualche nota tenuta e rinforzata mentre guardava la parte di loggione che l’aveva buata per prima così da prendere un applauso nel corso dell’esecuzione e terminare fra una caterva di applausi e buu che passerà alla storia.-

    • albertoemme nemmeno tu come vero utente ci hai mai convinti. Da quando sei arrivato qui lo abbiamo pensato. Io mi metto su +xultate iubilate della sutherland che sa tanto di belcanto e di meraviglia settecentesca. Dei tuoi proclami dove ricicli questo o quello scritto qua e la mi faccio un baffo. A teater e’m pies sinteir canter! Sinteir…capisci?

    • Ma chi ti ha dettato questo patetico tentativo di difesa? O hai gettato semplicemente la maschera……? Non ti sei neanche accorto che all’attacco dell’Exsultate la bartoli (tutto minuscolo) andava da una parte e l’orchestra dall’altra? E poi mi stai a disquisire di trilli e simili? Dici che ha variato d’accento i tanti sì e come mai poi non è riuscita a differenziare lo splendido “Figlia, sorella, amica” nel recitativo di Cenerentola? Forse perchè gridava a più non posso (e si sentiva sì e no) e di più non poteva fare?

      • c’è stato un lievissimo scollamento ma sono cose che succedono dal vivo e poi é colpa di chi? Sul “figlia sorella amica” abbiamo avuto evidentemente due percezioni diverse. Cmq io mi presto volentieri a fare la voce contraria e quindi a subirne le ripercussioni ma sposterei adesso la discussione sul perché di 1800 persone che erano alla scala a, diciamo 1500 (sono troppo generoso?), la nostra gloria nazionale é piaciuta ed ha regalato una grande emozione a tanti (tutti ignoranti eh…)

    • Tra le caratteristiche doverose per essere qualificati come belcantisti, vi è – necessariamente -la dizione perfetta.

      Ebbene, oltre alle mende vocali ben espresse da Madame Grisi, ho notato, ascoltando la Bartloli per la prima volta, come la stessa canti in una lingua da lei inventata molto simile all’ostrogoto. Insomma, non si capisce una parola. Difetto non da poco.

      Ciò, ovviamente, in quanto per poter cantare, la stessa si è costruita una tecnica che costringe la voce tra le adenoidi, naso e gola, e che le impedisce la libera articolazione onde non perdere l’artificiosa posizione della voce.

      Già che ci sono, aggiungo che la cosa che più mi ha seccato della prova della Bartoli è il fatto che la stessa prenda in giro il pubblico facendo finta di cantare, ossia – soprattutto nelle parti cantabili – accennando appena e falsettando, quasi fosse in camerino o sotto la doccia, anzichè davanti ad un pubblico pagante.

      • Ben detto Devoti, hai colto nel segno. Si tratta proprio di una tecnica che lei si è inventata e che le permette di fare meccanicamente tutte quelle notine con una voce del tutto finta e mai appoggiata. E’ imbarazzante constatare l’inesistente espansione dinamica negli acuti. Pare un frinire di insetto.

        • non é assolutamente vero l’espansione c’é tutta ovviamente proporzionata al mezzo. Ci sono barboncini Giganti, Medi, Nani e Toy ma tutti possono avere la stessa dignità di fronte all’intenditore di barboncini. Sulla dizione della Bartoli, ce ne fossero con una dizione chiara come la sua in un repertorio dove la velocità di esecuzione deve comunque lasciare spazio a dei compromessi. Prendiamo l’exultate jubilate di riferimento (almeno nella gamma medio-acuta e che é stato anche citato dalla Signora Grisi). Quello di M.me Joan. Signora Devoti le pare che abbia una dizione tanto migliore di quella della nostra gloria nazionale? Io penso di no

          • L’associazione cani-Bartoli l’hai fatta tu, non noi… che si sappia!

            Per quanto riguarda la dizione, oltre a Devoti (che è un signore) ed ai miei colleghi, anche io a Lucerna la ascoltai spappolata, e “Mission” è un ulteriore prova.

          • Io mi chiamo Jamesignora, come il maggiordomo cieco di invito a cena con delitto… :-)

            Il solito modo di svicolare da una critica é quella di fare paragoni inutili. Cosa centra la Sutherland con la Bartoli? O, meglio, il fatto che la Sutherland non avesse una dizione perfetta ha una qualche influenza sull’ostrogoto della Bartoli?

  6. ok grazie cmq per l’ospitalità. Lei fa bene a ripassarsi la sutherland perché ogni tanto ho il dubbio che il suo desiderio di volume volume volume (che é l’unica censura che si può muovere alla Bartoli tanto che ieri in chat le davo atto di essere stata onesta nel non sbilanciarsi sui dettagli dell’esecuzione) sia stato provocato dal prolungato ascolto di berci nibelungici. Certo spero anch’io che un giorno nasca una bartoli con la voce di una stignani forse avremmo qualche elemento in più per capire cosa dovevano essere i castrati ma é come aspettare una cantante che sia per una metà caballé e per l’altra metà sutherland…sarà la natura a compiere il miracolo non i pianti e lai della ricerca del canto perduto.-

    • Caro Alberto, ora ti narrerò la mia unica esperienza dal vivo con la Bartoli.
      E dico unica, perché dopo quell’occasione ho promesso che mai avrei voluto riascoltarla per l’effetto orrido che mi aveva trasmesso.
      Andai al concerto di Lucerna in pieno “Malibran tour”; una piccola sala lunga e stretta con i pannelli girevoli alle pareti per diffondere meglio e naturalmente il suono.
      Cosa ascoltai?
      Una voce piccola, poggiata sulla gola e sul naso, priva di armonici, priva di proiezione, priva di bellezza timbrica.
      La voce di fatto rimaneva sulla pedana che la ospitava.
      La coloratura? Il legato? La dizione? Il fraseggio?
      Vedi, Alberto, quando ho recensito “Mission” l’ho fatto con gli spartiti e le partiture di Steffani davanti agli occhi.
      Sai cosa si capisce leggendo quelle note: cha la Bartoli altro non fa oltre a solfeggiare.
      Quello è solfeggio, compitazione asettica di note e notine. Un’allieva da conservatorio.
      Vedi Alberto, la dizione in quel concerto era spappolata; i “pianissimi” sono falsetti accennati; il legato era frammentato dalla compitazione delle notine, tutte uguali, tutte fredde e statiche, tutte identiche. Tutte inutili.
      Il fraseggio allora si trasformava in una pappardella noiosa, sonnolenta, indigesta, compiaciuta di essere superficiale, vuota, micidiale nella sua dabbenaggine.
      I turisti tedeschi accanto a me erano perplessi forse peggio di me. Applausi? Si, dai fans, poi tutti a casa… perplessi appunto… ed anche un po’ schifati.
      Vedi Alberto, questo non è Belcanto, non è canto. Non è nulla. Forse un Crossover, forse una baracconata buona per bimbiminkia operistici.

      E, caro Alberto, smettila di dire che i buu e le contestazioni erano solo nostre e di 4 gatti.
      Non fantastichiamo per indorare una pillola scaduta.
      Io non c’ero, ma c’erano molti amici miei non grisalidi e le contestazioni provenivano da ogni parte del teatro per loro ammissione. E se ci vedi il complotto, scusa, ma è un bieco e patetico tentativo di salvare quella roba orrenda che hai ascoltato (o voluto ascoltare) perchè ragioni da fan.
      Quindi bel tentativo, caro Alberto, ma no, non funziona, mi spiace soprattutto di fronte ai fatti ed alle orecchie dei non grisalidi.

      La Bartoli delude, come ogni prodotto scaduto da Ipercoop. Me ne frego se piace a Salisburgo e Zurigo o a Stoccarda o Baden Baden.
      Ma, ripeto, quello non è Belcanto, è solo un “One woman show” baraccone e divertente come una puntata di Zelig e nulla più e nulla mi farà cambiare idea, soprattutto se fingi di leggere le recensioni e basi i tuoi interventi sul volume.

      • io ne ho riconosciuti quattro forse cinque ma per il casino potevano essere anche dieci. credo d essere stato corretto nella cronaca che enricos sollecitava. in un altro post ho espressamente scritto che i buatori potevano non essere grisalidi. infine una prova d appello alla bartoli dovresti concederla. l’amico che era con me prima del concerto era sullle tue posizioni al termine sulle mie

        • No, francamente no. Nessuna prova d’appello.
          In disco è abominevole, dal vivo non è nulla e preferisco una cantante mediocre, ma che non bara e canta con la sua voce, anche tecnicamente disastrata, piuttosto che una Bartoli, vuoto involucro senza arte né canto.
          Se al tuo amico è piaciuta sono contenta per lui, ma si perde il vero Belcanto… ed anche tu.

  7. la voce della stignani era la voce della stignani nonsolo per la generosità di madre natura, ma per un assolutamente diverso metodo di canto. E lasciando dove sta la stignani, basta ed avanza una berganza che (leggere attentamente….perdoni alberto emme il suggerimento) aveva sonorità ed ampiezza nel genere voce in natura poco dotata.Nel pezzo nessuno ha parlato di volume,ma sempre di ampiezza e sonorità che sono ben diverse dal volume. comprendo che certi concetti non avendo sentito in teatro cantanti come caballè , sutherland, kraus, olivero, bruscantini, gruberova siano difficili da discernere
    ma anche teresa berganza cantava come la stignani.

  8. ecco bruscantini nel don pasquale alla scala lo sentivi più o meno con la stessa sonorità ed ampiezza sentita ieri l’altro alla scala. In altri teatri ad es. a Pesaro nell’Italiana aveva la metà della sonorità ed ampiezza di Ramey che faceva Mustafà e al filarmonico dove Bruscantini faceva il Mustafà aveva la metà della sonorità ed ampiezza del suo Taddeo. Ma non voglio abusare della vostra ospitalità e prometto di non aggiungere altro a quello che ho già detto a difesa della Bartoli

      • stiamo sprecando la luce del sole. Il canto di un’asmatica contro, l’Arte di un immenso! Ma se po’ no…
        Che poi ci sia gente che voglia una volta nella vita sentirla dal vivo, ed accertarsi che esiste davvero, e ne esca ampiamente delusa, più che dalla nota mancanza di volume dalle agilità a mitraglietta (a proposito, gettonatissima una sua imitatrice sul Tubo, mi sfugge il nome, ma voi che siete bravi caricatela qui, please 😀 ) che hanno dell’incredibile (cioè è incredibile che qualcuno le possa spacciare per virtuosisimi, quando sono le contorsioni di un’isterica), mi sembra la cosa più ovvia.
        Quelli che la abbiamo sperimentata negli ultimi tempi (il concerto al Lingotto di Torino, spettacolo circense dove si presentò con due abiti eguali ma di colore diverso come nemmeno un pagliaccio del circo) la evitiamo come il nucleare.
        Parola del “buonista” per definizione 😀

          • Guarda che se è per questo, come ho già scritto, Ed. de Retzke è imitabilissimo anche da un dilettante.

          • Grondona dilla tutta però quando fai un esempio capzioso: Eduard era bello cotto e anziano quando registrò e, posto che nemmeno mi piace ascoltarlo, è come se io imitassi il canto della Licia Albanese del 2012.
            per quanto riguarda la tecnica…beh… hai preso ad esempio un cantante vero che calcò i palcoscenici del Met e oltre per decenni… e questo la dice lunga.

          • Grondona ancora una volta mi obblighi a ricordarti che di canto e di musica tu capisci ben poco. Credimi, fai migliore figura se taci. De Reszke è esemplare, che tu lo voglia capire o meno.

  9. Eccellente recensione, che dimostra come la Scala possa diventare, in mano a certa direzione, un luogo paradossale, pieno di controsensi: il pubblico (pagante) che viene zittito dal direttore (incapace), la Diva la cui voce non supera la terza fila di platea, i superfans pronti a tutto, gli urli gli schiamazzi…pensare che una simile baldoria veniva dedicata alle varie Callas e Tebaldi (contestazioni comprese, e non di certo frenate dal De Sabata o dal Serafin di turno). La Bartoli, in questo concerto, non ha fatto altro che confermare ciò che QUI si è sempre detto di lei: non sa cantare. Che sia una persona che di musica ne sa glielo riconosco, ma, come si dice, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare; in questo caso, un mare di imperizia tecnica, di agilità affrontate volgarmente, di falsi trilli, di volumi ridicoli, e di una generale mancanza di gusto interpretativo (che sia Rossini o che sia Mozart, lei fa sempre quel suo tipico canto di gola). Quindi, in un certo senso, dobbiamo ringraziare Cecilia per averci dimostrato che abbiamo ragione, e a Barenboim (alla frase “siamo ad un concerto”) qualcuno avrebbe dovuto rispondere “ah, si? toh, mi sembrava di essere al circo!”…

    • no stefix. Posso dire che due dei piu vecchi fan del teatro ultimo, protagonisti dell’aggressione della tosca a noi come di altre aggressioni verbali e non solo ad altri, hanno buato e gridato con forza come mai da tempo ed hanno regalato al maestro un gigantesco Vai via!!!…..il vento sta cambiando intorno a baremboim, noi stiamo a guardare ed osserviamo………c’era ance questo l’altra sera, e deve essere chiaro a tutti.

      • Non ho mai detto il contrario, Giulia, la frase sul pubblico pagante era riferita a tutti, perchè trovo indistintamente vergognoso che sia i fans sia i contestatori vengano comunque zittiti dal direttore. Chiedo scusa se dalle mie parole traspare altro.

    • Sul gusto interpretativo c’è da dire che a troppi piace proprio quello, il gigionare sulle agilità ed il perenne sospirare (che non ho idea quale origine abbia: neanche le peggiori urlatrici veriste osavano esalare questo genere di sussurri). Il volume poi dipende, a mio credere, principalmente dalla scelta di ingrossare la voce, cosa che si deve saper fare (Podles docet), o ottieni quel suono antiarmonico che è peculiarità della Cecilia. Anche qui, agli ammiratori piace tantissimo: più che un problema suo, direi che è un problema di uditorio ignorante. Ma del resto conosco un rinomato maestro che, nel lodare il Rossini bartoliano, mi liquidava in due parole la vocalità della Patti. Ma come, l’unica cantante sentita (ed apprezzata) da Rossini che abbia anche registrato, benché in non più giovane età? Quisquilie! Noi sappiamo come “ricreare” la voce antica, non loro! Ma quella è una voce antica vera, non sintetizzata: Ascolti Moreschi, De Lucia, Arambu… No! Niente chiacchiere, Cecilia non si tocca. E come lui centomila.

  10. Ma di che stiamo a parlare, scusate?

    Confronti con Bruscantini, Stignani? Dai non scherziamo.
    Se piace la Bartoli va bene. Oggi il grottesco va tanto di moda.
    Ma non proponiamo assurdità per dimostrare non si sa bene cosa.

  11. Se è concesso, extra ordinem, vorrei segnalare soprattutto ai più giovani (ai quali raccomando di comprarli, i cd di voci storiche, che hanno prezzi bassi, piuttosto che diventare UNICAMENTE dipendenti di YT, e di leggere anche i libri di carta) che il Tima Club (che non sta messo benissimo, a quanto si legge sulla home page) ha appena pubblicato: Giacomo Lauri Volpi – Un tenore dall’800, pp. 691.
    Grazie

      • Chissà. Dato che io sono per il “tutto si tiene” sono portato a dubitarne. E comunque, saranno pure tempi bui per l’arte del canto come tante volte hai scritto, ma credo che mai come oggi, grazie appunto a Internet, tante voci storiche abbiano potuto essere conosciute nel mondo. E dato che non c’è nulla di statico, prima o poi la loro influenza si vedrà. Basta non essere pessimisti. Ciao

    • Grazie Mauro, i cd di voci storiche sono il nostro pane quotidiano come i libri in questione; ma per comunicare sul web e non potendo trasgredire alle leggi del copyright, come credo tu sappia, dobbiamo ricorrere, sfortunatamente, a YT, PDF, JPG Mp3 e pixel.

    • Se permetti zio mozi, questo articolo è una idiozia 😛
      Non si sono posti nemmeno il problema che la soubrette Bartoli avesse cantato male, ma focalizzato l’attenzione su (sopratutto) il matrimonio della soubrette con uno svizzero, cosa che penso nessuno sappia e che non interessa a nessuno XD

  12. A mio parere la Bartoli come barocchista non è da buttare (anche se preferisco altre come Vivica Genaux o Gemma Bertagnolli)…nel senso che con una mini orchestra in un teatrino fa il suo effetto…poi lasciasse stare Rossini e il bel canto…o ancor peggio la povera Malibran.
    Più che buarla sarebbe stato più di effetto farle trovare un teatro mezzo vuoto…
    Poi se dobbiamo buare la Bartoli, per correttezza bisognerebbe pomodorare la Netrebko e lanciare uova sul prossimo Lohengrin, per non parlare della Stemme e di tanti altri orrendi cantanti…Meglio ascoltare una notina piccola o il silenzio piuttosto che delle urla sataniche :)

  13. Cara a proposito di urla belluine, e prima che il blog collassi dopo aver sentito quelle della herljtzius nel finale del Lohengrin, mi indicheresti una Otrud che in un’edizione completa dell’opera non lanci urla sataniche ? Non sono un esperto wagneriano, ma nei ripetuti ascolti di questi giorni non ne ho trovata una decente. Nemmeno la margarete klose del ’42 accidenti! che sia colpa di Wagner ? Ciao

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