I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Jacques Urlus in Fidelio.

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Ascolto esemplare che dimostra come anche una voce adusa al repertorio più pesante se fornita della giusta preparazione tecnica possa cantare sul fiato con espressività e morbido legato, senza mai forzare il suono sul passaggio o ghermire gli acuti. Già dall’attacco con messa di voce sul sol3 (“Gott!”), nel recitativo, sentiamo un suono marcatamente raccolto che permette un uso morbido e sorvegliato del registro acuto, che in Urlus sconfina quasi con il falsettone. Dalla pronuncia precisa oltreché dall’esattezza e pulizia della linea scaturisce già un fraseggio naturale ed intrinsecamente espressivo, ma le frasi di questo recitativo ci documentano anche un attento dicitore. Magistrale la sicurezza nello scavalcare il passaggio di registro in frasi pesanti che salgono fino al la acuto come “Doch gerecht ist GOttes Wille!”, ed è interessante notare ancora la particolarità di questa voce di tenore centrale, in cui il settore acuto si dichiara esplicitamente come falsetto rinforzato. Questo gli consente di toccare le note acute senza sforzi o angolose asperità, con fluidità, facilità e morbidezza. Il cantabile “andante” esalta ancora di più la bellezza e l’ampiezza del centro, la linea precisa, intonatissima, scevra di portamenti, il legato prezioso. Esecutore peraltro sempre sobrio ed inappuntabile, mai arbitrario o gigione, musicalmente precisissimo. Sentire come lega e sostiene le arcate di “Wahrheit wagt ich kühn zu sagen” o “Meine Pflicht hab’ ich getan”, insidiosissime perché coinvolgono il passaggio e le note che lo precedono, qui restituite in tutta la loro nobile cantabilità.

15 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Jacques Urlus in Fidelio.

  1. Questo ascolto dimostra – per l’ennesima volta – quanto vado “cianciando” per ogni dove in relazione a Fidelio e i suoi presunti problemi di eseguibilità. Basta, infatti, affidarsi a voci adatte per sentire come tutto torna senza problemi. Certo che se una partitura ancora postmozartiana viene affidata a certi mastodonti wagneriani – come è accaduto spesso con Florestan – allora l’aria (e la successiva seconda parte) diventa uno strazio, Ripeto: togliere Fidelio ai wagneriani!

  2. premesso che definire urlus una voce adatta è un eufemismo, perchè questo tenore è un mostro di perfezione , talento e tecnica, ti preciso che fu famoso principalmente come tenore wagneriano. E’ il mitico tenore che precede melchior al met, e si esibiva con quei tromboni wagneriani come lilian nordica che tu disprezzi. Lui è ed appartine a quegli elefanti di cui parli, non è diverso dalla leider o altri, che continui a deprecare abbracciando un luogo comune oggi in voga nelle riviste che sponsorizzano i canili moderni. Abbiamo pubblicato il re degli heldentenor passati che prativano fidelio e verdi venendo prevalentemente da wagner. Il punto, dunque, è scaricare i giudizi di una storiografia incolta e tendenziosa e riascoltare questi giganti ….ascoltandoli. Il canto è e resta uno, in verdi, beethoven e wagner, come i cani sono cani ogni cosa cantino. Oggi urlus ha dimostrato l’esatto contrario di quello che affermi. Anzi, opportuni ascolti di questa aria eseguiti da altri dimostrerebbero numeri alla mano che per cantare bene così occorre essere un fenomeno assoluto, a riprova che beethoven per le voci non sapeva scrivere…nè forse gli è mai interessato farlo o porsi problemi di vocalità.

    • Tenore wagneriano che non ha nulla da spartire con i suoi immediati successori – Melchior compreso – e che, non a caso, aveva in repertorio ruoli diversi da quel che di solito passa per le ugole di chi abitualmente canta Wagner. Urlus conferma esattamente quel che dico. E comunque insistere a considerare Fidelio appannaggio di ingombranti monoliti è assurdo, visto che tutti hanno in qualche modo fallito. Ascolta bene Urlus o il grande Nelepp.
      Ps: gli ascolti non si fanno con i numeri alla mano, ma con lo spartito e le note.

  3. Fantastico Urlus.
    Lui poteva cantare Wagner e Fidelio. E benissimo.
    Ma di Urlus ce n’e’ uno e quasi tutti gli altri fan trentuno.
    Sono comunque d’accordo sia con Donzelli che con Duprez:
    Tecnica quasi scomparsa, vero.
    Basta mastodonti in Fidelio, vero. (E non solo per Florestan).
    Ma le tradizioni son dure a morire….
    E si che Dermota (quello dei tempi buoni) dovrebbe pur insegnare qualcosa!
    Io con Fidelio son stato sempre abbastanza rognato, infatti non ho mai ascoltato un Florestan in teatro e in piu’ di cinquant’anni che m’abbia veramenrte soddisfatto.
    Nenache quelli tanto celebrati.
    Solo cagnacci, o “interpreti”. Uffffffff

  4. Devo dire che Duprez mi piace molto. Spesso non sono d’accordo con lui; ma questo non ha nessuna importanza. Il fatto è che Duprez ha una prospettiva ampia, cerca di capire i fenomeni storicamente, senza pretendere di giudicarli in maniera moralistica, come altrettante tappe di un degrado progressivo e di un ossessivo rimpianto di una perfezione perduta, dell’esempio di un canto che è uno, uno, ossessivamente uno. Non è un caso che Duprez si unisca ben poco alle ultime e stucchevoli lapidazioni quaresimali, sempre uguali a se stesse nei secoli dei secoli.
    Marco Ninci

    • caro ninci il canto è uno. ed è sempre stato uno. e resta uno. infatti quello nuovo e moderno, cioè mal insegnato e fondato su criteri extravocali ci regala questo presente di orroi vocali. c’è un solo modo di cantare all’interno del quale si può sviluppare l’intepretazione e tutto quanto fa parte della visione ampia che tu credi che qui gli altri non abbiano. filologia, senso della storia, rispetto dell’autore, anche innovazione, non possono prendere corpo se non si sa cantare come dio comanda. per questo le vostre teorie vengono smentite da urlus, un artista dalla tecnica sopraffina se non perfetta. il resto che scrivi ninic, è solo provocazione di uno che sa tante belle cose, ma nulla di canto.

    • Non si rimpiange nessuna PERFEZIONE perduta. Si fa solo un’arceologia del SUONO della voce che come tale è un fenomeno ALTAMENTE CULTURALE, uno dei fenomeni più nobili e complessi che l’occidente abbia prodotto. Si fa una critica, spesso ripetitiva, di un rapporto contemporaneo con questo Suono (che non può che essere un tipo di suono determinato, per mere ragioni fisiologiche) che è acusticamente disastroso e ideologicamente disonesto. E’ un TUO problema (come anche di tanti altri) di non potere cogliere che l’ampiezza di una visione del fenomeno culturale di nome “opera” non vale niente senza una fondamentale considerazione dell’importanza di questo suono. Urlus, con qualche altro cantante, sarà un esempio di PERFEZIONE, ma qui si tratta solo di una differenza di grado e non di ordine. Perché, pur sapendo che una Stoyanova o una Gruberova non sono perfette, OGGI io ci trovo la stessa cosa che nei tanti esempi di cantanti del passato, ovvero il SUONO che si cerca e che si ama in questo blog (almeno tra la maggioranza dei suoi collaboratori). Il problema è che questo suono non è solo un fatto di emissione vocale, quindi di una bocca, ma anche di un ORECCHIO! Senza questo puoi costruire tutte le teorie che vuoi sulla storia, sull’interpretazione, sul significato di questa o quell’opera, ma sarà come volere cucinare una torta dolcissima e rafinatissima con – pardon! – gli escrementi.

      • La differenza, per usare le tue parole cara Giuditta, è SEMPRE E SOLO di grado, giammai di ordine, in quanto è il canto è UNO e, sottolineo, non può, NON PUO’ che essere UNO. Nessuno canta in un modo diverso, nessuno può cantare in modo diverso. Ciò che oggi si fa è solo cantare tremendamente PEGGIO, ma non diversamente, giacché non sarebbe possibile, in quanto il canto è canto: ci sono solo diverse, infinite gradualità di cantare bene e cantare male, con un limite verso il bene che è la perfezione, mentre al peggio il limite pare essere infinito stando a quanto ascoltiamo di anno in anno. Se si inizia a dire che oggi si canta in modo diverso (anziché dire, come è giusto dire, che si canta semplicemente sempre peggio), si finisce col dar ragione a quanti su questa fantasia elucubrano le proprie teorie evoluzionistiche…. VADE RETRO!!!

  5. Nulla da aggiungere a quanto scrive la Pasta.
    Su Urlus: ha sintetizzato al meglio Celletti :” Oggi rappresenta un tipo di heldentenor totalmente scomparso”. Lo scrisse nel 1989 ma credo sia valido anche oggi.
    Caro Marconinci, oltre agli auguri, permettimi di dissentire sul “quaresimal” , come gia’ scritto, si impara anche ( e forse sopratutto) dagli errori.
    Mi permetto solo di suggerire una suddivisione all’interno di Quaresimal: come in un divertente libretto di moda maschile , distinguerei tra “errori da evitare” -tipo Kollo, da ” orrori da evitare”, tipo Bostridge.

  6. stasera ho deciso che ….democraticamente…..VOTERETE…E VOTEREMO il miglior quaresimal. già essere in lizza è un onore, va riconosciuto. in questa civiltà che dell’orrido e del trash ha fatto i suoi veri idoli essere in questa lista significa avere un che di speciale. voterete cari lettori…cercherò un modo elettronico di farvelo fare, sennò faremo all’antica, postando. altro che Canzonissima!

  7. Urlus é però un cantante che al giorno d’oggi accuserebbe problemi a cantare in italiano non perché di fatto emetta gli acuti in un falsettone ben saldato a uno splendido registro di petto, ma perché le sue A iniziano sempre come O certe E tendono alla i e le O a volte hanno un po’ di U. Insomma un emissione un po’ squilibrata verso l’alto piuttosto che ai lati. Si noti nel suo panis angelicus che risulta tremedamente gelido (…sarà che amo molto quello di Carreras). In ogni caso uno che non ha bisogno di saper “girare gli acuti” per essere grandissimo cantante.-

    • Urlus fa gli acuti nel modo canonico, classico, altro modo di fare gli acuti non lo conosco se non sbraitando come un venditore di pesci marci al mercato. Il fatto che i suoi acuti lascino intravedere, alla base, la corda di falsetto è una sua soggettiva peculiarità che in altre voci con diverse caratteristiche non sentiamo, ma la meccanica non è diversa da quella di qualsiasi altro tenore che canti COME DIO COMANDA.

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