Un ballo in maschera alla Scala: è la somma che fa il totale!

La Scala nell’idea popolare e populistica è il teatro italiano, e non solo, che fa CULTURA e STORIA.  Spesso abbiamo detto che così non è più da almeno cinquant’anni. Sbagliato e meritevole di ripensamento: la Scala è e rimane il massimo teatro italiano e fra i primi al mondo  anche quando presenta spettacoli impresentabili come il Ballo di ieri sera ( più che ispirato al Ballo di P. Pizzi..ad esempio..), che tra quelli visti quest’anno forse non era nemmeno il peggiore. Alla fine, però, è la somma che fa il totale, ed il conto è arrivato puntuale, prima della pausa estiva.

Questa volta a reagire è stato il pubblico più fedele ed affezionato, sfiancato da una teoria di allestimenti tutti uguali quale che fosse il titolo, inutili ed invasivi del testo poetico e musicale. Ha pesantemente contestato a scena aperta a partire dall’inizio del secondo atto quando Amelia, agghindata come Diana Bracco, si reca nell’orrido campo per cogliere l’erba e l’orrido campo altro non è che il solito cavalcavia  frequentato da battone, una delle quali non trova di meglio che rapinarla. E la rapina con spoliazione avviene mentre il soprano canta le frasi più difficili del brano, perché complicare la vita ai cantanti è dovere dei registi!
Questo Ballo, dettato nell’allestimento dalla foia di essere moderni, di svecchiare, di superare allestimenti iconografici e viscontianamente descrittivi,  che sembra essere stata la sola o principale peculiarità della gestione Lissner,  dettato, quanto al  canto, dall’irrefrenabile desiderio di chiamare alla Scala le  star internazionali. Aspetto quello del canto che ad avviso del Corriere della Grisi, meritava riprovazione ancor più sonora di quella riservata ai responsabili della parte visiva.

Sorge, legittimo, il dubbio che tali caravaserragli di spettacoli adempiano, fra le altre, la funzione di distogliere l’attenzione del pubblico dal periclitante parco vocale raccolto dalla direzione del teatro.
Come detto e ripetuto, gli spettacoli che devono svecchiare sono  più vecchi dei vecchi, perché costruiti sempre sull’idea di stupire esibendo computers, campagne elettorali di un Kennedy o Clinton di turno ( ma chi fa la Levinsky o la Monroe, il paggio Oscar? Così siamo a la page anche con le unioni gay? ), coiti gay,  cappotti, anziché quelle situazioni che, miglior regista di sé, Verdi aveva pensato. Colgo l’occasione per invitare a reperire e leggere le note di regia (centinaia di pagine), che Verdi divenuto VERDI predispose per Aida e Don Carlos oltre che per Otello. Il che non significa ripetere lo stereotipo, ma avere chiaro che cosa volesse l’autore, non tradirlo non coprirlo di ridicolo credendo di essere moderni quando si è solo provinciali e forse correi di scelte vocali e direttoriali mediocri. E poi lo sanno tutti: di qualsivoglia orientamento sessuale si intenda un duetto d’amore, si canta vicini ed uniti, e non già con l’innamorata che percorre i luoghi di battuage, mentre Riccardo canta l’amore!
Ieri sera alla Scala tutto era brutto,  squallido,  piatto e soprattutto insignificante ed incongruente con la storia dell’amore impossibile. Questa contestata parte visiva non era la cornice e l’amplificazione  a questa storia, ma qualcosa che arrecava fastidio al dramma medesimo.  L’elenco delle incongruenze, delle ridicolaggini è lungo.  Talune devono essere segnalate. Riccardo e la sua corte, o meglio, il suo staff risiedono e lavorano nel solito ufficio prefabbricato arredato Ikea e rischiarato dalle solite luci al neon. Ulrica è una santona ovvero teleimbonitrice alla Vanna Marchi, che risana i paraplegici (impossibile, stante la presenza dei soliti plaudenti stanziali del teatro, non ironizzare sulla palese incapacità della guaritrice di risanare i sordi…!), mentre l’orrido campo è l’ennesima periferia degradata, popolata da battone (perché le proverbiali escort bazzicano, per il solito, ambienti ben più lussuosi), occasionalmente dedite a pestaggio, rapina e borseggio. Tralasciamo la festa conclusiva, mutata in omicida convention di partito, ovvero party elettorale, nella quale Dio sa che cosa accada, stante che il moribondo sovrano, rectius, presidente (non si sa bene di che cosa) appare vivo e vegeto ( sarebbe la personificazione di lui nel ricordo di Amelia..), mentre a morire al suo posto è una controfigura. Aspra critica socio-politica (da bar) o semplice, l’ennesima, incongruenza, nonché ridicolaggine?
Dobbiamo avere il coraggio di gridare basta cappotti, basta Freud da bigino Bignami, basta squallide periferie, basta strutture post industriali e gridare qui come altrove (dove lo sterminio dell’opera è sistematico e scientificamente organizzato) che il melodramma è ben altro e che la parte visiva è e rimane, di quella vocale e musicale, contorno e non già nuovo e diverso protagonista. In difetto di una reazione onesta e colta la morte  del melodramma sarà ancor più rapida e dolorosa.
Per altro alla fine contribuiscono da par loro la parte vocale e musicale.                                                                                                        Pessima la direzione dell’acerbo Daniele Rustioni. Al preludio il tema dei congiurati e quello degli innamorati è staccato con medesimo tempo, medesimo colore orchestrale, medesima sonorità. Accompagna senza fantasia il primo atto, con scollamenti orchestra coro a partire dall’intervento dei congiurati al quadro primo, bandistico e pesante il concertato che chiude il quadro, senza colore l’introduzione in quello, che per noi poveri retrogradi, è l’abituro di Ulrica . Alla fine del primo atto dall’ingresso di Renato in poi il  fragore cresce. Ma “il meglio” arriva al terzo atto dove la scena della congiura è risolta a colpi di gran cassa, la mazurka della morte è metronomica e veniamo risvegliati dai soli colpi di piatti che ci dicono che è ora di andare a casa . Durante la seconda aria di Amelia davanti a due piani della Ravdonoscky, che attenuavano il rumor di ferraglia, l’orchestra era miseramente identica a prima. Questo fa anche dubitare di una se pur minimale concertazione.

Il trio femminile è la raffigurazione del Brocardo milanese “la povertà, la miseria e la bolletta”. A scelta del lettore appioppare a ciascuna delle signore il più pertinente dei tre epiteti.
Sondra Ravdanosky, impegnata da tempo in un repertorio degno di Anita Cerquetti o Zinka Milanov, emette suoni sordi in basso, afoni al centro, gridati e fischianti in acuto e siccome l’emissione è tutta tubata la fissità è egualmente distribuita per tutta la gamma della voce e priva la cantante di qualsivoglia possibilità espressiva perché il suono con una siffatta emissione non può essere né addolcito né piegato, ma solo “buttato fuori”. Le autentiche urla fisse e fischianti in zona medio alta i tentativi maldestri di smorzature (la di “Consentimi Signore” piuttosto che si bem della  cadenza dell’aria del terzo atto) non consentono neppure di parlare di un aborto di interpretazione. Aggiungo non si capisce una parola perché questo metodo di canto non consente di articolare  e talvolta (inizio del terzo atto) compaiono come di dovere suoni bassi aperti e gergalmente detti “svaccati”. Peraltro, dato che orami le voci sono tutte senza proiezione, mentre la signora di voce ne ha veramente tanta, in omaggio al detto “Tanto è bello” la signora ha ottenuto tantissimi applausi alle arie, ma non mi è stato dato di incontrare alcuno che mi abbia manifestato apprezzamento per il suo canto sgraziato e la sua voce sgradevolissima.
Patrizia Ciofi, abbigliata stile ex ministro Gelmini alla prima scena, soprano di agilità il cui prossimo evento “schedulato” sarebbe Lucia di Lammermoor, non è in grado di emettere i parchi acuti che la parte prevede e nel quintetto della congiura piuttosto che nella chiusa del primo quadro del primo atto (dove Oscar è il protagonista) è risultata inudibile. Sale e pepe, ironia o sbruffoneria, che sono le peculiarità del personaggio sono, con tale organizzazione vocale sconosciute.  Per altro è molti anni che la signora Ciofi non emette suoni, ma aria calda. E per capirlo basta guardare come canta priva di qualsivoglia sostegno della voce. Inesorabili in questo senso i vestiti contemporanei.
Terzo soggetto del campionario Marianne Cornetti, usurata dagli anni e dal repertorio, che ha accorciato e rotto in due la voce, che in natura sarebbe stata di soprano e che oggi difficilmente può essere qualificata. E’ stata di però la miglior della serata, anche perché ha contenuto i suonacci. IL suo momento migliore è stato il sorriso esibito durante la contestazione ricevuta dal regista.
Sempre in onore ai detti, “tale la moglie e tale  il marito” (sebbene terrorizzato dalle corna), ossia Z. Lucic. Rozzo nell’emissione e nel gusto, sfocato e spinto negli acuti, incapace di canto di conversazione ed ancor più di quel minimo di eleganza e dolcezza che le “perdute memorie”, condotte a termine con evidente fatica e pessimo sostegno del fiato, impongono.
Paradossalmente un po’ meglio Marcelo Alvarez, che da tempo canta come parla, anche lui senza il sostegno del fiato e sfruttando ancora ( e qui siamo alla soglia dell’incredibile)  quello che avanza di una splendida e generosa natura, che se sorretta dalla cognizione tecnica dei tenori antichi e da una maggior musicalità gli avrebbe consentito di essere il tenore romantico per eccellenza. Allo stato gli acuti sono ghermiti,  previa presa di fiato, la linea musicale ed il legato (soprattutto in “Ma se m’è forza perderti”) inesistenti, cosicchè il personaggio non va al là della più generica concitazione. All’età di Alvarez  due famosi Riccardo (Beniamino Gigli e Richard Tucker) erano allo zenith della voce. E questo deve far riflettere.

Tralascio le note di colore sotto il portico di via Filodrammatici, un vero e proprio quarto atto di vero teatro, quello si!, che immagino apparirà presto su YouTube in HD, ed i bigliettini volati sulla platea alla fine del primo atto con scritte del tipo ” L’ignoranza artistica non è accetta”, ” Questo è un sacrilegio!” etc…che un ‘anzianissima signora ha lanciato dal loggione. Non oggetti di folklore, ma di riflessione per chi ha portato un pubblico tollerante ed amante di questo teatro ad una simile reazione.

Noi della Grisi, che come Qui Quo Qua siamo stati spettatori divertiti della baraonda e che non ci facciamo distrarre dal canto da nessuna cosa al mondo, ci siamo solo chiesti quale effetto avrebbe sortito questo cast senza Michielettosuperstar,  perché tanti applausi ci sono sembrati di “rinculo” al baccano ed alle contestazioni in sala. E ci limitiamo a fare osservare che mentre la gestione lissneriana tramonta, il consiglio di amministrazione, la cui nomina è stata messa in discussione dalla Corte dei Conti ( ed i giornali non ne parlano più ) sceglie una sovrintendenza futura ancora più esteriore ed ancora più ancorata di questa al teatro di regia. Il pubblico va da una parte mentre chi sceglie va dall’altra, ma paga con i soldi del primo! Non c’è forse qualcosa che non va?

 

 

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95 pensieri su “Un ballo in maschera alla Scala: è la somma che fa il totale!

  1. Ma il problema è il solito: anche se fosse suonato con batteria e chitarra elettrica ci sarà sempre gente disposta a pagare il biglietto pur di vedersi Verdi alla Scala. In regime di concorrenza chi offre un “prodotto” scadente perde il cliente e deve decidere a cambiare, se non vuole chiuder bottega. La Scala non ha rivali (a meno di andare centinaia di km di distanza) e, evidentemente, non potrà mai chiudere.

    Risultato… i guitti di turno la possono usare per le loro alchimie, suprando il melodramma come più loro piace. Purtroppo non vedo vie d’uscita a tutto ciò…

  2. Non ero presente in teatro, non ho ascoltato i cantanti, e quindi non posso giudicare questo aspetto.

    Quanto alla regia, nemmeno quella ho visto, ma le spiegazioni lette sul Corriere della Sera e le foto viste, beh, mi hanno fatto pensare tanto al Ballo in maschera messo in scena a Macerata due o tre anni fa da Pier Luigi Pizzi (regia, se non ricordo male, ripresa da uno spettacolo dello stesso Pizzi e datato Parma [?] 2005): abiti moderni, Riccardo presidente degli Stati Uniti o giù di lì, Oscar sua segretaria sexy, Ulrica ciarlatana afro-americana con parrucca alla Gloria Gaynor che legge nella palla di vetro, l’orrido campo trasformato in un covo di drogati, puttane e miserabili, con tanto di vecchi pneumatici e pompa di benzina abbandonata…

    Qualcuno potrebbe spiegarmi in cosa consisterebbe la novità gggeniale di Michieletto?

    • Nessuna 😀
      Perchè QUESTO teatro di regia è semplicemente la “nuova polverosa tradizione” con tutto il risaputo, banalissimo ciarpame Freud-Jung dei derelitti buono per ogni opera da mettere in scena e che esula dalla comprensione del testo, dell’autore, del tempo e dell’arte.

  3. Personalmente ho trovato la Cornetti due spanne su tutti. Era la cantante del cast. Dopo di lei Marcelo Alvarez, che fa molta fatica, spinge ( ma la sua stravoce resta sempre miracolosamente bella), e prende mille fiati, legando anche pochetto. Generico, ma una voce. Grossolano e brutta voce Lucic, indecenti le altre due signore. lo scandalo vero della serata per me sono stati gli applausi alle due arie della Sondra Radva, perché era semplicemente spaventosa. Una vociaccia sgarbata, stonata e ululante…altro che Amelia. E so di condividere questa opinione con quei pochi in sala che di canto capiscono qlcsa. Avevre volume non è avere una voce, né cantare, senno le sirene delle fabbriche sarebbero tutti soprani!

  4. La questione più grave, secondo me, è che la regia nel bene (ed ultimamente più spesso) nel male, abbia oramai preso il sopravvento rispetto alla musica ed al canto. L’opera è uno spettacolo in cui le componenti (musica-canto-teatro) devono trovare un equilibrio, con predominanza delle prime (perché è possibile allestire un’opera senza regia, in forma di concerto e non il contrario).
    Al di là, quindi, delle polemiche sulla regia, rimane il fatto che l’esecuzione vocale e musicale di questo Ballo – che a quanto ho potuto leggere qua e là non è stata certo di livello accettabile – sia passata in secondo piano o, meglio, sarebbe pure passata indenne in un altro contesto registico.
    Il pubblico, probabilmente, dovrebbe ribellarsi a tutto ciò: non tanto alle regie demenziali (è facile protestare di fronte a delle marchiane bestialità spacciate per arte), quanto alla oramai continua incapacità di concertare e dirigere un’orchestra, nonché di cantare ciò che è scritto sullo spartito con un minimo di cognizione e gusto.
    Per quanto riguarda le regie, confesso una certa ignoranza in materia che mi porta a non far molto caso alle stesse: in generale non sono prevenuto contro le cd. modernizzazioni, purché ci sia sempre il rispetto della musica e dell’intreccio o, quanto meno, delle dinamiche che sono sottese all’opera medesima. Per questo, non mi è dispiaciuta affatto la regia “moderna” del Ballo di Macerata che, pur trasportando la storia al secolo scorso, la rispettava. In ogni caso, se ho deciso di non assistere a questo Ballo non è stato a causa del regista, ma solo dopo aver letto il cast che ho ritenuto non valesse una trasferta. Non avevo dubbio in proposito, ma sono lieto di veder confermata questa mia “premonizione”.

  5. Ho visto la generale e sono fuggito
    al calar del sipario. Non ho visto la prima, vorrei
    sapere da chi c’era, se a parte le contestazioni
    alla parte visiva, qlc. ha avuto ha avuto da ridire
    anche su qualche cantante. Grazie.
    Anchi’o ritengo che lo spettacolo non fosse il
    peggiore della stagione, dato che era solo
    brutto insignificante e ripetitivo, men che orrenda
    era invece la parte vocale.

    • al secondo turno di singole anche i cantanti, miracolosamente escluda la ferraglia della breda (vedi ravdanosvsky) hanno subito riprovazioni. chi era in sala ed aveva assistito anche alla generale, però, diceva che rispetto alla generale fossero tutti splendidi vocalmente!!!!

  6. Passatisti e parrucconi, non sapete apprezzare questo proposte altamente kulturali. Ah, che bella per esempio la Zauberflöte carsenata di Baden Baden, con quei divini badili per Sarastro e il suo seguito… la Zauberflöte dei becchini, anzi degli schiattamuort, come dicono a Napoli. E anche la Manon Lescaut carsenata di Vienna, dove Manon e Des Grieux copulavano sul cofano di un’ automobile…
    E il Don Giovanni di Tcherniakov ad Aix en Provence, con il Don vestito come Marlon Brando in “Ultimo Tango a Parigi”, il Leporello col ciuffo piastrato da emo e la Zerlina bimbominkia…

    Come si fa, dico io, ad essere insensibili di fronte a tali strepitose manifestazioni di genialità? :)

  7. Permettetemi un’annotazione a margine sulle risorse figurative del regista. Nella scena prima dell’atto primo (allestimento firmato da Margherita Wallmann e Nicola Benois nel 1957) campeggiava un grande arazzo per evocare – nella Boston del XVII secolo – l’epoca dei conquistadores. Anche il costume e l’abitazione del creolo Renato (atto terzo) erano d’ispirazione indigena americana. In questo modo, sin dal principio, la vicenda privata si saldava con i moventi politici: riscatto di generazioni conquistate, congiura di Samuel, Tom e, poi, di Renato. La ricerca iconografica e la conoscenza dei molteplici spunti provocati dal testo, dunque, erano alla base del lavoro d’allestimento. Pessimismo radicale, inconsistenza del potere (di cui i protagonisti restano vittime) ed umorismo “ad uso Shakespeare” – per mettere in rilievo il tragico – sono nodi fondamentali nella poetica e nel pensiero di Verdi; un fil rouge che da “I due Foscari”, “Attila”, “Macbeth”, porta a “Rigoletto” e “Simon Boccanegra”. Mi pare che il regista Michieletto se ne sia accorto, provando a tradurre questi temi sulla scena (le colorate campagne elettorali americane). Per lo spettacolo di ieri sera, come avviene per tutti i registi della sua generazione, ha trovato ispirazione nell’iconografia che è loro più prossima: quella della fiction televisiva. Nei casi più avanzati, quella del cinema: qui le suggestioni provengono da “Le idi di marzo” e per “Oberto”, come avete prontamente individuato, da “Scarface”. Errore capitale, a mio avviso, è soprattutto la sovrabbondanza, laddove essa non riesce a tradursi in gesti teatrali utili e convincenti: in primis, la caratterizzazione di Amelia nell’atto primo, i paraplegici e le puttane, con il loro ridicolo involontario. In quest’opera, l’equilibrio tra commedia e dramma è delicatissimo, pronto a spezzarsi in un istante; e questo è avvenuto quasi da subito. Ma credo che il regista abbia saputo gestire bene e con coerenza il disvelamento del finale (fantasma a parte). Ritenere che per essere più “vivida” l’opera abbia bisogno di essere “attualizzata” (parole di Michieletto) è un’idea miope e pigra che penalizza soprattutto chi, come lui, qualcosa da dire ce l’avrebbe. Cicisbei, parvenu, regine del culame che dispensano rilievi cretini su modernità del costume nell’arte e nella pittura; erogatori incauti dell’aggettivo “geniale”; direttori artistici ignoranti; membri della cosiddetta critica musicale italiana. Anche a loro credo fossero implicitamente rivolte le sonore contestazioni piovute su regista e collaboratori. Titoli, costumi, modernità, tradizione, ambientazione sono categorie estetiche che – di per se stesse – non sono sufficienti a spiegare quello che accade oggi sui palcoscenici d’opera. In mancanza di cultura operistica, che è anche storica ed iconografica, la nuova generazione d’interpreti semplicemente non sa, non conosce, ha pochi elementi (sempre gli stessi) ai quali attingere. Peccato.

    • Buonasera sono tornato!
      ho visto la prima e la cosa che ho trovato piu’ rtriste è stato veder volare dei bigliettini prestampati segno di una misera povertà da parte di chi ha pagato il biglietto solo per esprimere questo gesto e pensieri premeditati.

  8. Ragazzi grazie del resoconto che conferma la mia voglia di non farmi rovinare le giornate dalla insipenza dei registi. Ho solo una cosa da chiedervi: Chi o coloro che hanno buttato danari in questo allestimento come si sentono oggi ? Non mi riferisco alla loro coscienza, (che non esiste) ma alla soddisfazione personale per un lavoro fatto bene. ?

    • Lei ha ragione, credo che di danari se ne buttino molti.
      Pensi che alcune persone nel loro piccolo hanno buttato denari pagando i cari biglietti della prima solo per lanciare dei bigliettini dal palco.
      Bigliettini premeditati, ci pensa!
      A pensare che io ero convinto fossero petali!

  9. ma vogliamo dircela tutta? Questo BALLO è stato una totale schifezza. Ma io non incolpo il regista nè i cantanti: poveretti, fanno il loro mestiere. Devono mangiare. La colpa è della direzione Scala che spreca in malo modo i soldi pubblici. CHE NON E’ in grado di allestire nulla. Che affida ad un povero presuntuoso una regia. Che scrittura cantanti poco capaci se non incapaci. Brava la CORNETTI ? come qualcuno ha detto. Ma andiamo amici. Questa budellona ha la voce ballante, non interpreta, non si sa cosa sia se soprano corto o mezzosoprano da quattro soldi. Alvarez? MA ERA APPENA STATO PROTESTATO da Pappano a Roma !!!! cosa fare della Scala? Se va avanti così è meglio chiuderla per un anno. Cercare uomini come SICILIANI e OLDANI e ripartire con altre idee.

  10. A me l’allestimento é piaciuto, non avendo assistito alla produzione di Pizzi ricordata più sopra, ho trovato geniali alcune trovate (per tutte l’equivoco Renato/Amelia/Scambisti), se proprio si devono vedere regie così non ho dubbi a ritenere questa (che era comprensibile) più stimolante di quella di Sequi (polverosa) e della Cavani (lucidata). Non ho ancora riascoltato la premiere (che mi é toccata perché se posso le evito) ma mi pare di non condividere i giudizi positivi sulla deludente Cornetti (la più sopranile della storia) e negativi sulla Radvanosky (che almeno ha il record di decibel distribuiti). Purtroppo questa é come un calciatore che gioca solo con un piede e inoltre la dizione é veramente il suo tallone d’achille. Alvarez (che praticamente non ha cantato il faticoso “di tu se fedele”) ha inventato l’acuto parlato ma qualche mezza voce gli é riuscita, la voce é bella il personaggio se non fosse in così grave declino gli starebbe a pennello. Lucic ha massacrato “Eri tu” é opaco fino a quando va in acuto, allora spara senza appoggio così che l’intonazione diventa ballerina (credo sia un cantante in declino). Poi la Oscara (visto che era una tosa): primo atto effettivamente debole (la Ciofi era terrorizzata). Terzo atto però più che sufficiente perché espressiva e non querela. Il direttore per me (pur con qualche vuoto qua la) é bravo e promettente (ma é un mio giudizio a caldo che spero d confermare a freddo).-

  11. Mozart quello che dici potrebbe esser un prodromo del futuro scaligero , senza Lissner si capisce, in una grande pizzeria napoletana con tanto di cantante in scena l’Alvarez. Così si ottiene un doppio risultato
    trovare una professione al tenore e chiudere la Scala,

  12. “Insisitiamo!”
    Al pari di Scarpia ed a quanto si dice, Pereira presente alla “prima” ha affermato che Michieletto ritornerà in Scala sotto la sua sovintendenza.
    Comunque Donzelli ha azzeccato la diagnosi: il Damiano di turno ha pagato per tutti.
    A me tocca domani, 12 luglio, e ho qualche dubbio che Marcelino si presti alla buffonata che, sempre per voce di corridio, ha compromesso la sua prestazione. Sentiremo il secondo cast, qunque, che comunque è collaudato dopo il BALLO torinese e che forse batte il primo, e ci vuol poco.
    Pace e gioia

    • caro andrea, tu sai che parto sempre dal canto. E che la critica è severa per tutti qui. Non concordo con te circa il fatto che il secpndo sia meglio del primo. Spiacente ma pretti non ha una voce adeguata verdi, che gli puo solo fare male. Gli basta una serie di rigoletti per perdere smalto in alto al passar delle recite. Nè che la dyka canti meglio di caterpillar sondra. Quest’ultima cerca almeno di organizzare um graseggio pur con la sua voce sciagurata, ed in alto è piu sicura. Mi spiace che alvarez voglia mollare…….fa male. Erano molti contro di lui, e credo piu per la fama di tirapacchi che per come canta o ha cantato. Si va di moda e si va giu di moda. +p concitato, tenoreggia ma è la voce del cast. Deve finire le sue recite e dimostrare che ….canta per il pubblico, anche in questa produzione. Io credo che questi signori meriterebbero di fare ciò che fanno, con tutti loro limiti, con la certezza ke in buca c’è chi li aiuta e li sorregge e non un ragazzo capace ma inesperto. Hanno il diritto do usufruire di bacchette di esperienza che dia loro la sicurezza mentre cantano…….poi facciano ciò che possono, che tanto oggi di meglio non c’è. E questo senza giustificarli gratuitamente se mancano quando mancano

      • ma Juliette cosa doveva fare Rustioni piu’ d quello che ha fatto per sostenere Alvarez? Mica poteva modificare la parte. Pensa al finale di “Ma se m’e’ forza perderti” che il tenore ha “curizzato” non riuscendo piu’ a eseguirlo come e’ scritto. Poi per il resto hai ragione se ne ha forza canti anche le altre recite e s dimostri un professionista, altrimenti accetti d buon grado il suo tramonto e si dia (come consiglia Mozart) ad un altro tipo d esibizioni

          • scusa se insisto, ma se non é “curizzare” quando Alvarez, anziché tenere la nota su “ultiMAAAA” e attaccare scoperto “Ora del nostro amor” -che é la prassi esecutiva consolidata che anche Muti lasciava fare a Licitra- incolla tutto così che risulta “ultimoradelnostroamor”, non sei obiettiva. Sembravano i trucchetti di Cura nei Pagliacci diretti da Harding….-
            O quantomeno le raccomandazioni di legge in coda alle pubblicità dei medicinali che vengono accelerate per risparmiare secondi.-
            Che io passi per buonista ecc. ok ma le orecchie per l’ordinaria amministrazione ce le abbiamo tutti qui…

          • senti, cura nei pagliacci non cantava mica così. Alvarez non ha cantato come si dovrebbe, ma nemmeno ha cantato oscenamente come cura. ma non dire fesserie, dai. ha tenoreggiato, lega poco, ma non è mai grottesco. stai esagerando

  13. A proposito del BALLO di Pizzi, la prima volta che lo “famo strano” fu al Palacongressi di Piacenza con il compianto La Scola (Riccardo) la Fiorillo (Ulrica, imobintrice TV e negra! :-D) e Cura sul podio.
    Provincia per provincia (cioè la Scala) prima di lui, se non erro, una versione “osée” fu quella del vecchio e caro e buon Beppe De Tomasi, al Teatro Magnani di Fidenza, con Ulrica in veste di moderna guaritrice di una bimba tarantolata…
    Sicché, nulla di nuovo. Anzi tutto stra vecchio, stra visto, stra banale….

  14. impressionante ancora una volta non solo e non tanto l’ignoranza, che è difetto rimediabile e umano, quanto la presunzione, umano ma più pernicioso: trasformare l’orrido campo in un cavalcavia frequentato da puttane rapinatrici significa non aver capito nulla né del libretto, né dei posti di battuage (il che non sorprende, a ben vedere), ed essere vittime di una mentalità ex- piccoloborghese che legge le finte loscherie moderne attraverso l’opera orecchiata ed orecchiante. Significa non aver capito l’aria di Ulrica, che parla espressamente di luogo da forca, e che per essere modernizzato poteva trovare un corrispettivo nel braccio della morte, ai piedi di un carcere: lì, dove la gente muore senza pietà, cresce un’erba che svelle l’amore illecito. Dove si batte e si ruba per sport, la povera Amelia di Verdi incontra invece una disgrazia ben peggiore dell’esilio e della rinuncia, la morte dell’Opera….

  15. Michieletto ovvero Io “Ballo” da sola

    Alle sagge parole di Francesco Gala e di Fabrizio mi permetto di aggiungere:

    Un Ballo in Maschera – per motivi insiti alla sua stessa gestazione – è capolavoro di sublime ambiguità ed equilibrio.
    Tra Commedia e Tragedia, tra Seicento e Settecento, tra Europa e America, tra Corte illuminista un po’ libertina e Fronda puritana (con una Ulrica, o Ur-Rica (sorella latina di Erda?) al di sopra o al di sotto dello spazio e del tempo): tutte dialettiche presenti nell’Opera e portate avanti inesorabilmente e ad altissimo tasso artistico – dal primo all’ultimo quadro – attraverso il ricorso costante alla maschera e al travestimento.

    Questa attrazione-repulsione degli opposti sarebbe sufficiente a rendere “Ballo” il sogno di un regista fornito degli strumenti necessari per affrontare tale prova.

    E qui casca l’asino.

    Poiché queste genie (mettete pure l’accento dove vi aggrada) di registi (e soprattutto di coloro che li scritturano, manager sì, ma di che cosa?) sembrano aver adottato criteri Ceciliobartoleschi nello svolgimento del loro compito, incapaci o incuranti di affrontare la partitura (note musicali, versi, didascalie, segni dinamici ed espressivi ecc) con gli strumenti necessari: ossia un quadro di riferimenti musicali, letterari, iconografici, storici, filosofici, cinematografici, ecc) almeno adeguato.

    E’ un discorso che , tra noi, viene periodicamente ripreso. Per questo rimando al post di Donzelli (Oberto in Scala, 18 aprile 2013) in cui, ai suoi precisi riferimenti letterari (Cantù, Guerrazzi, Grossi) e iconografici (Induno, Hayez), si rispondeva con le sceneggiate di Mario Merola, come se questo faro imperituro bastasse a illuminare un’opera minore dellìOttocento la cui comprensione è strettamente legata al contesto (soprattutto vocale).

    Indispensabile – aldilà dell’irresistibile scintillio della prosa – introiettare il SENSO del “Come diventare regista à la page in 25 mosse” con relativi interventi (17 maggio 2012, n°27) della divina Brandt.

  16. Ho visto la secoda recita e ono completamente d’accordo con la Grisi dal punto fi vista vocale: la migliore la Ulrica e poi Alvarez e di gtan lunga la peggiore la Amelia che grida dall’inizio alla fine con un vibrato insopportabile. Invece mi è piaciuto lo spettacolo

  17. a me invece questo Ballo è piaciuto. Sarà per la mia giovane età, ma a fianco a me c’ erano anche dei vecchietti che erano esaltati da questa opera.
    Non ho capito le contestazioni e non capisco neanche perchè ve la prendete tanto….Non vorrete mica i fondalini dipinti o i tenori con la manina sul petto? L’ opera a mio avviso non è solo bel canto.
    Michieletto è stato fedele al libretto…me l’ ero studiato bene e ho visto che c’erano collegamenti continui. Non l’ ho trovato neanche così scandaloso…ha fatto di peggio no? Per me non è tra i migliori lavori del regista ma da qui a essere il pretesto per accanirsi così tanto contro la regia contemporanea mi pare troppo.
    Mi chiedo cosa hanno provato quei signori che lanciavano i biglietttini e che cosa provassero nel momento in cui li avevano preparati.
    Poi stcandalizzarsi per 4 prostitute sulla scena…allora cosa fate davanti ai nostri politici?

    • no , ti censuro per il modo in cui ti permetti di chiamarmi…leggiti lily bart, così capirai che non hai capito nè ciò che hai visto, nè la recensione, nè la contestazione, nè il libretto del ballo

      • ..non ho capito perché voi tutti non vi presentate con nomi veri visto che siete così convinti delle vostre idee, coraggiosi e colti.
        Mi scusi Signora simpatica, ma anche se non ho capito il suo nome (per mia ignoranza, chiedo venia) nè la contestazione, ma io a parte tutto il “rumore” che ha fatto il pubblico (anzi una parte di pubblico anche un po’ maleducata, ma il teatro è anche questo e io mi sono tanto divertito per quel che ha suscitato questo ballo risveglaindo le cariatidi della Scala e gli abbonati dormienti) l ho seguito con grandissimo interesse.
        Ma veramente la Ulrica meritava quei gran buhuhu?
        E voi, antiMichielettiani…non pensate di aver fatto un gran regalo al regista con le vostre contestazioni? Ora, anche se qualcuno non lo conosceva ancora, lo conosceranno in tutto il mondo! Penasvate di distruggerlo invece gli avete fatto un’ ottima pubblicità.
        Temo che difficilmente ve lo toglierete di torno, almeno per i prossimi 30 anni.
        Io tutto sommato sono contento, anche perché non è che c’è di meglio in giro.
        Quale altro Ballo in maschera scaligero ha in passato meritato applausi?

        • Mi sa che non hai molta dimestichezza con l’archivio scaligero, eh!
          Bjorling-Caniglia/Araujo-Silveri/Tagliabue-Gatta-Elmo dir Capuana/Quadri 1951
          Di Stefano-Stella-Bastianini-Ratti-Stignani/Danieli dir Gavazzeni 1956
          Di Stefano-Callas-Bastianini-Ratti/Tavolaccini-Simionato/Danieli dir Gavazzeni 1957
          Poggi-Stella-Bastianini/Meliciani-Tavolaccini/Vincenzi-Barbieri/Lazzarini dir Gavazzeni 1960
          Bergonzi/Ottolini-Price/Orlandi-Malaspina -Glossop-Meneguzzer-Lazzarini/Barbieri dir Votto 68
          Più movimentate le recite degli anni ’70 che comunque schieravano nomi come: Domingo, Carreras, Pavarotti, Bonisolli, Ligi, gencer, Caballé Cruz-Romo, Verrett, Zampieri, Casals-Mantovani, Cappuccilli, Bruson, Fioravanti, Guglielmi, Santelli, Mazzuccato, Cortez, Lazzarini, Baglioni, Obraztsova, Gavazzeni, Molinari-Pradelli, Abbado.
          Catastrofiche le recite del 1987 con un cast sottodimensionato o fuori-forma che comprendeva Pavarotti/Beccaria, la Parazzini, subito sostituita dalla Pierson e da una giovane Guleghina, Nucci, Pace, Randova, Cossotto, Payne diretti da Gavazzeni. Poi arrivò Muti e furono altre contestazioni.
          I registi avevano nomi come: Wallmann, Frigerio, Zeffirelli, Cavani e Sequi e credo sia stato contestato solo quest’ultimo prima del tuo idolo visto che gli altri (Cavani a parte) hanno goduto di riprese.

          • Ho letto una recensione di Sablich che parla di alcuna reazione negativa da parte del pubblico nei riguardi della Cavani e del suo staff tecnico, nonostante la regia scialba, ma scene e costumi di rara bellezza.
            Le sole contestazioni furono riservate a cantanti e direttore, che cercarono di difendersi sulle pagine del Corriere della sera.

    • Alibi, solo alibi.
      È colpa della Grisi, è colpa dei tradizionalisti, è colpa del pubblico (ma quando applaude allora va bene), è colpa dei vecchi, dei sordi, di chi non capisce, è un complotto per non dare spazio ai gggiovani (ma che età si smette di essere gggiovani?), di chi non vuole il futuro, di chi non vuole riconoscere che tutti hanno lavorato bene… !
      ma, se il pubblico della scala oramai uso a farsi andar bene pressoché ogni cosa, ha reagito in questo modo, non è forse il caso di farsi una domanda? E invece no, certi sovrintendenti, registi, giornalisti, non si pongono domande no, loro non vivono nel mondo reale vivono in un mondo di “Sogno”. Come si può ancora pensare oggi che questa nuova “polverosa tradizione” sia qualcosa di originale? che questa accozzaglia di vecchiume stravisto da 40 anni sia “regia contemporanea” o addirittura il futuro?
      Non c’entra nulla Verdi, il testo, il teatro, quello che certi registi mettono in scena è il loro ego, solo il loro ego, liberamente e acriticamente, e lo fanno con denaro pubblico.

      • Esatto, ambientato in casa verdi.
        Capisco che avrà le sue motivazioni per scrivere ciò che scrive ma per favore prima lo vada a vedere. Sono convinto che si ricrederà.
        Nulla a che vedere con ballo in maschera….glielo assicuro.È lo spettacolo più bello che ho visto di Michieletto.
        Forse scarseggiano nuove opere di nuovi compositori per poter lasciare spazio alla creatività dei poveri registi? Mi pongo questa domanda perché a sentir voi nulla è concesso….

          • No, è che questo sito mi incuriosisce e ne sono affezionato.
            Poi alla fine mi siete anche simpatici….tutti.
            Volevo solo sapere se qualcuno di voi l ha visto a Salisburgo.
            Anche sul tg ne hanno parlato bene!

    • Ecco, siete in due, forse tre.
      Ricordo a lor signori che la Moreni, salvò con ampi voli pindarici e svenimenti il “Ballo” mutiano prima in radio (intervistata durante e dopo la diretta su Radio 3), poi sulla carta stampata, avendo solo qualche larvata riserva nei confronti della Guleghina e, anche in quel caso, si scandalizzò della rivolta del pubblico nei confronti dei cantanti e del direttore.

  18. beh dai questo ballo registicamente era meglio delle ultime due produzioni scaligere. Tra le righe lo fa trapelare lo stesso Donzelli. Se infatti t munisci d un donzellometro che e’ il convertitore dei suoi giudizi in senso piu’ realiatico ne avrai conferma.

    • infatti….non capisco perché il pubblico non ha contestato così caldamente anche le altre produzioni contemporanee. Forse perché questo era l’ ultimo nuovo allestimento contemporaneo di chiusura stagione?
      O lo aspettavano al varco…?
      E’ questo che non capisco.
      Purtroppo non ho visto Oberto, ma da quanto leggo anche questo era contemporaneo “alla Martone”.
      Ma cosa c’è di così dissacrante in Ballo rispetto all’ opera precedente che voi avete visto? Mi aiutate a capire perchè tanto astio se ormai l’ andazzo è questo?

      • ti è gia stato risposto. non le hanno gradite, ma ritengono che contestare si a male( non domandare altro perché le ragioni sono tutte loro..) . alla fine si sono stufati di un annata simile. leggi anche altrove, dove le cose sono scritte chiare….celebrazioni verdiane pessime a milano…ora però smettiamo di ripetere la stessa cosa mille volte. una basta e avanza. ciao

  19. “Non ho capito le contestazioni e non capisco neanche perchè ve la prendete tanto….Non vorrete mica i fondalini dipinti o i tenori con la manina sul petto? L’ opera a mio avviso non è solo bel canto. Michieletto è stato fedele al libretto…”: queste parole, tratte da un post di Albertdc se non sbaglio, mi danno l’oppotunità di alcune riflessioni che espongo velocemente. Ho paura che si fraintendano troppe cose. La contestazione e la critica argomentata sono due cose ben diverse: le prime possono essere ingiuste perché estemporanee, la seconda nasce da una consapevolezza precisa ed espone in modo molto diverso il punto di vista di chi la fa, anche se anonimo o pseudonimo non c’entra nulla (mica c’è da pagarci la tassa, si spera!!). I fondalini dipinti e i tenori con la mano sul petto non li ha mai voluti NESSUNO, e non sono mai stati garanzia automatica di spettacolo riuscito, si possono leggere Celletti e Arbasino che deridevano queste cose quarant’anni fa, ma che anche deridevano gli spettacoli avveniristici, perché ugualmente superficiali. l’opera non è solo belcanto, è vero verissimo, però quando è belcanto è anche stupenda, dà modo di crescere e capire un patrimonio inestimabile che noi abbiamo, mentre ogni sua realizzazione che neghi il belcanto è un’occasione sprecata, tutto qui: non è facile vedere un Ballo alla Scala, ed è ingiusto penalizzare prprio le giovani generazioni facendo loro capire che l’opera è un’altra cosa da quello che la rende “bella artisticamente”, e da lì “interessante” ecc ecc. Michieletto non è stato fedele al libretto perché il libretto non è solo frasi staccate interpretabili a vanvera, quella è una stortura, bensì un testo letterario con didascalie, scritto in una determinata epoca pensando a determinate ambientazioni. Detto questo, mi rammarica il fatto che, per l’incapacità e la pigrizia di capire dove e perché si sbaglia davvero, si preferisca colpire invece chi addita lo sbaglio… non basta poter dire “mi è piaciuto”, “mi sono divertito”, “era bello”, “ha cantato bene”, è necessario EDUCARSI ad avere uno spirito critico, sempre!

    • colgo l’occasione di fabrizio per fare un esempio. Michieletto è stato altamente infedele nell’equivalenza ulrica santona televisiva. Ulrica è misteriosa, si nasconde in un antro buio e misterioso dive si va furtivi. Ìl mistero èregna come l’illegalità delle sue pratiche spaventose. La santona è legalizzata dai massmedia, fa leva sull’aperto e preclaro potere televisivo….ùa scena en plein air ove ha collocato la cornetti, la sacralità del leggio, sono contrari a verdi, allaintroduzione misteriosa, al clima di spavento etc…i due fenomeni non sono equivalenti nel modo in cui sono vissuti, la santona modello dei nuovi credo americani new age, sponsorizzati e massmediaticamente praticati. La maga regina di unocculto che si nasconde e che si teme. La santona non si teme affato. Non c’è equivalemnza musicale nè concettuale nella trasposizione moderna, che allora diventa figuraizione inadeguata al testo verdiano

      • Concordo. Aggiungo che questa produzione, dai video e dalle foto che ho visto, non era altro che un rimasticamento di cose già fatte da altri.

        Il Riccardo uomo politico con Oscar che diventa la sua segretaria? Staatsoper di Berlino, 2009, regia di Jossi Wieler e Sergio Morabito.

        Le prostitute e il cavalcavia? Parsifal alla Staatsoper Stuttgart, 2010, regia di Calixto Bieito.

        Le sagome nella scena finale? Almeno cinque o sei allestimenti di Nikolaus Lehnhoff.

        Ma pensare con la propria testa mai eh?

  20. No ripeto non sei solo anche a me lo spettacolo è piaciuto molto ed anche a tutti quelli che erano vicini a me sia giovani che anziani. Invece sul fronte “vocale” la Grisi ci ha preso in pieno (almeno stando alla recita di venerdì che ho visto io) perchè la peggiore è stata Amelia e il migliore, dopo la Ulrica, Riccardo, e mi pare che sia stata l’unica a scrivere questo, tra tuti quelli che ho letto anche da altre parti.

  21. Tra le difese più esilaranti di questo ennesimo spettacolo trash c’è stata quella di un fan secondo il quale la scritta con i neon “Riccardo Incorrotta gloria” (tra l’altro scena di rara bruttezza visiva…) fosse la testimonianza dell’assoluto valore FILOLOGICO di questa regia… Vi giuro che è vero, non sto scherzando!
    Si potrebbero dire tante cose su questa ennesima presa per i fondelli fatta solo per far parlare di sè, sul pretestuoso senso ‘artistico’ che ne è alla base, ma mi limito a una sola domanda per tutti gli estimatori di questo spettacolo: vi è piaciuto il chiasso che veniva prodotto quasi incessantemente dalle comparse sulla scena? Sì o no? Rispondete solo a questo. Se sì, allora vi meritate tutte le mitologiche signore sorde scartoccianti caramelle appena inizia un atto, tutti i russatori abbracciati a Morfeo sulla poltrona, tutti i telefonini accesi con i giochi sul display, i fatti privati raccontanti nel bel mezzo di un’aria, ecc. ecc. Anzi, sappiate che per la legge del contrappasso dovrebbero capitare sempre e solo vicino a voi!!
    P.S. Un’ultima cosa su Michieletto: ormai è chiaro – penso che proprio non possano esserci più dubbi – che dell’opera non gliene freghi un bel niente. Penso proprio che abbia altri tipi di aspirazioni registiche, ben vengano, ma almeno in questo caso possibilmente senza soldi pubblici, grazie.

    • Vero: c’ era un gran baccano quella sera….ma non è l’ unico spettacolo in cui si sentono rumori di cambio scena.
      Il teatro è anche questo o no?
      Ovvio che la musica non si dovrebbe disturbare…
      A me è piaciuta anche la scenografia, certo meno di altre degli spettacoli di Michieletto.
      Certo niente poesia ma credo che Michieletto non la cerchi.

      • Da Repubblica di giovedì scorso.
        Intervistato a proposito del Ballo in Maschera, Lissner sbotta:-” Ma chi contesta a casa sua veste ancora come ai tempi di Giuseppe Verdi?!”

        Ma perché monsieur Lissner, chi approva a casa sua c’ ha l’ arredamento futurista?? (a Napoli si dice: “mettere le pezze a colore”).

        • Caro Mozart, tanto per tirare le file del dicorso, pensi che ci sia ancora qualche regista in giro capace di fare l’opera in maniera tradizionale come per esempio la faceva Giorgio Strheler? Certo puoi trovare scenografi che ti facciano un contenitore tradizionale (però con il limite della tridimensionalità che probabilmente ha penalizzato tutta la produzione zeffirelliana al chiuso post-Carmen 1977 dove ancora c’era -come in Boheme o nel Ballo qualche soluzione “vintage” ) ma per il resto? Come la generazione precedente alla nostra dovette rassegnarsi alla fine degli allestimenti con le prospettive sghembe (io in trent’anni ho visto solo una Miller a Pavia, il Don Carlos e le Nozze di Figaro di Visconti, l’Aida di Zeffirelli, e un paio di poduzioni del Bolscioi) così noi dobbiamo rassegnarci al minimalismo, all’astratto o alle trasposizioni…che come avrai notato nel bene o nel male fanno quel chiasso di cui la lirica ha bisogno per continuare a trovare finanziamenti o quantomeno a far parlare di sè.-

  22. l’aggettivo “filologico”, poi, è una delle parole più abusate e travisate degli ultimi anni, fra gli pseudointenditori vale ormai esattamente per “averci pensato un po’ su”, e purtroppo non solo nell’Opera…

  23. Ho visto questa nuova(?) produzione del ballo ieri sera. Come ben dicono il titolo del post e DD nello stesso: è la somma che fa il totale, dato che non è stato l’allestimento più osceno della stagione. Non mi è piaciuto e l’ho trovato pieno di incongruenze: Ulrica-Santona; lo stesso spazio adibito a Palazzo di Riccardo e a casa di Amelia e Renato; la trasformazione di Amelia in prostituta nell’indossare il cappotto della passeggiatrice che la rapina (io ho sempre creduto che l’amore tra Amelia e Riccardo fosse puro, solo dichiarato e mai compiuto, ma evidentemente sbaglio); Amelia che non estrae il nome dall’urna, lasciando il compito al figlio (privando di qualsiasi senso quello che lei deve cantare); e così via. Non demonizzo questo spettacolo, altrimenti dovremmo mandare al rogo quello dell’Oberto. L’ho trovato semplicemente chiassosamente inutile.
    Tuttavia, il vero peccato di questa edizione è l’aver prodotto un risultato sciatto (complici il cast vocale e la direzione) di quella che ritengo sia la più bella opera di Verdi. Non un brivido (forse solo, e qui attendo gli strali, nell’arido stelo), non un’emozione, non un colore. Poco di veramente brutto (Ciofi a parte), ma niente di bello. Neanche routine. Solo noia. Insomma: un ballo bonsai.
    Ultima nota: evidentemente timorosi di nuovi attacchi premeditati, non c’è stata alcuna uscita individuale. E credo che questa sia la più veritiera cartina di tornasole della generale mancanza di professionalità, di rispetto per il pubblico e per il proprio lavoro, e dell’incapacità dell’odierna società di accettare le proprie responsabilità…

    • Ciao Jacopo Re, cantava Pretti ieri se non sbaglio, come l’hai trovato? Circa la Amelia vestita da prostituta, non hai forse colto un passaggio. Viene derubata della pelliccia e della borsetta di valore, gli resta il soprabito di dubbio gusto e relativi accessori che quando sono scovati nella BMW dai congiurati fanno nascere l’equivoco per il quale si scatenerà in città il baccano sul caso strano.-

      • Ma se gli spettacoli devono essere tutti contemporanei perché scomodare la musica di centocinquant’ anni fa????

        Ve lo dico io perché: perché degli spettacoli teatrali contemporanei non gliene fregherebbe un c@@@o a nessuno se non fosse per la musica di centocinquant’ anni fa, ecco perché.

        Perciò si riempie il teatro grazie a Verdi e poi si rifila al pubblico lo spettacolo di qualche regista alla tedesca!

      • Ciao albertoemme. Se ho visto bene (ero in seconda galleria, ma con binocolo 10×21) ad Amelia rimaneva sempre la possibilità di coprirsi il capo con il “bel” foulard leopardato che Renato e la stessa si sono scambiati per tutto il duetto d’amore, ma temo che sarebbe risultato troppo convenzionale (per carità, sia mai che alle parole “O fuggi: o che il velo dal capo torrò” debba corrispondere un foulard. Molto meglio il cappotto bianco con collo borchiato e gli occhiali da sole). E’ la presenza in scena del foulard che mi impedisce di seguire appieno il tuo ragionamento, proprio perché un’alternativa all’orrido cappotto c’era.
        Quanto a Pretti. Purtroppo sconta il fatto di non avere un timbro particolarmente affascinante (non riesco a ricordarne il colore, e sì che Riccardo canta e molto). Però mi è parso avere qualche cosa da mettere a posto: in primo luogo il repertorio. Riccardo è un ruolo monstre e sentire un cantante che in zona centrale ogni tanto affonda per cercare un corpo e un volume che la sua voce pare non avere mi lascia perplesso. Lo sentirei meglio, ad esempio, nell’innamorato Rodolfo (La Boheme) o come Gennaro. Per il resto, mi piacerebbe risentirlo, anche perché ieri non era previsto in scena; avendo sostituito all’ultimo l’indisposto Alvarez e avendo cantato pure la sera precedente, gli concedo il beneficio del dubbio.

  24. Ho assistito “finalmente” a questo Ballo e ne sono uscito disgustato: non si tratta di polemizzare o meno sulla legittimità di un’attualizzazione finalizzata a rendere più fruibile e vicino a noi (???) il messaggio dell’opera…non voglio addentrarmi in questo ginepraio, ma concentrarmi unicamente su un modo di far regia che è gratuitamente provocatorio, antimusicale e disturbante. Aldilà del cattivo gusto e dell’idiozia di una trasposizione stile campagna elettorale (non c’entra proprio un cacchio, checché ne dica il Michieletto) trovo persino offensivo dover ascoltare il preludio al secondo atto mentre in scena si azzuffano delle puttane, così pure ascoltare l’aria di Amelia con una serie di controscene fuorvianti. Per tacere poi delle innumerevoli incongruenze tra azione vista e azione cantata (il finale quando parlano di maschere e travestimenti, la scelta del nome dell’uccisore, il sesso di Oscar…). Roba da dilettanti allo sbaraglio…costosissimi dilettanti.
    Ps: tralascio l’esecuzione musicale talmente miserabile da sfigurare persino in un’arena estiva… E ricordo quando venne contestato il Ballo di Muti…

    • Non c’è molto da aggiungere: Rustioni è una garanzia…di cattiva direzione (una banda ha più dignità): fracasso nei finali piatto altrove…e poi lento lento lento. Orchestra imprecisa. Evidenti scollamenti e perdita di tempo… Cast: Alvarez sempre al limite…canta come un cantante pop. Lucic è quello che ne esce meglio insieme alla Cornetti. Il resto da dimenticare, in particolare Amelia incapace di articolare decentemente la lingua italiana e non in grado di controllare lo strumento (le faccio grazia delle numerose stecche e stonature).

  25. Sono arrivato a Salisburgo mi hanno detto che Michieletto ha fatto uno spettacolo bellissimo!!!!!!!

    Vi racconterò!
    Sono curioso!
    Vedrò poi anche gli altri spettacoli! Ho speso una fortuna ma mia mamma mi ha fatto questo regalo fantastico!

      • …con la pubblicità che gli state facendo pensavo foste voi i suoi agenti! No, mi spiace deluderla Signora simpatica, sto solo diventando un suo fan.
        C’ è anche il grande Maestri!!!! Che emozione, non l ho mai sentito cantare dal vivo!

        • …..con la pubblicità che si è fatto lui, ….vorrai dire vero? Non vuoi scrivere? Va bene. Il silenzio per questi che cercano solo lo scandalo e la polemica per far parlare di sè è doveoros omeggio. Idem dicasi per gli utenti provocatori. Saluti a te e a lui, caro simpatico!

        • …..con la pubblicità che si è fatto lui, ….vorrai dire vero? Non vuoi scrivere? Va bene. Il silenzio per questi che cercano solo lo scandalo e la polemica per far parlare di sè è doveoros omeggio. Idem dicasi per gli utenti provocatori. Saluti a te e a lui, caro simpatico!

      • Buongiorno!
        Questo Falstaff è uno spettacolo che sono certo piacerebbe anche a voi! Delicatissimo e raffinato, semplice e non pretestuoso.
        Penso che anche i loggionisti della Scala avrebbero gradito vederlo!
        Spero ce ne sia stato qualcuno ieri ad applaudire all unisono con il pubblico salisburghese.
        Ambrogio Maestri, di eccezionale bravura, come la Cedolin, a mio avviso la direzione un po’ fredda….ma, vista la mia ignoranza mi limito a scrivere questo.
        andatelo a vedere e poi mi direte la vostra!

        • Caro omonimo, tieniti stretto il ricordo di Maestri, che non dico sia quello di dieci anni fa (le mezze voci sono diventate falsetti un po’ fissi e l’estate di san martino piuttosto che il dito o il capello é meno suggestiva), ma l’é na vus che non nasce tutti i giorni. Poi noterai presto come i cantanti, checché ne dicano qui dei rispettivi favoriti, sono TUTTI come le “coperte corte” che se coprono le spalle ti lasciano scoperti i piedi. Saperli amare nella loro incostanza di artisti, saper convivere con i loro difetti (che non significa accettare incondizionatamente tutto) é la maniera migliore per non farsi venire il mal di pancia cronico da melomane o musicofilo che é patologia che (come spiega bene una colonna di questo Blog il prof. Vinci) può essere inquinata da circostanze del tutto estranee alla musica.-

      • Quello ambientato a Casa Verdi, vero? Col vecchio baritono? Guarda prendo per buona la tua valutazione….ma il problema è un altro: di che parla il Falstaff? Di un vecchio cantante in pensione con nostalgie del tempo passato? NO. Se Michieletto – o i suoi simili – pretendono di utilizzare l’opera (qualsiasi opera) come colonna sonora ad un plot completamente riscritto, che cambino mestiere. E’ indifferente il fatto che il risultato sia piacevole o ben fatto (anche Cerniakov è un bravo regista tecnicamente), il problema è l’aderenza musicale. Falstaff è una macchina complessa e delicata, studiata nel dettaglio da Verdi e Boito: questo non significa fedeltà alle didascalie (ma perché no poi…ricordo il Falstaff “padano” di Strehler: splendido esempio di teatro, di bellezza straordinaria e senza cambiare drammaturgia), ma rispetto per i contenuti musicali.

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