I Puritani a Cremona: la perdita del centro.

“La perdita del centro” è il titolo di un famoso saggio della fine degli anni ’40, autore il grande storico dell’arte Hans Sedlmayr, nel quale si domandava quale dovesse essere il centro dell’arte contemporanea, l’essenza della modernità artistica nel suo tempo, una volta dimostrata la scomparsa del ruolo di Dio e quindi dell’uomo dalle teorie  estetiche, a favore delle poetiche astratte.
Spettacoli come quello di ieri sera inducono anche una melomane di vecchia data come me, forse perché ero accompagnata solo da una celebrità accademia della storia dell’arte, a porsi la stessa domanda, perché se di quanto si vede sul palco non si riesce a cogliere la logica che ha istruito e governato l’andare in scena, significa che qualche domanda è ora di porsela. Non che ci si sia ritrovati di fronte ad un fenomeno del tutto originale e mai visto, ma ha sorpreso il venir meno improvviso di tutte le qualità che la stagione scorsa erano state il vanto peculiare di Aslico e dei suoi protagonisti e che avevano suscitato sensibile consenso di pubblico e di critica.
Allestire un‘opera come i Puritani è impresa impossibile al giorno d’oggi, date le carenze oggettive del mercato delle voci, soprattutto se l’operazione ha il target della promozione dei giovani, come sarebbe da statuto di Aslico. I Puritani non sono affatto un ‘opera per giovani cantanti, bensì per professionisti capacissimi e rodati, il tenore soprattutto. Idem dicasi per la bacchetta, data la grandiosa articolazione della partitura e la messe di questioni vocali ed interpretative da amministrare. Ragion per cui la direzione artistica ha optato per due professionisti a tutti gli effetti in carriera per Elvira ed Arturo, e due “giovani”, Renato e Riccardo, consegnando le redini della produzione a colui che l’anno passato aveva offerto la prova più brillante sul podio di Medea, il maestro A. Pirolli. Strategia fruttifera, ma che ha provato come il centro dell’operazione, ossia la ragion d’essere di un produzione consacrata ai giovani, sia perduto in partenza, perché i giovani sono la minoranza del cast, sia per numero che per onerosità delle parti. Certo, al melomane, che lo spazio sia dedicato ai giovani o ai vecchi poco importa, perché cerca la musica, il titolo e magari anche il protagonista, ma è sicuro ed innegabile che la ragione ispiratrice di una operazione in teoria funzionale alla promozione giovanile si fosse da subito perduto per strada.

La serata è stata applaudita e contestata, con vario esito a seconda degli artisti. In ordine di non gradimento di pubblico, da parte di loggione e palchi:
– Gli allestimenti Aslico hanno incontrato più di una volta favore di pubblico, perché aderenti ad una filosofia del fare con budget limitati non velleitaria e di gusto sobrio. Nessun eccesso, niente pacchianate, un buon ed efficace servigio al testo, che il pubblico mi pare abbia sempre riconosciuto ed apprezzato. Ieri sera di tutta l’ambientazione suggestiva della Scozia seicentesca, degli spalti del castello, delle stanze di sapore medioevale, del clima austero del puritanesimo anglosassone filtrato dal modo romantico e tutto ottocentesco di ricostruire la storia, nemmeno l’ombra. Il grande affresco storico di Pepoli stravolto dalla coppia necrofila regista – scenografa Rifici -Buganza che ci hanno obbligato, per tutta la sera, alla contemplazione di una parete di loculi grigi attraverso la quale, su carrelli a mo’ di cella frigorifera da obitorio, i protagonisti entrano ed escono sdraiati come cadaveri. Trasversalmente alla scena una passerella metallica, setti scorrevoli semitrasparenti a metà tra minimalismo giapponese ed architettura industriale, una improbabile scala a mezza elica bianca e svariati “accessori” scenici che hanno fatto la loro comparsa coll’andare della serata, tra cui una coppia di bare di legno a terra, panchina da giardinetto, cespuglio in vera plastica, stendardi insanguinati ed un cervo appeso, cassette di mele…..Idee registiche assenti, di cui colpisce la cifra cimiteriale davvero inadeguata ed imbarazzante, per una banalità senza gusto, luci en plein air che non contribuivano minimamente alla costruzione di una qualsiasi atmosfera. Un apparato inutile ed urtante, in conflitto con la musica ed i suoi climi, il soggetto, la vicenda umana dei protagonisti. Non nuova, ma gradevole, l’idea del presagio della pazzia di Elvira al primo atto, con il velo da sposa gigantesco che cala dal soffitto, ma non bastante. Il senso di una nuova produzione così estranea al testo, apertamente macabra e poco poetica non è stato colto nè da parte mia, nè della mia ospite colta, nè del pubblico intorno a me, a giudicare dai commenti. Ma che i registi d’opera abbiano perso da tempo il “centro” della loro professione, è fatto assodato e mettiamo subito l’interrogativo nel cassetto.

La direzione d’orchestra del maestro Pirolli, il dato negativo più sorprendente. Sono stata entusiasta della sua Medea, dalla concertazione bellissima perché varia, attenta, ricca intenzioni, in sintonia con il canto, mai rumorosa, pulita negli attacchi. Ieri sera l’eccesso di decibel è stato evidentissimo, fastidioso e gratuito, al primo atto numerosi attacchi imprecisi dell’orchestra come pure alcune entrate del coro. L’insistenza sul forte ( concertato primo ) , alcuni eccessi di velocità che impedivano ai cantanti di prendere fiato oltre che di trovare nuances ( soprattutto il duetto Elvira Giorgio, l’aria di Giorgio al secondo atto, la sezione centrale del duetto Giorgio Riccardo..), sono stati solo in parte mitigati dal vigore orchestrale di certi passi, come la stretta del duetto Giorgio Riccardo, o dalla suggestione del temporale del terzo atto. Una direzione fracassona ed inutile, data la stupenda acustica del teatro, da cui è stato necessario riparare le orecchie più di una volta, che ha urtato il pubblico, costretto troppo spesso i cantanti sul loro fortissimo, tolto elegia al canto. Una direzione inadeguata all’opera, anche perché troppo asservita alla prestazione di un tenore in adeguato alla parte. Non c’è soccorso alcuno che una bacchetta possa offrire ad un tenore in un ruolo terribile come quello di Arturo, non c’è taglio o abbassamento che possa essere organizzato su una parte che non ha mai perdonato nemmeno i grandi del passato, laddove chi vesta i panni del protagonista non disponga di una tecnica di canto pressoché perfetta. Nella generale svendita di ogni cosa, siamo arrivati a postulare il tutto per tutti, dimentichi che cantare non è solo “avere le note”, ma possedere un MODO in cui eseguirle una per una, una dopo l’altra. Abbassare e scorciare il duettone, come tagliare la grande aria, da capi o code, o affidare al soprano frasi della terribile scena finale per un tenore che non possiede il requisito di base per partire ad approcciare questa opera, ossia l’emissione, e che non può amministrare la linea vocale secondo i requisiti del belcanto, con voce libera, senza sforzo, astratta, senza contrazioni di gola, vuol dire …non aver capito in che consista questo genere di opera. Vuol dire negare il compositore. Vuol dire….domandarsi quale sia il “centro” della propria prestazione sul podio. La correzione del tiro da parte del maestro Pirolli, che continuo a ritenere capace, è necessaria per il prosieguo delle recite, in primo luogo per i suoi standard artistici, che gli impongono di lasciare cantare le voci, di dar loro fiato, di fare musica come sa fare e non fracasso. Come pure di astenersi da dichiarazioni inutilmente servili alla situazione, come quella circa gli acuti urlati dei tenori che affrontano i Puritani non disponendo del falsettone, o dell’astenersi dal confronto con dischi fatti in studio perché alterati, dato che in passato i Kraus, i Pavarotti, i Gedda, i Blake, i Merritt, i Raimondi, persino i Filippeschi non sono stati invenzioni discografiche, ma realtà tenorili vere, di palcoscenico e onestamente documentate!
Con questa realtà tenorile difficile da portare a casa, la versione Malibran adattata sarebbe stata scelta oculata, saggia, da grandi praticoni del podio. Ma resta sempre la domanda sul “centro” dell’operazione: perché faccio questo titolo? qual è la ragione della scelta?

Dell’esecuzione di Arturo del signor Terranova vi ho in parte già detto. Il punto è che quando una voce ha questo assetto, il suono spesso e ingolato, nessun legato sul centro, primi acuti spinti risolti con contrazioni di gola, le note alte costantemente prese “ da sotto”, capacità di cantare solo forte, i Puritani non si fanno. Non c’è modo alcuno di cantarli, a meno di ghermire, sbranare ogni frase con i denti, mettendo nelle orecchie del pubblico solo lo sforzo di ciò che per propria estetica rifiuta lo sforzo. Certe emissioni si tollerano in Turiddu, nelle Aide areniane, nel canto stentoreo dei provinciali, sempre che siano accompagnate da volume straripante, ma  non certo nel repertorio di Rubini. E se protagonista esteriore o di poco stile doveva essere, doveva avere gli acuti epici di un Filippeschi e non le note “indietro” e strozzate sentite ieri sera. La linea di canto DEVE avere dinamica, il suono legato, che si piega ad essere smorzato e rinforzato, la frase deve essere PORTA e non sbraitata in modo concitato per l’affanno e la fatica a reggere la tessitura. Lo stile belliniano è legato insindacabilmente alle capacità tecniche,e se non si hanno non si può barare. Il signor Terranova, inoltre, non si è presentato a vestire i panni di Arturo con un curriculum composto da brillanti prove in Lucia di Lammermoor, Rigoletti eleganti e squillanti, Sonnambule o Favorite, ed i do di Fille significano poco di fronte alle scritture altissime,talora vigorose e di slancio, talora patetiche di Rubini. I buh finali, esito previsto sulla carta, sono stati guadagnati tradendo autore, musica, stile, tradizione esecutiva, insomma perdendo anche qui “il centro” del canto belliniano. E con esso, “il centro” sui cui si fonda una carriera, perché francamente, come tutti quelli che ho udito parlare all’uscita, non c’è ragione razionale perché questo tenore, che pure ha un suo repertorio e contratti per lavorare, decida di imbarcarsi in un’ avventura tanto onerosa quanto inutile.
Il baritono Alessio Arduini era Riccardo. Ha una voce sonora, di timbro tenorile. Ha dato l’idea, da lontano, di soffrire certi tempi della direzione. Ha alternato buone intenzioni con frasi generiche, piuttosto esteriori, e, soprattutto, ha dimostrato di dover lavorare ancora sul legato, carente nella bellissima nenia del primo atto. Ha un po’ sofferto nel volume nel duetto con il basso, dalla voce più ampia. Bei consensi di pubblico.
Luca Tittoto, nella parte di Giorgio, è stato molto bravo ed ha avuto notevole successo. In primo luogo ha vera voce di basso, il che è una rarità, bel timbro e buona emissione. Ha patito la strettezza continua in cui la bacchetta la ha costretto con i suoi tempi, pagando sul piano del fraseggio con una certa monotonia, cantando spessissimo sul forte-mezzoforte. Una direzione diversa gli avrebbe consentito di fare molto meglio.
Jessica Pratt mi è piaciuta, ma, per quanto io la ritenga la migliore Elvira di oggi, credo possa fare ancor meglio in questo momento. La perfezione esibita in Adelaide non c’è stata anche se ha cantato molto bene, perché ha sofferto il volume orchestrale ( ha dovuto cantare spesso sul forte, un po’ per passare la buca e un po’ per l’ansia, che prende i cantanti allorchè percepiscono davanti a loro una grande volume sonoro). Mi è parsa molto più fluida che non in passato nella Polacca, buona interprete della pazzia, anche se ancora troppo “costruita” nella cabaletta. Non le manca lo slancio necessario ad Elvira, come pure il canto acrobatico, ma forse le ha fatto difetto un po’ di quel languore e di quella malinconia, che segna la cifra della grande belcantista da Bellini. Avrebbe meritato di poter cantare il duettone con un partner suo pari, o che –adeguata riparazione- almeno le fosse concesso, come a ciascuna primedonna di rango, l’ “Ah sento o mio bell’angelo”. Per dovere di cronaca, sono state mancate le frasi dell’”Ah rendetemi la speme” fuori scena, peccato veniale, ma che non possiamo fare a meno registrare, assieme al suo grande, meritato successo.

Morale della favole: una grande occasione mancata per fare musica a buon livello perché la scelta di base, quella operata sulla parte Rubini, non era adeguata, con danno collettivo per bacchetta, protagonista e produzione, quasi che tutti avessero perso il senso vero delle cose, il “centro” dell’arte del canto, della professione di direttore e di cantante. Cosa è stato centrale in questa produzione, in realtà, come anche nella maggioranza delle produzioni odierne? Un tempo erano i protagonisti in scena e la partitura, certamente oggi non è più così. E cosa è stato posto ora al centro di questa arte?

75 pensieri su “I Puritani a Cremona: la perdita del centro.

  1. Divina Giulia i tuoi articoli sono sempre così belli e puntuali da intimorire, timidamente e malamente informo che ieri sera all’Opera Giocosa di Savona ho assistito alla farsa rossiniana IL Signor Bruschino. Compagnia tutta di giovani scene e regia di Elisabetta Courir direttore Giuseppe La Malfa. Sui cantanti nulla posso dire perché, senza eccezioni, mi sono sembrati solo esempi di malcanto, taluni senza nessun tipo di voce ed inudibili. La direzione d’orchestra avrebbe tentato qualche idea ma il livello degli orchestrali non ha permesso altro che la fatica di tenerli assieme. La regia banale e assurda ha fatto cantare i protagonisti dai palchi e nella platea per poi posizionarli con due tavoli e sedie in fondo al palcoscenico, ponendoli, persino, a cantare seduti con le spalle al pubblico. Insomma una farsa tragica, il teatro era solo mezzo pieno ma grandi applausi per tutti.
    Dunque, mi pare che il centro si allontani inesorabilmente, poiché assistiamo, sempre più, all’incompetenza e al raffazzonamento del pubblico e all’annaspare dei Teatri ed in particolare di quelli di Tradizione e di chi altro, con eroico furore, cerca di tenere in vita un’arte alla quale sono venuti meno gli esecutori.

  2. Cara Giulia, In un periodo storico in cui la lirica soffre acutamente la mancanza di direttori preparatori di palcoscenico, la mancanza di voci adeguate a repertori standard, la mancanza di registi,scenografi che facciano il loro dovere e non cerchino il dissenso artatamente per ottenere gloria, ecco che teatri,festival, si sbizzarriscono ad offrire opere OFF-LIMITS per la difficolta esecutiva. Dal che se ne deduce che si cerca spasmodicamente il tonfo.
    Verrebbe da pensare che l’incarico di direttore artistico di un teatro oramai è compito di uno psicanalista. Dopo queste bare disseminate dappertutto, sarà il tempo delle recite nel luogo deputato, Il Cimitero!

  3. Su regia e direzione non concordo pienamente.
    Lo spettacolo di Rifici può piacere o non piacere, può essere di cattivo gusto o di gusto rifinito, può essere azzeccato o offensivo…ma ci siamo trovati davanti ad una vera regia con delle idee (che possono essere discusse, ovvio), un uso sapiente delle luci (certi momenti sembravano quadri fiamminghi), cura estrema nei movimenti e senso musicale. Alla fine credo che non si possa parlare compiutamente di questo spettacolo se di esso non si ha avuto una visione complessiva: e non solo del boccascena…e lo dico con una polemica nei confronti di questa filosofia di allestimento (perché credo che non sia giusto fare spettacoli che possono essere “apprezzati” solo da mezzo pubblico!) Trovo ovvio che possa piacere o non piacere, ma la differenza tra questa e certe imbarazzanti e dilettantesche produzioni (bergamasche ad esempio) è evidente: a me certi aspetti non hanno convinto, altri mi sono parsi di cattivissimo gusto, altri ancora mi sono piaciuti.
    Stessa cosa per il direttore. Il Ponchielli è teatro piccolo e dall’acustica problematica: dal mio posto l’orchestra non sovrastava mai i cantanti e il suono era perfettamente amalgamato. Le voci arrivavano perfettamente all’orecchio (purtroppo o per fortuna a seconda dei casi). L’unica reprimenda che mi sento di fare a Pirolli è un certo eccesso di speditezza in alcuni punti che avrebbero meritato maggior liricità (la splendida cantilena del basso, ad esempio). Ma è peccato veniale che non giustifica certo i fischi che ha rimediato alla fine…
    Neppure condivido a quale monotonia di fraseggio ci si riferisca (per il basso), che è stato ottimo senza alcun appunto da muovere, almeno per me (certo che con un atteggiamento da vivisezione nessun interprete ne uscirebbe indenne, neppure Schipa).
    Mi auguro solo che l’ascolto della medesima produzione in un teatro diverso (e magari da posizioni diverse) possa dare maggior equilibrio e soddisfazione a sensazioni necessariamente parziali e contrastanti.

    • Ti dico che non mi sono piaciute e le ho trovate di cattivo gusto, ma tecnicamente era una regia ben fatta e studiata nei dettagli: ho trovato splendidi certi effetti di luce…alla Vermeer. Bei costumi e, tutto sommato, un allestimento non povero (non un buco nel pavimento)… Non discuto che piaccia o meno (e non è importante) però non era roba da dilettanti allo sbaraglio ecco. E neppure un concerto in costume.

  4. Un saluto a tutti i grisini!
    Sono reduce dalla recita domenicale del Ponchielli. Parto in quarta: lo spettacolo in sé mi è piaciuto. La Pratt, ascoltata l’anno scorso in Sonnambula, si è rivelata grande interprete belliniana. L’inizio però è stato tragico. Fino alla Polacca la Pratt non riusciva a sovrastare l’orchestra, colpa anche di Pirolli, le sfumature non si sentivano, la voce era fiacca e debole. Poi, via via,è riuscita ad acquistare volume, sfoderando i suoi poderosi acuti. Una piccola postilla: mi sembrava un po’ troppo legata alle agilità… Di Terranova ne ha già parlato M.me Grisi. Vorrei aggiungere, se permettete, che NON esistevano sfumature. Ma mi sembrava che abbia cantato meglio, più misurato, nella recita di oggi che in quella del video che avete caricato. Durante il finale III dai palchi si sono sentiti litigi e urla tra alcuni del pubblico. Causa forse pareri differenti sul tenore? Il quale è stato fischiato alla fine se ne è andato dal palcoscenico ed ha raggiunto direttamente i contestatori sul palco. Purtroppo non ho potuto ascoltare Tittoto, sostituito da Ugo Guagliardo. Voce piuttosto potente ma con difficoltà nel registro basso…
    Carmelo Rifici ha completamente travasato Bellini. Nelle note di regia dice che Arturo scappa con Enrichetta, perché donna appassionata e passionale, qualità che mancavano totalmente a Elvira. Si tratta per lui, quindi, di una fuga d’amore. Inutile dire il mio disappunto.
    Filippo II

  5. Una domanda: + che video parli? L’altra sera c’ero io sola e non hofatto alcun video, ne’ audio ….anche se devo dire di aver visto qualche luce in centro e una maschera che ha detto qlcsa a un signore…

  6. Filippi ha scritto “Durante il finale dai palchi si sono sentiti litigi e urla tra alcuni del pubblico. Causa forse pareri differenti sul tenore? Il quale è stato fischiato alla fine se ne è andato dal palcoscenico ed ha raggiunto direttamente i contestatori sul palco. ”

    Ma li ha picchiati ????

    • pare la signora Caucci, sovrintendente del teatro, lo trattenesse per la giacca. Mi sarebbe piaciuto essere presente! è altresì probabile che i dissensi fossero orchestrati per motivi esterni all’opera….come spesso accade.

      • Scusa paoletto ma non ho capito. Spesso accade che i dissensi siano “orchestrati per motivi esterni all’opera”? Quindi immeritati? Ma chi te le racconta queste fesserie? Io qui sento un tenore fuori da qualsiasi logica di scritturazione, che avrebbe meritato un trattamento ben più severo della manciata di fischi che pare aver preso.

      • e i consensi invece chi li ha orchestrati?
        Il “bravo” dopo un simile “credeasi misera” si spiega solo ipotizzando qualche grave patologia all’apparato uditivo (presumendo la buona fede, ovviamente).

        Quanto ai dissensi, sono stati fin troppo contenuti. Un simile orrore non avrebbe dovuto arrivare alla fine.

        • Ero presente alla recita e ho potuto constatare di persona un atteggiamento di violenza inaccettabile verso quelli che volevano esprimere il consenso. Voi forzate la volontà al limite della prevaricazione fisica e impedite alla gente di applaudire. Siete disonesti e vigliacchi, in più con atteggiamento intimidatorio. Siete poi in malafede, perché Terranova ha cantato meglio della Pratt, la quale ha sfoggiato una voce afonoide nel centro e con acuti sempre al limite dell’urlo. Terranova invece ha cantato con uno stile quasi impeccabile, con la sua consueta generosità. Io ero presente nel loggione e ho potuto constatare di persona di quanta malafede siate capaci voi nei vostri comportamenti e nei vostri terrorismi organizzati, d’altronde basta leggere le vostre affermazioni da clinica psichiatrica. Non siete nessuno e non avete nessun titolo per giudicare degli artisti che hanno il coraggio e la volontà di misurarsi con spartiti al limite della resistenza vocale. Voi siete i disonesti, voi siete i prepotenti, voi vi organizzate per buare gli artisti non per un fatto oggettivo, ma per partito preso. Ho pena per voi e per le vostre miserande esistenze, perché è ovvio che gente che spreca la propria vita in simili passatempi debbono sicuramente vivere male e con frustrazione la propria squallida vita. Sono contento che qualcuno abbia avuto il coraggio di opporsi ai vostri atteggiamenti intimidatori, mi auguro solo che la prossima volta qualcuno di voi, oltre agli insulti e le lecite rimostranze, si pigli anche un sonoro ceffone.

          • La violenza e l’intimidazione fisica e verbale sono l’ultima risorsa di chi non disponga di idee e parole capaci di opporsi a quelle altrui. A smentire la fola che Jessica Pratt sia afonoide e al limite dell’urlo bastano, oltre all’esperienza diretta, i racconti di chi più volte l’ha udita in teatro, nonché, ancora più pregnanti e attendibili, le testimonianze audio e video di quelle recite. La nostra persona, al solito, conta niente e al solito le contumelie e le ingiurie personali qualificano chi le formula e non già chi ne costituisce il bersaglio. Certi interventi smaccatamente partigiani, qui e altrove, evidenziano e provano soprattutto una totale e assoluta disperazione, oltre che un’assurda ostinazione a battere sempre e solo la strada dell’insulto al pubblico. Pubblico peraltro già insultato dalla qualità di un’esecuzione musicale, che sarebbe pietoso definire provinciale. Insomma, una volta i Puritani nella provincia padana li cantavano Kraus e Pavarotti.

          • Patetici, davvero patetici i livelli dei Black bloc operistici non dissimili da quelli romani quanto a cialtroneria, squallore e cafonaggine; ma da questi poverini non ci si può affatto aspettare discorsi sul canto o sulla storia dell’interpretazione, solo ceffoni, pizze e applausi a vanvera.
            Immagino che goduria… poveri disperati
            Non c’è problema, c’è sempre la denuncia e non contro ignoti…

            Marianne Brandt

      • e’ sempre probabile che le supposte orchestrazioni siano l’alibi di chi fa male. Non ho mai visto un cantante dare la colpa a se stesso delle proprie scelte e delle proprie mancanze. Mai visto un cantante cantare bene ed essere buato. IL signor Terranova deve rassegnarsi ad una cosa: che no è così importante perchè si orchestrino contestazioni contro di lui. sarebbe fatica sprecata.

    • “i contestatori sul palco” ehmm … nel palchetto? O sul palcoscenico?!?! Sarebbe bella, quest’ultima ipotesi: gli “indignados” della lirica occupano il Ponchielli!
      Per inciso, sottoscrivo dalla A alla Y (alla Z sarebbe troppo hihihihi) la cronaca della Signora Grisi. In particolare lo spettacolo è assolutamente indifendibile. Dama Giulia si è trattenuta dal descrivere due vere chicche: la “mela astuccio” dell’anello nuziale ed Enrichetta (cioè la sua controfigura: ma quante ce n’erano? Alla fine ho perso il conto…) emula di Guglielmo Tell con tanto di balestra e tiro di freccia al cervo!
      Sobran comentarios.
      Cordialità

  7. Seguo da sempre e solo l’insegnamento di chi colleziò trenta e più anni di carriera con la qualità del canto e la professionalità ossia la signora stignani la quale ricordava che un cantante vale per quel che fa sul palcoscenico e per questo deve essere giudicato.
    A questo aggiungo l’altro insegnamento ovvero quello che ho sentito de visu enunciare da madga olivero e renata tebaldi “il pubblico va rispettato”.
    Giro la domanda che rispetto ha un cantante di sè medesimo, come uomo, prima ancora che come cantante e del pubblico, poi, quando del pubblico stesso non accetta il giudizio e minaccia scene e compartamenti, che mi auguro, per lui, non rispondenti alla verità.

    • Mi permetto di rispondere al signor Donzelli visto che ieri sera ero nei camerini proprio alla fine dell’opera… Il signor Terranova aveva con sè una nutrita claque , da cui il “bravo” alla fine del “credeasi misera” e le parole grosse volate poco dopo! Come da lui stesso sfoderato all’uscita, è davvero andato a rincorrere colui/coloro che hanno osato contestarlo…. All’uscita del teatro, accompagnato da un codazzo di persone, si è messo a declamare i suoi prossimi impegni nel campo della fiction televisiva ed ha salutato tutti con un bel “sostenetemi!!!!!”.
      E’ stata una cosa davvero patetica!
      Ma quello che mi ha fortemente infastidita non è solo la mancanza di rispetto verso il pubblico nel suo insieme (gesticolare indicando “ora vengo ad acchiapparvi” mentre parte del pubblico lo applaudiva non è stato un bello spettacolo!) ma anche verso gli stessi colleghi e l’orchestra!!!
      Insomma, un campione non del bel canto ma di cattive maniere!

  8. Il litigio mi interessa fino ad un certo punto. Certo è che hanno disturbato la prima parte del finale III. E Terranova, come un focoso Turiddu, all’inizio ha cantato con il viso rivolto verso quei palchi. A ragione. In questo caso lasciamo da parte le sue pecche. In quel momento era importante il rispetto per l’opera e i cantanti.

  9. insomma c’è un salto di qualita,prima un cantante che veniva contestato,si andava a nascondere,oppure mostrava indiferrenza,o li mandava a quel paese con un bel sorriso,adesso lasciano il palco e menano le mani.

  10. Confesso di non comprendere i motivi di tanto bruciore (parlo soprattutto di quel che si legge altrove in merito all’argomento), men che meno le ragioni dei “tafferugli” o delle reazioni così smisurate. Lo scrivo soprattutto per chi coglie l’occasione per le solite accuse di sabotaggio o amenità similari: ma ci si rende conto che non era l’inaugurazione del Festival di Salisburgo? Ma quale macchinazione dovrebbe mai esserci dietro? Si tratta di uno spettacolo di provincia per certi versi riuscito e per altri meno: con un tenore con qualche evidente problema. Punto. Alla fine ci sono stati applausi (non travolgenti, data la nota freddezza del pubblico cremonese), alcune contestazioni al tenore suddetto e fischi (a mio giudizio immeritati) al direttore e al regista. Non capisco davvero il clamore: in tutto il mondo si applaude e si contesta (io personalmente non fischio mai, mi limito a non applaudire o a lasciare il teatro), in tutto il mondo la cosa è accettata. Qui da noi non è così. Evidentemente siamo un paese a libertà vigilata. Basta, ne prendo atto: però vi prego, non continuate ad attribuire successi o insuccessi a fantasiose azioni di un gruppetto di persone che si divertirebbe a creare trambusti. Non è così e lo sa benissimo anche chi ci accusa! E’ un gioco noioso e facilmente smascherabile.

  11. Ero in loggione ieri pomeriggio e ho assistito di persona al litigio che si è verificato alla fine del terzo atto. Per la verità si è trattato del comportamento di un singolo individuo che al termine del credeasi misera ha incominciato ad applaudire fragorosamente gridando più volte “bravo” all’indirizzo del vociferante tenore, per giunta aggredendo in malo modo, con gesti e parolacce, alcuni spettatori che chiedevano silenzio fintantoché la musica non si era ancora fermata, data la sgradevole abitudine del pubblico di applaudire sulle code o sugli ultimi accordi dei pezzi musicali, prima che il suono finisca. A quel punto sono intervenute le maschere per allontanare il personaggio (chiaramente un claqueur). Un episodio davvero spiacevole.

  12. Il punto dell’ira di Pasotti è chiaro. Il tenore deve essere più bravo del soprano. Domenica la Pratt ha ricevuto tanti appalusi e brava….troppi per il suo gusto. Ed ecco l’ira. Eppure eravamo di fronte ad un prestazione che oggi nessun soprano può offrire, prestazioni di quelle cui non siamo più abituati sul piano tecnico vocale oltre che espressivo, che non si possono ascoltare dalle star ufficialmente riconosciute. Di qui i brava, che la sera della prima, non eccellente come domenica, non ha suscitato. E la rabbia di chi si è sentito provocato. E’ inutile aggredire per affermare che sono bravi entrambi allo stesso modo, non è così. Ed è patetico chi urla bravo ad un A te o cara ancora peggiore di quello della prima sera, con la voce tremolante e malferma dall’attacco. Ha cantato meglio il terzo atto, in modo più tonico, e si è sforzato di essere più composto, questo va’ detto. Ma non basta, perchè resta estraneo all’opera per impostazione vocale, stentoreo: non è un belcantista. Il signor Terranova pratica un canto ben preciso, non nuovo ma diffusissimo, adatto a repertori spinti di altro genere. E’ inutile sbraitare che sono bravi entrambi, perchè è falso. Magari nel duetto del primo atto sarebbe già un’altra questione, ma nei Puritani o opere simili, no. Se poi nei teatri di provincia basta fare le note a squarciagola per piacere questa è altra questione, ma allora è il pubblico che non conosce le differeze stilistiche tra queste opere ed altre più tarde di altri compositori. Ma non si può impedire a chi conosce e percepisce le differenze di esprimersi. La verità è sempre più quella che ho scritto in recensione,dato lo svolgersi dei fatti, che i Puritani sono opera da grande teatro, e non da Aslico provincia. E la Pratt li dovrebbe eseguire iu un grande teatro, perchè adesso è cantante da grande teatro e non da Aslico ( avete un nome di chi li canterebbe meglio oggi?…io non conosco…).
    Qui non è questione di essere o non essere fans, perchè vorrei questo modo di cantare per ogni cantante, vorrei ascoltare questo impianto vocale in baritoni o bassi o mezzosoprani osoprani spinti etc..: è questione di potere e sapere ancora parlare nel merito delle cose, cogliere le differenze tra i cantanti,i modi del canto, gli stili esecutivi, e ritornare a dare ai ruoli must il giusto adeguato valore e riservarli, come da che mondo è mondo, a pochi eletti, perchè tale è il belcanto per sua natura e storia.
    Tutto il resto, le accuse di complotti, minacce, i grisini, sono chiacchiere da cantori e clacchettari di terz’ordine che frustano la sella per risparmiare il cavallo. Mi spiace, e mi sorprende, che un professionista come Terranova pensi e speri di nascondere il flop di cui è il solo responsabile, assieme a chi lo consiglia, accusando e minacciando a vanvera. Riconosca piuttosto, che ha potuto eseguire tutta l’opera senza essere disturbato, con un A te o cara imbarazzante che meritava la riprovazione immediata. I disturbatori sono immaginari e creati ad hoc per avere degli alibi dietro a cui nascondersi. Le parole di Pasotti, ammesso che si chiami così dato il diverso indirizzo mail, sono patetiche e la prova che chi aggredisce lo fa per ignoranza e mancanza del senso delle cose, o spirito di parte. Quello che poi si attribuisce ai sottoscritti.
    A chiosa della faccenduola di paese, la sera della prima era in loggione la sola sottoscritta con persona estranea all’opera, ed i bu sono venuti da piu’ persone che nulla hanno a che fare con questo sito e che normalmente frequantano i teatri. Libera espressione di dissenso di persone che hanno nomi e cognomi, e che hanno fatto bene ad esprimersi se ritenevano di doverlo fare. Quanto a questo blog, nessuno ha detto un amen, compreso Duprez in platea. E siamo in grado di dimostrarlo, come sempre. Attenzione dunque alle accuse di comodo a vanvera…

    • Ma poi, lasciamelo dire Giulia (condividendo tutto quel che hai scritto)…ma quand’è che FINALMENTE si smetterà di discettare sul “bon ton” del pubblico per concentrarsi maggiormente su quel che accade in scena e in buca? Io mi sono un po’ stancato di leggere lezioni su quel che il pubblico non dovrebbe fare (se applaude è accusato di applaudire troppo poco; se esce da teatro quando cala il sipario è accusato di ingratitudine e maleducazione per non restare seduto a tributare apprezzamenti ai cantanti per almeno mezz’ora; se fischia è un teppista; se “bua” è un sabotatore complottista prevenuto; se zittisce è un cafone; se contesta è incivile…MA CHE DIAMINE DEVE FARE???). Se i novelli “monsignor Della Casa” che stilano patenti e norme di comportamento si occupassero maggiormente della qualità, a volte infima, di quel che va in scena, piuttosto delle reazioni (sempre legittime) di un pubblico che paga il proprio biglietto (e contestualmente la libertà di giudizio), non sarebbe meglio per tutti?

      • ma mi pare che i Della Casa diano lezioni al pubblico afinchè faccia ciò che LORO vogliono che faccia per il loro interesse. il bon ton è stato inventato da quando si è deciso che non si parli più nel merito delle cose, cioè il canto.chissà come mai quando è in ballo qualcosa di bello, non si parla mai di bon ton ma del successo. Del resto quelli che da qualche anno molto ne parlano sono i peggiori e i più squallidi sostenitori di questo sistema lirico ameritocratico e marcio. Danno la caccia allo spettatore che rileva la loro mediocrità perchè con le buone o le cattive deve essere portato ove fa comodo a loro..Se poi guardiamo da vicino la classe di costoro, beh….poveri noi!

        • Ma… sapete, quando non c’è nulla da dire sulla scena, sull’opera o sui cantanti di qualcosa bisogna pur parlare: la Aspesi parla dei vestiti e della Marini, da altre parti ci si riempie la bocca e le pagine di “bon ton” e reazioni falso-pseudoschifiltose-politicamente-corrette sul pubblico per la serie “questo non si dice, questo non si fa”. L’importante è applaudire acriticamente e sempre con letizia; l’importante è non esprimere la propria opinione: sarebbe sinonimo di libertà e la libertà è, oggi come oggi, ineducata…
          E francamente di questi signori del “bon ton” me ne infischio.

          Marianne Brandt

          • Mi associo a tutto quando avete detto. Aggiungo che trovo la missiva del sedicente signor Pasotti di una cafoneria indescrivibile. D’ altronde si sa, messaggi di questo tenore di solito provengono dall’ entourage del cantante in questione e prima dell´avvento di internet ti arrivavano a casa per posta, in forma anonima o con firme fittizie, come nel caso in esame.

          • Ieri sera, alla fine del primo atto del Rosenkavalier, con un amico, unici e soli in sala, abbiamo buato la marescialla e siamo stati subito ripresi dagli spettatori vicini che, plagiati dal consenso generale, si sono autoproclamati guardiani dell’ordine pubblico ! Sono tempi che se dissenti già sai di dover sostenere la disapprovazione generale, te ne puoi infischiare ma solo pochi sono disposti a farlo, dunque solo applausi per tutti.

          • Cara Olivia, sai che la Schwanewilms è una GRANDE CANTANTE Non c’è una cantante al mondo che faccia delle stecche come le fà lei. Non si fischiano artisti di tale irragiungibile livello! Soprattutto ALLA SCALA! Vergognati, ingrata e presuntuosa.

      • Concordo con Duprez: comunque vada, non va mai bene niente! Mi ricordo ancora le faccie allibite di alcuni soloni della critica, una sera alla Scala in cui si aspettavano chissà quali reazioni dal loggione: “Ma come? I “grisini” non reagiscono?!?”
        Cioè, se non ci siete quasi quasi vi invocano. La lettera del “supposto” Pasotti (la cui identità giurerei di conoscere…) lascia il tempo e -quel che è peggio- il tenore che trova. Sostenere che la Pratt abbia cantato male e che sia “afonide” è una barzelletta, specie dopo queste recite ormai ben documentate da registrazioni audio.
        Il tenore è stato buato? Tranquillo, Gianluca: è capitato per molto meno pure a Pavarotti che non ha fatto una grinza e quindi sei in buona compagnia.
        Piuttosto mi preoccupa una diceria che trovo assolutamente faziosa, falsa e tendenziosa e perfidamente cattiva: si dice che la Pratt si faccia accompagnare da fans che buerebbero i tenori. Ho provato a ribattere che quando canta con Albelo o Mukeria ciò non accade. Ma non c’è verso.
        Adesso sta a vedere che la colpa dei fischi al tenore è del soprano! Altro che “dietrologia”: qui siamo al delirio.
        Pace e gioia

        • Il punto e’ che se canti bene, non ti succede nulla. Chissa’ perche’ questi casini succedono solo quando. C’e’ qlcuno che canta male. Non e’ che alla pratt non accade quando canta con albelo o mukeria. E’ che ad albelo e mukeria non capita perche’ non cantano male! Le dicerie poi sono sempre strumentali ad infastidire chi fa bene….si sa. Si parla del politically correct facendo a tutto tondo politically incorrect, diffamando per comodo!

  13. del tutto d’accordo con G. Grisi dopo aver visto la prima di Puritani a Cremona; oltre alle riserve per la parte musicale ho trovato la regia al limite del ridicolo, oggi molti registi hanno la presunzione e l’arroganza di voler agevolare la comprensione dell’opera e molti
    dichiarano anche” nel pieno rispetto della musica”; a presto
    otello
    P.S. nella prossima rappresentazione Rigoletto vestirà come Pulcinella

  14. posso essere schietto. FRANCAMENTE ME NE INFISCHIO.
    Ritengono che siamo perturbatori della quiete, che siamo prederminati nel fischiare. sono solo squallide illazioni, che valgono l’arte dei difesi con siffatte frasche.
    Per parte mia continuerò ad andare all’opera con le idee che l’esperienza di ascoltatore che ho , con l’idea del gusto e dello stile, che ascolti e letture suggeriscono. E se non va bene e se altri la pensa differentemente la circostanza mi lascia del tutto indifferente. Se mi piace applaudo e se non mi piace fischio . E ho anche imparato a lasciar terminare lo spettacolo, che
    tal volta mi sembra tempo sprecato.
    ciao dd

  15. Condivido in toto quanto sopra scritto da DD. Peraltro mi fa sorridere l’idea secondo la quale qualsiasi cosa faccia il pubblico, non va bene.
    Io stesso sono stato “accusato”, in diverse occasioni, di essere stato pagato per fischiare o per applaudire. Da ultimo, a Roma per l’Elektra, un’anziana signora mi ha ripreso perchè avevo applaudito troppo la Johansson, mentre – secondo lei – avrei dovuto distribuire di più gli applausi anche nei confronti delle altre interpreti che non erano state meno brave…..

    Evidentemente c’è ancora chi non si capacita che qualcuno possa tranquillamente pagarsi il biglietto e manifestare liberamente la propria opinione, qualunque essa sia…….

  16. Mah…mi inserisco per un breve commento…non capisco le accuse aggressive verso le opinioni espresse qui…nel senso soprattutto le accuse di macchinazioni e sabotaggi…con tutto il rispetto che nutro per questo blog mi sembrano un tantino esagerate…nel senso che credo si stia sopravvalutando il potere di questa interfaccia (magari ne avesse di più…)…se i gestori della grisi fossero così potenti non avremmo la signora Netrebko osannata come nuova Callas al Met un giorno sì e l’altro pure e tutta l’allegra combriccola di dive afone…

  17. Sono d’accordo sul fatto che le reazioni del pubblico non si debbano commentare. Il pubblico farà quello che vuole, entro i limiti dell’educzione e del rispetto degli altri, siano essi spettatori o artisti. Però, scusate, il pubblico lo tirate per la giacchetta anche voi, quando lo biasimate perché applaude spettacoli che a voi non sembrano degni. Anche la vostra è un’opinione, nulla di più. Non vi pare?
    Marco Ninci

    • Ola’ bentornato. Hai ragione, ma a cremona non c’entrano nulla queste questioni. Ho visto entrambi gli spettacoli. Nessun disturbo al canto di nessuno, piuttosto qualche clacchettaro in cauto che ha tentato l’applauso dopo un a te o cara peggiore di quello del tubo, con voce tremolante….e come tu sai, quando si tenta di applaudire una cosa eccessivamente brutta lo zittio arriva. Caro marco, tu hai ragione, ma pensa alle ovazioni a villanzon afono etc..certi eccessi sono scandalosi, come quelli che poi accusano i soliti 3 /4 di aver buato cavalleria e pagliacci mentre nella diretta tv si sente un teatro che crolla dai fischi…..io credo che l’intimidazione e la creazione dello scandalo siano diventati una nuova arma di difesa e di alibi per sostenere cose che non stanno in piedi, perchè abbiamo perso il senso del limite delle cose. “ho sbagliato-ho cantato male-sarà meglio alla prossima” oggi non lo dice nessuno e si vuole che le cose passino per forza vuole…..alla faccia della liberta’ di opinione del pubblico. Resto dell’idea che queste schermaglie ci siano sempre state nei loggioni, e che vadano valutate per ciò che sono: chiacchiere di un momento. A presto

  18. Certo, Giulia, è così. L’atteggiamento bayreuthiano in certo nobilissimo repertorio non è proprio possibile e nemmeno augurabile. Chi è contro l’applauso o il fischio a scena aperta dimostra di non capirlo neppure questo repertorio. Che poi a me non piaccia fischiare non ha nessuna importanza ed è un fatto che riguarda solo me. Altra cosa invece è accanirsi al di fuori della dimensione teatrale. Per esempio, la rubrica delle “perle nere” nella Barcaccia mi sembra ingenerosa e tutto sommato futile. Cosa m’importa di ascoltare la figuraccia di un cantante, magari anche grandissimo, in una certa sera? Ne ho parlato con Stinchelli e in qualche modo mi dava anche ragione, dicendo che il pubblico vuole il sangue. Capisco che i conduttori si pongano il problema di piacere, visto che parlano con un pubblico enorme ed invisibile. Ma credo che non si dovrebbe seguire il pubblico nei suoi istinti peggiori, quegli istinti che, in un contesto ovviamente di drammaticità incomparabile, convocava folle enormi allo spettacolo di un’esecuzione capitale.
    Marco Ninci

  19. caro ninci
    non è vero che il pubblico voglia sangue. è comodo crederlo e farlo credere. il pubblico vuole e merita rispetto e non perchè paghi un biglietto, ma perchè ha diritto a conoscre, imparare e crescere culturalmente. la perla nera, può -una tantum- star bene e far ridere (la rappresentazione operistica non è proclamazione di un dogma), ma non educa a nulla diseduca. per la mia esperienza è l’ascolto, l’ascolto ocmparato che crea modelli, punti di riferimento e che consente alla terza battuta di discernere il cantante dal can-tante.
    ciao dd

    • Oddio Donzelli, andare a teatro per “crescere culturalmente” o per “educarsi” per me è frase fatta e luogo comune della peggior specie… a teatro si va per ascoltare e vivere una commedia, una tragedia, una musica… questo si va a fare a teatro. Oggi invece il teatro è solo vanità, narcisismo, esibizionismo, intellettualismo della peggior specie. La cultura e l’educazione si fanno a scuola o a casa propria sui libri.

  20. Certo, è vero che non si deve andare a teatro con atteggiamento piagnone; il teatro è senz’altro divertimento. Ma non è solo questo, è ovvio; è venire a contatto con grandi realtà artistiche. E se non è educazione e crescita culturle questa…
    Marco Ninci

  21. Al lettore (Otello) che preconizzava una prossima comparsa in scena di Rigoletto vestito da Pulcinella: è già successo la scorsa estate allo Sferisterio di Macerata (regia di Massimo Gasparon)! Alla fine del preludio Rigoletto entrava in scena esattamente con il costume della maschera napoletana!

  22. Mancini sembra considerare l’intelletto come qualcosa di diverso dallo spirito. A quel che capisco, l’intelletto è la sfera del ragionamento, quella dello spirito qualcosa di superiore, di comprensione intuitiva della realtà artistica. L’intelletto è giusto per lo studio e la casa, lo spirito invece per la rappresentazione. E’ una distinzione antica; i greci ponevano in due sfere differenti il nous, lo spirito, e la dianoia, la ragione o intelletto discorsivo. Anche per gli idealisti tedeschi il Geist, lo spirito, differiva dal Verstand, l’intelletto. E’ una distinzione che posso accettare. Però con una precisazione. Poniamo di assistere ad una grande rappresentazione d’opera; potrà essere grande per la direzione d’orchestra, per la regia, per le prove dei cantanti, per la ricreazione complessiva di un clima, per la chiarificzione di nessi che non avevamo capito etc. Tutto questo lo potremo comprendere intuitivamente, ci emozioneremo globalmente per questo. Ma in maniera necessaria la rappresentazione ci farà riflettere, subito o anche a distanza di tempo; una concatenazione di concetti ne seguirà. E questo è ovvio. Per qualunque pensatore greco, sia questo Platone, Aristotele o Plotino, l’intelletto discorsivo non possiede nessuna capacità di sostenersi se non ha al di sopra di sé l’intuizione, lo spirito, il nous.
    Marco Ninci

    • Quando affermo che l’arte è cibo per lo spirito, prima che per l’intelletto, intendo dire che essa dovrebbe permettere a tutti noi, indipendentemente dal gusto personale o dalla formazione culturale, di entrare in contatto con il trascendente, di elevarci al di sopra del contingente. La bellezza, che non è un fatto soggettivo, è un canale per attingere al Vero. Per questo debbo respingere ogni concezione del teatro o della musica come mero intrattenimento o come narcisistico ed intellettualoide acculturamento.

      La musica a teatro può e deve far riflettere, ma prima di tutto essa dovrebbe catturarci, trasportarci, con semplicità, schiettezza, immediatezza, senza bisogno di sovrastrutture cervellotiche.

  23. purtroppo è lo stesso Rigoletto;sul Corriere ho letto le singolari motivazioni del regista che ha voluto ricollegarsi alla prima dell’opera a Venezia e a Tiepolo che avrebbe amato dipingere
    pulcinella;spero di non vedere presto uno Schicchi ambientato a New York in omaggio alla prima dell’opera

  24. Caro Mancini, tu parli di bello, di vero, di trascendente; in sostanza, parli da mistico. Al mistico conviene il silenzio della visione; davanti a questo silenzio ogni ragionamento, ogni discorsività scadono fatalmente nell’intellettualoide. Mi permetterai di dirti che non condivido questa idea.
    Ciao
    Marco Ninci

  25. cavolo, Marco. Tu no sei un filosofo, ma un poeta della vita.
    Ti pare che in questo mondo bruto e veloce, banale e rozzo, il silenzio paghi ancora? ….ne parliamo spesso con dd, dato che lui crede nel silenzio…….Chi recepisce oggi il silenzio come un dire profondo, o un interloquire su un piano superiore e non come il comportamento di chi è colpevole?…..Il silenzio presuppone che qlcunio dall’altra parte lo colga e ci rifletta sopra. C’è che riflette oggi?

  26. Cara Giulia, tu vai all’opera per ascoltare buona musica e buon canto. E’ giusto. Però mi sembri sottovalutare l’elemento registico, magari per reazione alle tante porcherie che si vedono in giro. Io non conosco la tua età e non so se tu abbia assistito ai meravigliosi spettacoli che io ho avuto la fortuna di vedere; per esempio, l’Orfeo di Gluck di Muti e Ronconi; il Ratto dal Serraglio di Mehta e Strehler; il Simon Boccanegra di Abbado e Strehler. In questi casi l’elemento registico era di una tale abbagliante bellezza, aveva una tale capacità di comprendere la musica che si poneva al livello della realizzazione musicale; certe volte, addirittura al di sopra.
    Marco Ninci

  27. si, ho fatto in tempo a vederne parecchi, e ti dico che hai ragione. ed una delle considerazioni che faccio è che oggi non riusciamo a vedere allestimenti così pregnanti per idee, gusto, bellezza, regia ( quella vera, fatta di gesti), se non rarissimissimamente, in un mondo che ha fatto dell’allestimento l’asse portante di una produzione. Perchè? non ‘c’è dubbio che il grande Pizzi, o il grande Strehler etc avessero qlcosa da dire…Oggi mi pare che ci sia il vuoto, il dire per dire fine a se stesso ma mai il dire in relazione al testo: il Mosè pesarese è stato il trionfo del vuoto e del dire tanto per dare aria ai denti, perchè bisogna parlare a proprosito, NEL MERITO DELLE COSE. Credo che il vuoto di idee, sia il vuoto anche degli interpreti non interpreti, e forse è il vuoto che si sta creando intorno ad un genere musicale che forse non interessa piu’…o sempre meno. le grandi personalità, primedonne, bacchette, primiuomini……li vedi tu?…io no…

  28. Eh, c’è del vero in quello che dici. Com’è vero che al giorno d’oggi c’è del marcio in Danimarca. Mah, le mie più grandi emozioni risalgono molto addietro nel tempo. Dal punto di vista puramente musicale (si parla sempre di teatro d’opera) la cosa più bella che a mio parere ho visto sono stati i Maestri Cantori diretti a Salisburgo da Karajan all’inizio degli anni Settanta, con un cast di cantanti favoloso: Ridderbusch, Schreier, Kollo, Janowitz, Ludwig (non mi ricordo chi cantava Pogner). Come spettacolo nel suo insieme il Ratto dal Serraglio, diretto a Firenze da Mehta nel ’68, con la regia di Strehler (in assoluto la più bella regia d’opera che io abbia mai visto). Stupendi i cantanti: Rothenberger, Hollweg, Grist, Unger, Malas (quest’ultimo vocalmente un gradino o due al di sotto degli altri, ma Strehler faceva di Osmino una creatura così sfaccettata e umana e Malas aderiva così bene alla concezione del regista che la sua pochezza vocale quasi non si notava). Le prenotazioni, ho saputo poi, non erano andate benissimo, anche per la scarsa dimestichezza del pubblico fiorentino con quell’opera. Dopo la prova generale si sparse la voce che alla Pergola andava in scena la più grande meraviglia del mondo e sono stato costretto a vedere l’opera, per tutte le recite, appollaiato in un piccolo spazio tra la folla festante.
    Marco Ninci

  29. Cari Tutti voi grisini,
    adesso che imparo a conoscervi leggendo le vostre letterine e i vostri commenti, comincio anche a trovarvi divertenti e a comprendervi. Voi avete fondato una specie di “Arcadia “ della lirica autoproclamandovi gli unici depositari dell’interpretazione musicale e del belcanto; questo vi gratifica al punto da ritenere la vostra opinione al di sopra di tutto e di chiunque : siete liberi di pensarlo e in questo non sarete né i primi né gli ultimi.
    Mi ricordo quando Rodolfo Celletti tuonava e scriveva recensioni, commenti e libri sulla cronaca teatrale del tempo; anche lui ,come voi, inveiva contro la rovina della scuola verista che aveva ucciso il belcanto e aborriva ogni forma di concessione nei confronti di artisti che non rispettassero i canoni severi di una rigorosa interpretazione e di un impeccabile esecuzione.
    Quando , però, cominciò ad occuparsi delle carriere di cantanti imponendogli lezioni di canto e consigliandoli nel repertorio, nella respirazione, nella corretta emissione, etc.,cominciarono i guai !
    La sua teoria si scontrò contro l’applicazione pratica e il risultato finale fu che, un esercito di cantanti che correvano da lui per risolvere problemi vocali o ottenere consigli o un viatico per avere una scrittura da un direttore artistico che a Celletti si affidava quale nume tutelare del sapere, si ritrovarono con voce e carriera irrimediabilmente rovinata.
    Gli effetti deleteri della sua dottrina causarono anche confusione e smarrimento tra molti giovani studenti di canto che, per seguire i suoi postulati, non sapevano più dove sbattere la testa e a chi affidarsi nello studio.
    I suoi intenti erano legittimi e con le migliori intenzioni ,ma il suo assolutismo lo portò nel tempo a smarrire il senso della realtà e a sopravvalutare se stesso e i suoi insegnamenti che non erano sostenuti da riscontri oggettivi ed una reale esperienza sul campo.

    Anch’io concordo con voi quando dite che abbiamo perso quasi tutti i punti di riferimento dell’interpretazione musicale , ma questo riguarda molto di più i cattivi direttori, spesso troppo giovani,troppo inesperti e sempre inadeguati per eseguire titoli che anche 60 anni fa erano guardati con rispetto e timore da direttori come Votto, Serafin, De Sabata.
    Quando un teatro come La Scala mette in scena produzioni con direttori che non sanno nulla dell’opera e cantanti mal guidati, con voci mediocri e fuori repertorio , il risultato è la perdita di un enorme punto di riferimento che è stato questo Teatro nel mondo e che, nel bene e nel male, aveva il suo marchio di fabbrica : ogni spettacolo visto Alla Scala era riconoscibile per la sua unicità e non comparabile a quello che si vedeva altrove, ma sovente diventava nel mondo, una produzione di riferimento.
    Purtroppo oggi La Scala è diventato un teatro dove si assistono più o meno agli stessi spettacoli che si vedono a Madrid, Barcelona, Berlino,Parigi, Valencia etc.
    Tutto è livellato e “ globalizzato “, se vogliamo usare un neologismo tanto corrente oggi ma efficace per sintetizzare il concetto.
    L’ASLICO, secondo voi ha sbagliato volendo mettere in scena una delle opere più difficili dell’800 musicale italiano e ne ha sottovalutato le difficoltà vocali e interpretative in modo biasimevole e senza attenuanti . Certo l’orchestra dei pomeriggi non è adeguata ad un tale compito e sicuramente avrebbe avuto bisogno di un maggiore numero di prove.
    Il direttore è preparato e volenteroso ma , a mio avviso, doveva operare tagli più coraggiosi e funzionali alla buona riuscita dello spettacolo, poiché certe ripetizioni appesantiscono il compito dell’orchestra e dei cantanti e spezzano l’azione drammaturgica.
    In passato, grandi direttori di indiscutibile autorevolezza,tagliavano senza paura recitativi e ripetizioni non essenziali anche se erano in presenza di artisti validissimi, al fine di imprimere allo spettacolo un ritmo senza arresti e cadute di tensione.
    Il cast vocale secondo me era sbilanciato : Terranova , pur essendo rodato e affidabile in un repertorio di routine, non poteva non pagare lo scotto di accettare una sfida così ardua, in un assetto di questo genere, con poche prove e poco tempo per metabolizzare un ruolo che, stilisticamente, è al di fuori degli spartiti da lui eseguiti negli ultimi tempi. Ha tuttavia affrontato la sfida con coraggio e abnegazione dando il meglio di se stesso con generosità e convinzione, qualche volta andando fuori stile, ma questa responsabilità va condivisa con il direttore che avrebbe dovuto correggere la sua linea di canto, già nelle prove di sala.
    Non credo però che meriti da parte di nessuno un dissenso così malevolo e intransigente come quello che voi gli avete tributato a Cremona e attraverso i vostri scritti.
    La vostra intransigenza non tiene conto delle circostanze attenuanti di cui sopra e il coraggio di un’artista che dà comunque tutto se stesso non va trascurato né ignorato, ma riconosciuto.
    La Signora Pratt possiede uno strumento molto interessante ma deve risolvere lo squilibrio tra il suo centro e gli acuti che sono talora un po’ sguaiati mentre il medium delle voce è spoggiato. Trovo, inoltre, la Pratt pigra come interprete e spesso generica nel fraseggio. Ritengo che tuttavia abbia meritato l’onore delle armi e giustamente gli è stato tributato un consenso generoso.
    Arduini è un giovane baritono con bella voce ma deve ancora studiare : non gira bene il suono sul passaggio e oltre fa il suono tende all’urlo; bisogna anche dire che il difficile ruolo di Riccardo non si addice ad una voce così acerba poiché la grave tessitura e il fraseggio scolpito necessitano di un artista più maturo e agguerrito tecnicamente.
    Del resto c’è poco da dire, ritengo buona la prestazione del basso e imbarazzante l’Enrichetta, ma nessuno è sembrato accorgersene; nemmeno voi troppo intenti a massacrare il Terranova.

    Detto questo penso che comunque l’iniziativa dell’ASLICO sia degna di rispetto perché ci ha permesso di risentire un titolo quasi assente dai dai teatri di tutto il mondo che invece preferiscono non rischiare e continuare a programmare Tosca, Butterfly ,Aida e spesso riescono anche a farlo male (come alla Scala ad esempio!).
    Vedremo nel futuro quante edizioni di Puritani riusciremo a gustarci , prima che i teatri chiudano l’attività per mancanza di fondi e quante volte voi dovrete adontarvi nell’ ascoltare esecuzioni offensive e intollerabili al gusto e alla filologia che voi avete protocollato nelle vostre esercitazioni epistolari e masturbazioni mentali !
    Non vorrei morire il giorno in cui dovrete amaramente rimpiangere i Puritani di Cremona come un evento al quale vi siete anche divertiti e avete ascoltato dal vivo un capolavoro difficilissimo eseguito con molta buona volontà, con molte approssimazioni ma comunque emozionante e coinvolgente (nel bene e nel male), e che vi ha dato molto di cui parlare, dissentire, e giudicare : siate almeno grati di questo !

  30. Silenzio profondo. Dopo qualche momento la marchesa sentenziò che il signor Viscontini aveva torto marcio. Non doveva sbarcare al Niscioree, ciò era proibito. Quanto al signor Ricevitore egli era una persona rispettabilissima. Pasotti confermò, con una faccia severa. «Ottimo funzionario», diss’egli. «Ottima canaglia», mormorò il prefetto fra i denti. Franco, che sulle prime pareva pensare a tutt’altro, si scosse e lanciò a Pasotti un’occhiata sprezzante.
    «Dopo tutto», soggiunse la marchesa, «trovo che col pretesto della musica manoscritta si potrebbe benissimo…»
    «Certo!», disse il Paolin, austriacante per paura, mentre la padrona di casa lo era per convinzione.
    Il marchese, che nel 1815 aveva spezzata la spada per non servire gli Austriaci, sorrise e disse solo:
    «Là! C’est un peu fort!»
    «Ma se tutti sanno ch’è una bestia, quel Ricevitore!» esclamò Franco.
    «Scusi, don Franco» fece Pasotti.
    «Ma che scusi!», interruppe l’altro. «È un bestione!»
    «È un uomo coscienzioso» disse la marchesa «un impiegato che fa il proprio dovere»
    «Allora le bestie saranno i suoi padroni!», ribatté Franco.

    (A. Fogazzaro, “Piccolo mondo antico”)

  31. Quello da una parte che si emoziona sentendo le stonature di Inverardi e che vorrebbe che i cantanti giudicassero i cantanti e i musicisti i musicisti (bella forza, un prodotto di nicchia per nicchie ancora più strette… che grande trovata! Poi che si fa? Ce la cantiamo e ce la suoniamo e tanti clap clap falsi come una moneta da 3 euro per tutti? Quello si che ha capito tutto della vita!); dall’altra un novello scrittore di poemi epici che si impegna tanto, si lacera le vesti, si applica, punta il dito novello Fra Cristoforo facendo scudo al nulla e si prende la briga di infliggerci le sue giustificazioni (è l’opera che è difficile non il tenore mediocre… ah beh, allora che canti altro!) dimostrando di essere anche arrivato alle conclusioni sbagliate… Signori, signori, mi fate sorridere e non poco!!!
    Posso capire le risse ed i fiumi di inchiostro per un Alfredo Kraus, un Gianni Raimondi, un Luciano Pavarotti, Richard Tucker, Sandor Konya, Aureliano Pertile, Joseph Schmidt, cioè cantanti di serie A, cantanti veri, di razza, di classe, ARTISTI AUTENTICI… ma, signori miei, qui si delira su Terranova e Inverardi, ed in recite di provincia per giunta, in ruoli in cui non hanno cavato un ragno dal buco!!!
    Manca solo un ammiratore sfrenato (e sordo) della Cullagh e facciamo il pieno!
    Ma ci rendiamo conto???
    E si parla di massacri, di gente che non si emoziona alle stonature, di bla bla giustificatori al limite del ridicolo addirittura per beatificare fondazioni verso cui non proviamo nulla di male e che non ne hanno alcun bisogno visto il riscontro di pubblico e vista la fortuna di poter contare sulla Pratt e Tittolo!
    Ma di cosa stiamo parlando???
    L’ennesimo “Molto rumore per nulla” o “Anche le pulci hanno la tosse”.
    Scusate, ma se volete leggere solo cose belle e false come la suddetta moneta andate altrove, non mancano certo i siti dove potersi esaltare e bearsi per aver assistito a tali eventi epocali al limite della fanstascienza; così evitereste di sprecare pixell e bile utilizzando la tastiera in modo costruttivo per formare tanti cuoricini e faccette buffe di fronte alla “grandezza” di Terranova e alle “stecche espressive” di Inverardi…
    Intanto me la rido di gusto.

    Marianne Brandt

    • I think that some people, like you, are thinking, that if they accept and can praising only dead singers, they are very great experts! You are real fundamentalist in your oppinion and don`t want to enjoy exciting, wonderful tenor, GianLuca Terranova, but it is your lost! Someone wrote in YouTube about him: `Bravo GianLuca, you are like a breath of fresh air!` With these words I`ll close and don`t want to arguing any more! It is useless!

      • I am very embarassed about your level of English and the pretentious action to write in English understanding Italian, meaning that you are probably a FAKE.

        “I think (that) some people like you THINK (useless stylistic repetition of the verb) that if they accept and PRAISE only dead singers, they are great experts! You are fundamentalist in your opinion and you don’t want to enjoy THE exciting, wonderful [what are you talking about?] tenor, Gianluca Terranova, but it is your LOSS! Someone wrote ON YouTube about him: “Bravo GianLuca, you are like a breath of fresh air!”. I GREET YOU with these words and I don’t want TO ARGUE anymore: it is useless!”

        Hope you go to have a hearing control and English lessons!

      • …..io penso che questa sua insistenza abbia un po’ stancato tutti. abbiamo capito il concetto, mi fa piacere che lei sia una fan di questo cantante, ma purtroppo non è piaciuto a nessuno, non soltanto a noi. E’ stato un trionfo di NO, NON SI CANTA COSI’…oltre che un trionfo di comportamenti maleducati ed indecenti. Lei o il tenore potete andare incolpando ed accusando chi volete e dove volete e quanto volete, tanto lo stile vostro è lo stesso, tale il cantante tale la(i) fan(s) ( pochini direi…).Il signor Terranova non ha fallito per cvolpa di questo sito, dato che ha avuto incidenti per ogni dove nei teatri lomabrdi per quanto ne so.
        Detto ciò ,la prego di non ammorbarci ulteriormemente, siamo già stati ammorbati a sufficienza dal canto in teatro. Che impari a cantare quello che può cantare nelle sue possibilità se non vuole incidenti come questo. e se no capisce come si devono cantare i Puritani, si faccia una cultura in merito leggendo ed ascoltando le grandi esecuzioni, e comparando se stesso ai grandi Arturo.
        saluti
        PS A Natale, perchè non si regala quel bel live dei Puritani Kraus Sutherland? ….sarebbe salutare

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