Sorella Radio. ROF 2013, seconda tappa. Guillaume Tell. Non nostalgia ma coscienza.

sorella radioAltra protetta celebrazione di “pesaresità” ieri sera con il Tell. Ci sia consentito augurarci che il famoso budino dalla 150 uova della signora Ratti come dessert della serata inaugurale avesse ingredienti più freschi dell’offerto spettacolo. Non abbiamo visto, per nostra fortuna, lo spettacolo di Vick , ma i proclami nell’intervallo fatti  di  critica al genere grand- opèra, di lotta di classe, oppressioni sfruttamento e lavoro minorile in Bangladesh, un po’ di Pellizza da Volpedo, un po’ di albero degli zoccoli sono stantii e superati assai più delle tavole dipinte e dei costumi oleografici delle scena alla Benois, che – spiace per Vick e sodali- colgono, con i mezzi teatrali del loro tempo, anziché ferire e tradire, lo spirito del lavoro rossiniano e di quelli coevi.

Lavoro rossiniano che è uno dei maggiori esponenti del genere grand-opeéa e che richiede prima di tutto un direttore capace di condurre in porto la barca, di mal agevole manovra dei titoli di questo genere (a maggior ragione se eseguiti integralmente).

Ma questi registi, le loro teorie ed i puntuali fischi hanno la loro funzione di distogliere l’attenzione del pubblico della parte musicale e vocale.

E proprio dal pesarese doc, il direttore che dirige al festival di papà, papà che, però, non fa come Lanari, Barbaja o Merelli o la coppia Mocchi-Carelli l’impresario con il proprio portafoglio, ma con quello delle macilente pubbliche finanze l’aspetto più deludente della serata.

Il direttore conosce soltanto tempi e sonorità soporifere da opera di mezzo carattere o clangori e rumori dove su tutto prevalgono piatti e percussioni. Nel dettaglio abbiamo una prima sezione della sinfonia calligrafica e dalle fanfare di Gessler solo rumore con percussioni e ritmo assatanato in primo piano. Un po’ poco per la più celebre ouverture rossiniana. Ma anche alla prima scena la direzione non coglie la cifra perché il canto di pastori e contadini è lugubre e pesante e non è ritratta la scena da idillio che è la condizione irrinunciabile  per capire il canto monocorde e lugubre sull’oppressione del suolo elvetico del protagonista. Ancora pesante, scolastico e metronomico il primo numero di danza e alla fine dell’atto solo clangori e pesantezza particolarmente alla ripetizione del da capo del concertato.

Tralascio il coro dei cacciatori, che precede la sortita di Mathilde e il meccanico accompagnamento del duetto d’amore. Ma la marcetta in cui è trasformata la stretta del terzetto Arnold, Guillame, Walther ricorda inesorabile il terzetto di Belle Hélene, che proponiamo per conforto dell’opinione: il dramma si equivale alla sua parodia! L’esecuzione della scena di congiura, il modello della benedizione dei pugnali degli Ugonotti di lì a poco a venire è stato uno dei punti peggiori. Mancavano il clima misterioso e da congiura dell’arrivo dei rappresentanti dei cantoni, sostituito da un tono languido stile in stile con quello degli italiani fuggiaschi dell’Italiana in Algeri, senza lo slancio epico della concione di Walther, mentre il coro dei congiurati anziché evocare l’immagine romantica e patriottica della congiura pareva quello delle baigneuses di Marguerite de Navarre. Sempre grand-opera, si potrebbe obiettare, ma momento di ben altra atmosfera e significato drammaturgico. Al terzo atto, poi, non si è compreso il tempo esageratamente veloce della prima sezione dell’aria di Mathilde (signora Rebeka, che non è un soprano lirico spinto, quale la parte richiede, ma una soubrette o poco più) e clangori di orchestra per simulare una tensione drammatica che il direttore stava per nulla cogliendo.  Nel secondo quadro del terzo atto, dopo un rumoroso incipit con tanto di  spernacchiata esecuzione del  richiamo del celebre “Dal Gange aurato dal Nilo altero” di Semiramide, le danze sono suonate carenti di qualunque verve  ed eleganza (per fortuna eseguite non integralmente), il coro “Toi que l’oiseau” metronomico e meccanico e, per contro, pesante e noioso l’ingresso dei soldati austriaci. L’intero concertato, inoltre, anche funestato anche dalle evidenti difficoltà del soprano, di nuovo greve e senza il vero slancio e la passione dello scontro fra gli oppressi e gli oppressori. Passando all’atto quarto, il terzetto delle tre donne è stato diretto piattamente, il tempo staccato ennesima marcetta, senza alcun accento nel canto e nell’orchestra. Il monumentale finale eseguito senza nessun significato, sia la tempesta, risolta a colpi di gran cassa che il concertato, senza palpito all’invocazione catartica “liberté”.

La verità è che un titolo come il Tell richiede dal podio cultura, esperienza, mano facile perché le difficoltà del titolo iniziano dalla lunghezza, dalla complessità drammaturgica, formale, vocale per giungere al significato dei tempi nuovi, perché per utilizzare una abusata frase di Mercadante “quando scoprivamo qualche cosa Rossini lo aveva fatto quarant’anni prima”.

La proposta di Juan Diego Florez nei panni di Arnold è operazione assolutamente analoga, per inconsistenza filologica alla Norma di Cecilia Bartoli. Unica differenza, ma alla resa vocale, la maggior consistenza vocale (comunque inadeguata al ruolo) e la professionalità del convocato protagonista.

Il sillogismo di autorevole fonte per avallare questa scelta di star system è che Nourrit (primo Arnold)  fu anche il primo Ory, ruolo nel quale  emerge Florez donde consegue che Florez è perfetto Arnold aderente al dettato rossiniano.

gioacchino_rossini2Offre spunti di riflessione per smentire il falso sillogismo:

a)      Nourrit fu il primo Masaniello di Muette de Portici (1828) il protagonista del Roberto il diavolo (1830), il primo Raoul di Nangis (1836) e, dulcis in fundo, Eleazaro di Ebrea (1835), titolo che prevede anche un deuteragonista tenore contraltino. Preciso che nessuna fonte coeva alle prime parlò dopo le esibizioni in Ugonotti ed Ebrea di una vocalità modificata rispetto al passato. Il tentativo di modifica dell’imposto vocale fu successivo (1838) a Napoli sotto la guida di Donizetti e sappiamo bene come andò a finire.

b)      Tutte le parti sopra citate, bastando leggerne il libretto e scorrere lo spartito sono assai più onerose sotto il profilo vocale ed interpretativo dell’amoroso del Tell. Ad oggi Florez non le ha cantate, non le ha in programma o le ha annullate come accaduto con il protagonista del Roberto

c)      Se mai le parti di Rossini scritte per Nourrit sono più acute soprattutto nel canto spianato rispetto a quelle di altri autori, tanto è che allorquando Duprez (quello che in questa caina filologica ha il ruolo del cattivo) affrontò Muette de Portici talune pagine vennero, secondo la prassi del tempo, trasportate verso l’alto. Ovvio Duprez aveva cominciato come imitatore di Rubini.

d)     Conseguenza alla luce di quanto composto per Nourrit questi era per certo un tenore dotato al centro di espansione, slancio e varietà di accento e la salita agli acuti (sino al do diesis) avveniva o mediante l’artifizio del falsettone o, comunque, limitando l’oscuramento del suono atteso il peculiare utilizzo degli acuti estremi. Insomma nulla a che vedere con le scritture di David (e forse anche di Rubini) ovvero del paradigma di tenore contraltino delle napoletane.

Con queste premesse è giusto che Nourrit tagliasse la cabaletta del quarto atto il cui slancio e la cui tessitura  sono ben diverse anche da quelle dell’aria del quinto atto degli Ugonotti o della cabaletta di Eleazaro al quarto di Ebrea ed altrettanto giusto e ovvio che dopo Duprez arrivassero Tamberlick, Tiberini, Signorini sino a Lauri Volpi e, magari, Gianni Raimondi.

In mezzo a tutto questo un tenore che è e rimane un tenore di mezzo carattere da opera comica o di mezzo carattere, ad onta delle lambiccate tesi filologiche, che partono da erronei presupposti non può che lottare e difendersi allo spasimo ed allo stremo delle forze, Ma questo non è cantare Arnoldo, non è dire una parola nuova, perché se parola nuova l’ha detta è stato Merritt, che al pari di Blake etc , gode in Pesaro di ostracismo, damnatio memoriae e infondate critiche. Il che non significa dire che fossero perfetti, ma semplicemente che le generazioni successive (Florez incluso) non hanno offerto di meglio. E questo non è atteggiamento nostalgico è coscienza di sé come ascoltatori, come pubblico.

Nel dettaglio della prestazione di Florez:

a)      tutte le volte che esegue un recitativo ossia, atto primo ingresso prima del duetto con Tell ( Le mienne, dit-il); atto secondo, prima del duetto con Matilde ( Ma présence puor vous ) e prima dal terzetto sino al famoso “ Ne m’abbandonne point ” l’accentazione è quella del personaggio più azzeccato di Florez, ovvero don Ramiro, mancano l’ampiezza, la magniloquenza ed il conseguente contrasto drammatico. Oltre tutto siamo in un titolo francese e ben sappiamo la rilevanza del recitativo

b)      quando arrivano i cantabili che possono essere “Ah Mathilde, idole de mon âme” (eseguito integralmente con tanto di ripetizione, che prevede al salita al do4) piuttosto che il cantabile del duetto con Mathilde (di tessitura astrale, perché il modello del duetto d’amore di Rossini è sempre quello soprano-contralto) quello del terzetto sulle frasi “ Mon père, tu m’a dû maudire ” la difficoltà di coniugare tessitura acuta e canto spianato costringe ad acuti duri, forzati indietro, legato incerto ed a piattezza di accento. Lo stesso accade all’aria “Asile héréditaire” che arriva a fine serata e con lo spauracchio della cabaletta

c)      “Amis, amis” che in sé e per sé non è difficile perché somiglia al Trovatore o perché Rossini ha cambiato passo (riassume le peregrine tesi annunciate via etere ieri sera), ma perché il cantante è inadatto ed ogni salita all’acuto è solo esibizione si suoni duri e fibrosi, spesso tenuto meno della misura della nota e con canonica mezza stecca al do conclusivo oltre tutto attaccato in anticipo.  Siamo al paradosso di un tenore di mezzo carattere acuto che per trovare un poco di volume al centro perde o periclita in zona acuta.

nourritIl tutto per dimostrare che per cantare una parte non basta averne tutte o quasi le note. Sapienza dei vecchi maestri che si vuole e deve dimenticare per ragioni commerciali.

Ci sono anche gli altri e gli altri sono tanti perché siamo davanti al grand-opera. Quindi non solo soprano e baritono, ma anche i tre bassi, che rivestono i panni di Melcthal, Walther e Gessler soprano cui affidata la parte di Jemmy con tanto di aria della prima versione.

Il primo, che, si dice, finisca appeso al finale primo affidato a Simone Alberghini; ingolato il secondo, Simon Orfila, privo della nobiltà, dell’accento ispirato e dell’ampiezza, che si richiede al capo dei congiurati e che, vocalmente, guida l’intera congiura, ed il terzo, Luca Tittoto, forse la vera voce di basso, che stenta nel declamato della prima scena  del terzo atto e che sarebbe stato ben più idoneo a Walther per la dote vocale.

Sopranino di coloratura la Forsythe quale Jemmy in difficoltà negli acuti (si nat.) del finale del primo atto ed inadeguata come accento all’aria del terzo atto, che scambia, complice il direttore, la supplica di Jemmy all’amor paterno per il couplet di Oscar.

Del protagonista ci siamo accorti poco o solo quando ha emesso, a partire dal re, suoni duri e chiaramente non messi nella maschera. Non è stato in grado al duetto con Arnold ed al terzetto di fare il pedale e l’attacco di “Sois immobile” dopo poche battute vocalmente ed interpretativamente piatte, quando la scrittura vocale sale  iniziano suoni afoni e duri ed il cantante si, strozza come tutti i Tell di limitata consistenza tecnica, sulla frase “Jemmy songe a ta mere”. Altro che rimpianto e patetismo !

Ci domandiamo, poi, dai parchi interventi come Veronica Simeoni possa vestire i panni di Selika nell’Africana di Meyerbeer prevista a Venezia per il novembre prossimo. Passi per le note gravi ingolfate, ma le note medio alte sono dure e stirate come accade all’inizio del finale la cosiddetta preghiera di Hedwige.

Da ultimo la protagonista femminile. Più ascolto le parti scritte per la Cinti Damoerau, il primo soprano francese di formazione italiana, più mi convinco che la voce fosse di quelle importanti, capaci di varietà di fraseggio oltre che di grande acrobazia. Non sarà un caso che nelle scelte dei tagli,  quando i soprani drammatici di agilità si rarefecero, venne sacrificata l’aria del  terzo atto per consentire di reperire soprani in grado di soddisfare le altre pagine del personaggio.

Marina Rebeka proviene dalle fila dei soprani leggeri, quand’anche accorciata e in difficoltà nel settore acuto. La prima aria è stata  cantata piattamente senza neppure le canoniche smorzature al primo enunciato e, quando tentate, alla ripresa interna danno luogo a suoni malfermi e opachi. Al duetto con Arnold ad onta di un certo volume superiore al tenore l’accento è generico e i colori piatti. Il peggio arriva al terzo atto sia nella grande aria, la cui prima sezione è stata staccata ad un tempo nevrotico e con sonorità fragorose, e cantata dalla Rebeka con evidenti problemi di intonazione, difficoltà nella coloratura (“ conservera l’image de mon libérateur”), ancor più evidenti alla seconda sezione,  che nel concertato dove Mathilde è chiamata a svettare sulla massa orchestrale e corale e la cantante è assolutamente impari al compiti e per limiti naturali e per limiti tecnici.

Alla fine delle quattro ore di ascolto  di clangori e marcette, urletti, cempennate agilità, danze staccate con tempi da operetta, assoluta mancanza di nobiltà nelle voci ed in buca sono arrivato a concludere che siffatta edizione quasi integrale non può, per sola virtù dell’integralità, compensare  gli evidenziati limiti.1149508_570886852949048_179381012_o

DD & GG

 

Gli ascolti

Rossini – Guillaume Tell

Ouverture – Michele Mariotti (2011)

Atto II

Sombre forêt – Rosanna Carteri (dir. Mario Rossi – 1951)

Oui, vous l’arrachez à mon âme – Julia Lezhneva e Juan Diego Flórez (dir. Alberto Zedda – 2008)

Atto III

Pour notre amour plus d’espérance – Eva Marton (con Anton de Ridder, dir. Alberto Erede – 1975), Carol Vaness (con Chris Merritt, dir. Donald Runnicles – 1992)

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102 pensieri su “Sorella Radio. ROF 2013, seconda tappa. Guillaume Tell. Non nostalgia ma coscienza.

  1. con tutto il rispetto ai tuoi gusti ritengo le tue valutazioni sulla prova di Florez (che spero di sentire anche dal vivo il 20 p.v.) la madre di tutte le toppate (ovviamente in prospettiva futura). Chi vivrà vedrà se questa sua interpretazione verrà dimenticata o ricordata con molta nostalgia dalle generazioni future.-

  2. Non ho ascoltato La diretta radio di ieri, ma mi chiedo:senza scomodare Lauri Volpi, dopo che abbiamo avuto Merritt in questo ruolo, con la completezza vocale che la parte esige e l’importanza del suo imposto di voce, Florez potrebbe dire qualcosa di nuovo ora, con un timbro piatto da tenore da mezzo carattere e in un genere operistico estraneo al suo temperamento ?

    • merritt pare bannato dalla memoria festivaliera. e’ vero che non ha fatto il tell da loro, ma nemmeno nominarlo come grande e filologico Arnold ci è parso davvero troppo. non bisogna mai parlare di chi fa ombra e la farà a lungo!

  3. Il Merritt degli anni ’80 è semplicemente tra le voci tenorili più complete dell’ultimo secolo e mezzo. Il fatto che non abbia eseguito il Tell a Pesaro, m’interessa poco. M’interessa invece ciò che ha fatto in questo ruolo alla Scala nell’88, a Cagliari nell’87 e-probabilmente la migliore esecuzione- all’Operà di Paris nell’89. Impazzire per Florez è del tutto insensato,dopo che s’è approfondito il fenomeno Chris Merritt dal punto di vista storico e vocale.

  4. La Montagna partorì un topolino. Spiace Per il festival ma quest’anno
    siamo molto al di sotto del minimo sindacale. Una sola preghiera:
    La Rai con le sue attrezzature (probabilmente obsolete) ha trasmesso le prime due serate in qualità scandalosa: Si vada a vedere su operacast la qualità delle radio europee e la si raffronti con quella Rai
    che ripeto, opera un salasso agi ascoltatori italiani con il canone.
    http://www.operacast.com/

  5. Non potevamo certo aspettarci un miracolo soprattutto da Florez il quale ha gia ampiamente dimostrato ( seppur in parti diverse ma non certo meno insidiose) i limiti di una vocalita’ completamente inadatta ad un certo tipo di scrittura

  6. Giulia ha descritto benissimo come sia filoloGGGicamente scorretto (e diciamolo noi per una volta!) confondere un tenore contraltino larmoyante come Florez, con “la vera voce di contraltino da opera drammatica ( e non da opera buffa ) “. Io ho sentito solo il primo atto, ma va sottolineato come il contesto veramente micragnoso dei cooprotagonisti non abbiano in nulla aiutato Florez, a partire dal pessimo Guglielmo di Alaimo cha a fronte di un registro acuto forzato e duro, nei pezzi d’assieme non ha offerto neanche quella base di armonici che da lui sarebbe stato sensato aspettarsi.

    • Ma infatti, si parla genericamente di “contraltino”, senza capire che questa è una categoria molto eterogenea, che non si esaurisce nelle voci leggere alla Florez o alla Matteuzzi, ma comprende anche voci importanti come Merritt, Pavarotti, Morino, o in passato pensiamo a cantanti come Loforese, Lauri-Volpi, anche Tamagno (i tenori col do in tasca sono tutti contraltini, il tenore classico è già tanto che abbia un buon si bemolle). Contraltino non è sinonimo di tenore leggero. Il tenore leggero classico è CORTO di estensione, Schipa è il modello di riferimento. Contraltino è una voce lunga. Ci sono poi contraltini di calibro più o meno spesso.

        • mi è spiaciuto sentire florez così in difficoltà. Un tenore famoso, di grande blasone che si cimenta o a cui è stata chiesta una cosa disumana. Mi meraviglio di chi lo ha consigliato e di chi pretende da lui il grande e clamoroso evento su un’opera che è un cimento eccezionale per chiunque. Schiavi dell’evento clamoroso, dell’exploit, del far parlare fine a se stesso fuori dalla realtà dell’arte e del saper fare il prorpio mestiere. A questo siamo arrivati, l’impresa clamorosa è il lato b della politica dello scandalo, che è altro dal fare buon teatro. Florez non canta lucia, favorita, sui puritani ha mostrato la corda…..dunque affronta il tell. Beh, lui so assume le sue responsabilità ma anche il pubblico si deve assumere le proprie, perchè questo non è andare a teatro a sentire del buon canto. E’ altro…ben altro.

          • Piuttosto Osborn, che tiene il ruolo in repertorio già da diversi anni…

          • Ho sentito ora l’aria e la cabaletta dell’altra sera, puntualmente apparsa sul tubo. Credo Florez persona intelligente, spero sinceramente sia ora consapevole della schiocchezza fatta e si guardi dal ripeterla.

      • ah corelli non aveva il do in tasca? il tenore contraltino e’ un tenore lirico lirico spinto chiaro e molto esteso in grado d eseguire anchecparti leggere. L esempio d riferimento e’ appunto Pavarotti. L.V. e Tamagno per me non lo sono. Quanto a Osborne che io ho sentito in Tell m riservo il confronto con Florez. Di certo alla Donna del Lago la sua voce correva meno d quella d Florez

        • Corelli aveva un ottimo do, ma che l’avesse sempre “in tasca” non direi, giustamente lo esibiva con prudenza. Per la gran parte dei tenori il do è l’estremo limite, penso a De Lucia che non superava il sib, a Caruso, Gigli, Schipa, Pertile, Del Monaco, Bergonzi, Domingo… Tenori classici, che non sempre hanno avuto il do, alcuni mai. Solo i contraltini, avendo corde maggiormente allungabili, accedono alla c.d. “voce di testa” e possono quindi cantare agevolmente il do e superarlo arrivando ad appoggiare sopracuti come re, mib o anche più. Non sono obbligatoriamente chiari, Merritt aveva centri baritonali, Loforese iniziò la carriera da baritono.

          Ma come ti permetti poi, tu, fan della Bartoli, di rivolgerti a me con quella supponenza? 😀

          • De Lucia non superava il Si bemolle? In realtà ha sempre avuto il Si naturale,come dimostra l’incisione dell’aria del Faust del 1917 per la Phonotype: emette un Si naturale a piena voce, lungo e squillantissimo.

    • Ha inciso 2 volte l’aria del Faust: la prima nel 1906, la seconda nel 1917. Nella prima emette il Si naturale in falsetto, nella seconda a voce piena e lungo. Poi c’è anche lo Spirto Gentil, abbassato di mezzo tono, inciso nel 1917, in cui emette un altro Si naturale lungo e squillantissimo. Certo, è tra i tenori più controversi della storia del disco, nelle incisioni del 1917 pare più esteso rispetto alle incisioni di 14 anni prima.

        • Certo, so quel che dico, ci mancherebbe! Io ho tutte le incisioni di De Lucia (l’ho studiato a fondo)pubblicate 6 anni fa dalla TeuesoundTranfers. Poi ho vari Lp pubblicati dalla Rubini su De Lucia negli anni ’70. Anzi, tra pochi giorni Marston pubblicherà tutte le incisioni di De Lucia fino al 1909, e sicuramente sarànno i migliori riversamenti su De Lucia che mai siano stati realizzati. E poi, non solo l’aria del Faust, ma, come dicevo prima, c’è anche lo Spirto Gentil del 1917 in cui emette un Si naturale acuto e squillantissimo. Certo, può sembrare più che strano, un tenore che ha sempre trasposto quasi tutto – definito tra l’altro “Grondand”, nota ditta di trasporti a Napoli all’epoca di De Lucia- e che pure gli acuti li aveva, eccome. Basta conoscere tutte le incisioni per rendersene conto.

          • Wow, è da parecchio che adocchio quel disco di Marston, come fai a sapere che esce fra pochi giorni???

          • Sono spesso in contatto con Ward, diciamo che senza di lui, vivrei maluccio… A parte gli scherzi, mi tiene informato sulle News Realises. Entro i primi di settembre De Lucia con note di Michael Aspinall, entro novembre Mattia BATTISTINI.

          • Eccome se mi piace. Aspettavo da tempo i riversamenti di Marston, come sai molti dischi di De Lucia sono funestati da riversamenti dilettanteschi che ne dilatano i tempi in modo assurdo, ne abbassano le tonalità fino a tessiture baritonali, ingolfando il timbro che risulta inverosimilmente scuro e pesante.

          • Diciamo che i riversamenti buoni in cd sono delle etichette Preiser, Pearl e tutti quelli curati da Marston in varie eichette(Romophone, Naxos e Marston). Tutto il resto è più o meno immondizia. Su De Lucia uscirono nel 1979 5 Lp Rubini contenenti tutte le incisioni fino al 1909. Fu un primo tentativo di fare le cose sul serio con questo tenore, io ce li ho e sono fatti molto bene, e le tonalità sono quasi sempre giuste. Nel 1990 uscì la famosissima biografia critica su De Lucia di Michael Henstock, un libro da 500 pagine molto esaustivo nell’ambito delle informazioni biografiche , discutibile in quello della discografia. Sosteneva infatti che abbassasse praticamente tutte le arie, anche l’Amor Ti Vieta, che non oltrepassa il La acuto, o Prendi l’Anel Ti Dono, che non supera il La bemolle. Allentando la velocità del disco s’abbassa anche la tonalità chiaramente. Ma in realtà, De Lucia non era così baritonale, e buona parte delle conclusioni del suo biografo oggi non sono più attendibili. Anche perché De Lucia abbassava, sì, ma non tutto. Credo questo disco di Marston ridia piena luce alla questione.

          • Perfettamente d’accordo. Secondo me De Lucia non aveva problemi a sostenere tessiture anche acute, come ad esempio quelle dei duetti della Sonnambula. Lui temeva i singoli acuti scoperti, sopra il la naturale, su vocali a lui scomode. In genere predilige risolvere l’acuto estremo sulla vocale stretta, come la E. Conosco anche io i riversamenti Rubini delle incisioni del periodo 1902-1909, e sono d’accordo con te, le tonalità mi sembrano giuste, non mi sono accorto di errori.

          • Certamente, famoso il “Tosca sei te” a posto del tu… È vero, probabilmente temeva attacchi con acuti senza alcuna preparazione ; o quanto meno gli rimanevano scomodi. E faceva quello che gli pareva. Ma era De Lucia, vale a dire uno dei primissimi tenori della storia del disco dalle cui incisioni traspare chiaramente una personalità e uno stile strabilianti. Recentemente Stinchelli l’ha accostato al belato delle pecore. Grazie al cielo abbiamo in Italia “vociologi”competenti come lui…

          • Gianluigi, proprio in questi giorni costui ha ricordato, tra gli Arnoldi degni di nota del recente passato, tenori come Bonisolli, Fisichella, addirittura Alvarez (!! solo per aver inciso l’aria!!) e Pavarotti (che mai cantò la parte in teatro), ignorando completamente Chris Merritt, anzi disprezzandolo pesantemente.

  7. mi sembra che a volte si confonda la facilita’ con l’estensione vera e propria . Un conto il do e’ non averlo ,un altro e’ non rischiarlo . In stanza ho udito con le mie orecchie tanti presunti tenori corti emettere do e do# ampi e squillanti. Lo stesso Aragall che a volte se la faceva sotto ( e calava inevitabilmente ) per cantare un do esibiva in stanza re naturali e mi bemolle . Poi sta a vedere su quale tessitura si canta . Ad esempio il si bemolle del finale di ” Parmi veder le lagrime ” e ‘ pesante come un macigno . ( Infatti Florez pur essendo un tenore acuto ci e’ quasi rimasto dentro )

      • Va bene, le sue discutibili affermazioni trovano terreno fertile solo tra coloro che di opera ne capiscono poco, che purtroppo sono tanti. Questo mi dispiace parecchio. Non tanto per ciò che dice Stinchelli, ma per L’incompetenza degli “addetti ai lavori” e dei cosiddetti “melomani”. L’anno scorso in radio fece ascoltare l’O Sommo Carlo dell’Ernani, comparando Battistini insieme con Merril, e sostenendo che il disco di BATTISTINI fosse brutto mentre quello di Merrill ( inciso credo alla soglia della cinquantina e ormai parecchio indurito) era indicato come esempio di stile e robustezza… Una persona che confronta in questo modo conduce una trasmissione sui dischi d’opera? Siamo matti?! Accostare poi Bonisolli ai grandi Arnold mi pare veramente risibile, mancandogli totalmente lo stile, il gusto e la tecnica giusti per affrontare simile parte. Pavarotti l’avrà cantato solo in disco ma il suo Arnoldo mi pare notevole per bellezza di voce, squillo e abbandono nostalgico. Merritt però è un’altra cosa.. Nel Matilde io T’Amo, alla ripetizione in La bemolle, la tessitura diventa stellare e si tocca 2 volte il Do acuto. Anche Pavarotti, nel pieno dei suoi mezzi(1978) e nella comodità dello studio di registeazione accusa lievi difficoltà. Merritt invece è spettacolare ed ha una facilità vocale addirittura insolente, che non di rado lo porta a superare Pavarotti. Questo è un Arnoldo degno ti tale nome! Senza dimenticare poi che nel duetto con Matilde c’è pure qualche scaletta d’agilità. Chi parla male del suo Arnoldo, o non è capace di ascoltare o è in malafede. Altra spiegazione non saprei darmela.

  8. @ Cortecci.
    Caro Cortecci,
    Avolte mi e’ capitato di comprare raccolte che avrebbero
    dovuto essere l’ “Omnia” di tutte le incisioni di Tizio o Caio
    per poi scoprire che cosi’ non era, e a poco mi son servite
    le ricerche fatte, poiche’, a seconda dei siti sui quali
    venivano pubblicati, i dati ruguardanti matrici e date delle
    incisioni, non sempre corrispondevano. Di piu’, mi e’
    anche capitato di leggere notizie relative ad incisioni che
    in realta’, sembra mai siano state pubblicate, e, per contro,
    d’ascoltare dei brani i quali invece, sempre riferendomi alle
    matrici ed alle date, non appaiono mai, come se mai fossero
    stati incisi, (Da mal di testa in tal senso e’ la discografia di
    Urlus, tranne che per gli Edison dove tutto corrisponde, o di Villabella, per non parlare del catalogo Melodiya).
    Ti chiederei quindi, per favore, di confermarmi che le
    registrazioni di De Lucia contenute negli LP Rubini ,
    siano effettivamente “tutto” cio’ che l’artista incise tra
    il 1900 ed il 1909. A scanso di errori ed equivoci il
    cofanetto che io avevo ed ho da alcuni anni trasferito su
    cd, aveva in copertina una vecchia foto del golfo di
    Napoli in bianco e nero, e su una sola facciata di
    ciascheduno dei 5 dischi era stampata la faccia del
    tenore. Sai, sono un collezionista un poco fissato,
    grazie mille in anticipo, Miguel.

    • Confrontando la discografia su De Lucia apparsa in The Record Collector del giugno/agosto 1985, le incisioni dal 1902 al 1909 incluse nei 5 Lp Rubini sono tutte. Controprova è anche la De Lucia Edition della TruesoundTransfers, che ha pubblicato l’intero lascito di De Lucia 6 anni fa,e il cui numero d’incisioni incluse corrisponde agli Lp Rubini del 1979. Quindi, gli Lp Rubini sono completi, almeno fino al 1909. Ma ripeto, entro fine mese usciranno di nuovo su 3 cd Marston, credo con tutte le tonalità giuste. Non occorre comprare i 5 Lp Rubini

        • No, sono andati fuori catalogo,erano stati editi 6 anni fa, comprese le due opere complete Rigoletto e Barbiere, incise per la Phonotype nel 1917 e ’18. Attualmente in cd non si possono reperire tutte le incisioni di De Lucia dal 1917 al 1922. In circolazione c’è un cd rosso della Symposium in cui ve ne sono 23 o 24, sempre del 1917/18, tra cui lo Spirto Gentil in cui emette il Si naturale acuto. Dovrebbero poi circolare su Ebay o negozi specializzati alcuni Lp della Rubini con la raccolta completa delle incisioni di De Lucia dal ’17 al ’22.

      • Grazie Cortecci.
        I cd non li comprero’ di certo, visto i
        prezzi, e visto che mi confermi che tutte
        le registrazioni sino al 09 sono presenti
        nei Rubini, che gia’ ho.
        Non sapevo invece che il “Barbiere” fosse
        completo, io ne posseggo una larga
        selezione (61 minuti), riversati in cd.
        Ciao.

        • No, hai ragione, sia il Barbiere che il Rigoletto non sono completi, diciamo ampie selezioni. Gli Lp Rubini sono fatti benissimo ma quelli che usciranno a breve da Marston sarebbe bene averli, sono fatti sicuramente ancora meglio degli Lp: stiamo parlando del miglior ingegnere del suono al mondo di dischi storici. In più ci sarà un amplissimo saggio di Aspinall, che di voci antiche è l’unico dei critici togati veramente competente.

  9. Confermo in toto quanto affermato su Merritt che ho avuto la fortuna di sentire nella prova cagliaritana. Merritt è stato, nel suo repertorio (Tell compreso) un tenore con pochi eguali dal secondo dopo guerra in poi.
    Riguardo a Florez condivido in pieno la recensione ed anche a me è assai dispiaciuto sentirlo così in difficoltà e, diciamolo pure, portare a termine la recita per scommessa.
    Speriamo abbia il buon senso (e l’umiltà) di rientrare nei ranghi, cioè nel repertorio suo proprio in cui, tutto sommato, è un tenore assai più gradevole (e tecnicamente preparato) dei divastri dell’attuale star system.

  10. Che immensa soddisfazione vedere il post sul debutto di Florez nel Guillaume Tell trasformato in un commentario sulla discografia di Fernando De Lucia. E’ indicativo di cosa davvero stimoli l’interesse di chi ama il canto.

  11. Cortecci, sul catalogo online della Truesound Transfers ci sono ben sei cd di De Lucia, comprendenti l’integrale delle incisioni 1902-1909, quelle del 1911, e poi il Barbiere ed il Rigoletto. Tutti esauriti, ma comunque menzionati sul sito. Non c’è traccia delle altre incisioni del periodo 17′-22′ di cui tu parli. Invece so dell’esistenza del cd Symposium, con, tra gli altri, lo Spirto Gentil, brani dei Puritani e dei Pagliacci (niente Faust invece). Comunque attenzione, perché con De Lucia ho constatato che i riversamenti a volte sono sbagliati sia un verso, sia nell’altro, il più delle volte la velocità è troppo bassa, ma alcune volte è anche troppo alta, per cui il brano risulta in tono ma la voce è stridula. Questo potrebbe spiegare il si naturale, sul quale continuo ad avere parecchi dubbi. Mi auguro che i riversamenti di Marston possano fare definitiva chiarezza, e spero che si occupi presto anche delle incisioni più tarde del tenore napoletano.

    • Tutte le incisioni Phonotype di De Lucia realizzate a Napoli tra il 1917 e il 1922, sono già state riversate in 5 o 6 Lp Rubini nel 1981, dopo la pubblicazione in 5 Lp dei riversamenti del primo blocco d’incisioni, dal 1902 al 1909. Successivamente, l’integrale delle incisioni Phonotype è stato pubblicato dalla TruesoundTransfers nel 2007, in 5 cd, ora fuori catalogo. Conoso solamente 2 Lp dei 6 della Rubini su queste incisioni. Sia l’aria del Faust che lo Spirto Gentil sono riversati in Si naturale. Nel cd Symposium lo Spiro Gentil è in Si naturale. Nei cd TrusoundTransfers anche. Ascoltando, si capisce che l’aria è stata abbassata solamente di mezzo tono. E la voce non risulta affatto alterata, né stridula. Così anche per l’aria del Faust, la quale è stata riversata in tutti questi riversamenti mezzo tono sotto, da La bemolle originario a Sol. Escludo a priori che l’abbia incisa più bassa, non sarebbe credibile. Quindi, i riversamenti sono giusti. Certo, è sempre passato per un tenore corto, fa sensazione ascoltare Si naturali da De Lucia con questo squillo. Eppure, tant’è. La voce, ne blocco di incisioni dal 1917 al 1922, risulta un pelo meno brillante nella vibrazione rispetto alle incisioni 1902-1909; e tendenzialmente anche più scura. Ma in quanto a estensione, fermezza di suono, controllo generele dell’emissione e capacità coloristica, appare addirittura pare migliorata. Ci sono incisioni in cui il cantante appare completamente fuori posto, tipo l’Improvviso dello Chenier. Ma la cavatina del Barbiere, per il nitore delle agilità e la pienezza timbrica, non ha nulla da invidiare all’incisione del 1904. Dei Puritani è presente l’A Te O Cara e il duetto Vieni Fra Queste Braccia. L’aria è abbassata di un tono e mezzo, non oltrepassando il Si bemolle acuto, e il duetto (con la terribile Angela de Angelis) è abbassato addirittura di due toni, eseguito quindi in La bemolle anziché in Do.
      Per quanto riguarda tutti questi riversamenti, ti dirò, i migliori probabilmente sono sempre quelli degli Lp Rubini. Il suono è nitido, la copertura del fruscìo e relativi parassiti sono ridotti al minimo, la voce risulta veramente spontanea e nitida. I cd TruesoundTranfers non mi piacciono onestamente, nel tentativo di coprire il fruscìo,la voce risulta inscatolata e non naturale. Quindi c’è un suono inscatolato e coperto, risultando la voce troppo in avanti rispetto all’orchestra o al pianoforte. I Cd Symposium sono alterni nei riversamenti, a volte è più in avanti il fruscìo della voce! Tutto sommato però sono accettabili.

      • Io non capisco perché di questi 5 cd TruesoundTransfers con le incisioni del 17′-22′ non esista traccia alcuna sul loro sito, benché esauriti. Né li ho trovati su Amazon o altri negozi online. Vabbeh, pazienza. Conosci per caso il disco Lp della SCALA? C’è sopra un’incisione di “No pagliaccio non son” con tanto di doppio si bemolle… ma non sono sicuro della correttezza del riversamento.

        • Su Amazon non li troverài mai perché è un prodotto fatto in casa- diciamo- di nicchia, e non è concepito per la grande distribuzione. Gli stessi Cd usati sono semplici Cd R vergini della Verbatim. Quello che non si capisce in effetti è il fatto della loro assenza dal sito, a maggior ragione poi che sono tutti masterizzati con metodi casalinghi. Comunque, se vuoi ti invio le foto in modo che tu possa vederlo con i tuoi occhi. L’Lp Scala non lo conosco ma Pagliaccio Non Son dovrebbe essere riversato correttamente se è presente il Si bemolle: l’aria infatti è nella tonalità originale di Mi bemolle minore, la nota più alta è il Si Bemolle acuto e De Lucia l’ha incisa in tono. L’Lp Scala dovrebbe essere stato pubblicato agli inizi dei ’60, quando l’approccio ai riversamenti era ancora assai rudimentale. Ne ho uno di questa serie Scala dedicato a Ros Raisa e Giannina Russ: non è granché, sebbene passabile. Tra queste etichette per riversamenti in lp, la Club 99, Oasi e Rubini sono le migliori. Alcuni riversamenti non sono mia stati più pubblicati in cd. Ad es, c’è un Lp stupendo su Giuseppe Pacini il baritono fiorentino, pubblicato dalla Club 99 con quasi tutte le sue incisioni, e mai riversato in cd.

          • Capisco, grazie. Pensa che ho appena scovato tra i miei cd una incisione di “Musica proibita” di cui non avevo più memoria, dove De Lucia si inventa una chiusa diversa da come scritta e sale al si naturale (salvo errore di riversamento)! E’ davvero un cantante che non finisce di stupire, con una variabilità coloristica dal chiaro allo scuro che davvero disorienta.

    • Marston non potrà far troppa luce sull’estensione di De Lucia , perché non ha mai emesso il Si naturale in disco tra il 1902 e il 1909. L’ha emesso nel secondo blocco di incisioni, tra il 1917 e il 1922. È quasi incredibile, ma è così. Emette il Si naturale nello Spirto Gentil(abbassato di mezzo tono), nel Faust ( pure abbassato di mezzo tono), e se non ricordo male, nel duetto del Guarany o Ruy Blas con Angela de Angelis. I Si bemolli poi sono innumerevoli. Io, da parte mia, ho tentato di abbassare alcune di queste incisioni con Audacity, per capire se fossero giusti i riversamenti. E ti posso garantire che i riversamenti sono giusti: lo Spirto Gentil ulteriormente abbassato è lentissimo, voce intubata e troppo scura. Quindi credo di poter dire con certezza l’attendibilità del riversamento.

  12. Non l’ho mai visto in circolazione e non credo possa essere attendibile. Conosco quasi tutte le etichette per questo genere di riversamenti, sia in Lp che in Cd. Per Lp, il De Lucia più attendibile è quello della Rubini. Me lo disse anche Ward Marston di apprezzare molto questa De Lucia Edition della Rubini. Se poi non è riportato neppure l’anno d’incisione…

  13. Dunque, sono riuscito ad ascoltare solo Segreto. Musica Proibita non riesco nemmeno ad aprirla. Dalla discografia vedo che Segreto è tra le ultime incisioni: 24 ottobre 1920. Ho aperto il file, dopo mezzo secondo mi sono accorto che, minimo, il riversamento è stato alzato un tono. Risulta il Si naturale, sicuramente sarà stato La se non La bemolle. È praticamente inascoltabile questa incisione così riversata. È inclusa sempre nella De Lucia Edition della TruesoundTransfers, credo l’ultimo volume, che non ho comprato (sbagliando). Per questo dico che i riversmenti buoni sono pochissimi, poi quando si tratta di un caso controverso come De Luicia, entriamo in un labirinto. La qualità del suono nei riversmenti TruesoundTransfers non è buona, ma le tonalità sono giuste quasi tutte, quindi non c’è da mettere in dubbio la tonalità del riversmento. Gli Lp Rubini con i Phonotype sono anche migliori nella qualità del suono, comprese le tonalità. Ma questa incisione così riversata è un vilipendio alla memoria di De Lucia! Se potessi rinviarmi Musica Proibita magari l’ascolto. Grazie

    • Si’, hai ragione, e’ su quanto meno di un tono. Mandarti tutto il disco e’ un problema perché non so come fare a caricare file di grandi dimensioni. Comunque non ne vale la pena, sono tutti riversati allo stesso modo, con tonalità troppo alte. Fa davvero venire il mal di testa la questione dei riversamenti di De Lucia… Chi lo riversa troppo lento, chi troppo veloce… Il problema e’ che un cantante che trasportava le tonalità così spesso, e con una voce così duttile nei colori, e quindi variabile nel timbro, da’ pochissimi punti di riferimento per capire la velocità giusta a cui i suoi dischi vanno fatti suonare. Poi bisognerebbe sapere il diapason preciso con cui si accordavano i pianoforti all’epoca, nei luoghi in cui De Lucia incise…

      • Il diapason è variato molto a seconda delle epoche e dei luoghi. Si sa che fino al 1840 il La, almeno in Europa, corrispondesse a 435 Hz, quindi un po’ più basso di quello attuale. Intorno al 1860 si ha notizia che in Germania arrivasse addirittura al 455 Hz, quindi sensibilmente più alto di oggi. Ma già dal 1870 il La corrispondeva più o meno a quello attuale, quindi a 440 Hz. Per giudicare la tonalità dei dischi incisi dal 1902 quindi, possiamo usare uno strumento con accordatura tarata a 440 Hz. Certo, la questione della tonalità dei dischi di De Lucia fa venire proprio il mal di testa: in talune occasioni sembra andar bene sia mezzo tono sopra ché mezzo tono sotto. Quindi, potrebbe sempre rimanere un’incognita irrisolvibile. Io credo di poter dire, se non con certezza assoluta, quanto meno con cognizione di causa in quale tonalitá sia stato inciso il disco, basandomi prima sulla tonalità originale del brano, poi alzando o abbassandolo. Solo così si può avere un’idea chiara dei riversamenti:e soprattutto, studiando a fondo i pochi brani incisi da De Lucia nella tonalità originale. Ne ho parlato una volta anche con Michael Aspinall, che di De Lucia ne sa qualcosa. Per quanto riguarda il blocco d’incisioni dal 1902 al 1909, il duetto dei Pescatori di Perle è inciso nella tonalità originale, Si bemolle min. L’Un Dì Felice Etera pure, in Fa. Il Sogno della Manon anche, in Re. L’Ideale di Tosti ( il primo disco inciso in assoluto da De Lucia) in La. Dunque, prendendo prima bene in considerazione questi dischi incisi nella tonalità originale, si può avere un’idea di come fosse realmente la sua voce. E non era scurissima. Né troppo chiara. I dischi della Traviata e della Manon lo comprovano. Per questo dico che alcune deduzioni del suo biografo Henstock, secondo il quale il Tenore avrebbe invece trasportato TUTTE le incisioni, sono infondate. E occorrerebbe sfatare anche la leggenda di De Lucia tenore corto. Certamente trasportava spesso, non solo in sala d’incisione, ma anche in teatro. E Mascagni, che era suo fervido ammiratore, lo sapeva bene. Ma pur di averlo, soddisfaceva qualsiasi richiesta il divo avanzasse. Tempi in cui i cantanti contavano qualcosa… Amava sicuramente le tessiture comode, ma abbassava la tonalità più per questo che per il fatto di non disporre di Si bemolle o addirittura Si naturali. Li aveva, è certo, ma li sfoggiava con moderazione. Tutto questo ricorda un altro mito: Tito Schipa. È passato alla storia come un tenore corto, in realtà nelle prime incisioni del 1913- Faust ad es- ghermisce con notevole disinvoltura il Si naturale. Così anche nella prima versione della Donna è mobile del 1913. Successivamente s’accorciò al Si Bemolle, ma fino al Si bemolle aveva una sbalorditiva facilità di dominare tessiture molto acute. Il duetto del Rigoletto con la Galli Curci lo comprova. Tornando a De Lucia, oggi ho riascoltato i Cd TruesoundTransfers e Symposium, con le incisioni Phonotype del 1917-22. Decisamente è più attendibile il cd Symposium, sia come giustezza delle tonalità che come suono. I TruesoundTransfers sono fatti davvero male. Poi, ormai sono abituato ai cd Marston, non posso più ascoltare l’immondizia che hanno propinato queste etichette specializzate- si fa per dire- nei riversmenti di dischi storici.

        • Symposium però ha un catalogo molto vasto e interessante, ricco di antiche ed esclusive rarità come ad esempio Margarethe Siems o David Devriès… non direi sia tutta immondizia, non trovo affatto cattivi i loro riversamenti. La questione del diapason purtroppo credo sia un po’ più complicata. So che lo stesso Marston per i dischi della Patti ha considerato l’accordatura del pianoforte col LA a 435 Hz, che pare fosse anche il diapason della Melba. Poi sappiamo che tutt’oggi le orchestre non sempre suonano esattamente col diapason a 440, si tende ad alzarlo per aumentare la brillantezza di suono, e succedeva anche allora. Sono variazioni che magari neanche riusciamo a percepire, ma costituiscono comunque un’ulteriore incognita… De Lucia mi pare incise nella tonalità originale anche O sole mio e altre canzoni napoletane. La voce talora è piuttosto scura per essere un tenore di grazia, ma la particolarità di questo cantante è proprio il gioco coloristico, talora esibisce un’emissione molto oscurata, altre volte invece è marcatamente chiaro, brillante, con il caratteristico vibrato. La cosa bizzarra è che dai dischi pare di percepire un corpo vocale considerevole, mentre le cronache della prima parte di carriera non riferiscono affatto di una voce grande.

          • A me infatti piacciono i cd Symposium, li considero buoni sicuramente e attendibili, certo non all’altezza dei Marston, ma sicuramente buoni e degni di attenzione. Sono fatti male i TruesoundTransfers, in cui la voce risulta intubata e troppo in avanti rispetto al”‘accompagnamento. L’anno scorso questo collezionista tedesco ha reinserito nel catalogo Paswusle Amato , i Fonotipia di Stracciari e Fernando De Lucia migliorando un po’ la qualità del riversamento, ma ancora non mi piace . Però è l’unico ad aver pubblicato in cd l’integrale di Amato e inFonitipia di Stracciari, che sono di una bellezza stratosferica. Il cd della Symposium su David Devries è molto bello, include anche 4 o 5 delle primissime incisioni fatte da Devries nel 1904. Ma il Devries più autentico è quello delle incisioni elettriche, e c’è anche un cd Malibran interamente dedicato alle incisioni elettriche di Devries. Stupendo. Per quanto riguarda il diapason, sì, è sicuramente controversa la questione, io mi sono documentato dall’Enciclopedia dello Spettaccolo e dalla Rizzoli Ricordi. Credo che i dati siano giusti. Anche i riversmenti di Tamagno della Sumposium risultano con il diapason attuale. Non so onestamente la questione della Patti, le sue incisioni non riesco ad ascoltarle. Potrebbe. Essere comunque che facesse accordare a 435, è sensibilmente più basso del diapason attuale ma non è proprio mezzo tono sotto.
            Sì, De Lucia a volte scuriva, altre schiariva, è una miniera inesauribile di giochi di colore del suono, dinamiche esasperate, e questo- come dici- non aiuta a capire subito l’esatta tonalità delle incisioni. È stato sicuramente un tenore di grazia, angelico come temperamento, ma questo genere di tenori tenori 120 anni fa, come ben saprài, non corrisponde esattamente a come oggi s’intende il tenore di grazia. Avevano molto corpo e soprattutto squillo. E alternavano repertorio di grazia al drammatico, De Lucia è stato un rinomatissimo Don Josè ad es. Comunque, niente di più affascinante dello studio ,attraverso lenincisioni,del vocalismo di primo 900

          • De Lucia è un cantante al di fuori di ogni schema. Sto riascoltando i duetti del Faust e dei Pescatori di Perle incisi con la Boninsegna e con la Huguet, a quanto pare entrambi senza abbassamento di tonalità; fa cose straordinarie.

  14. Io continuo a ribadire che, a mio parere, invece che puntare sulla star scenica Florez, per un’Opera cdi tale sommo livello, occorreva una vera star sul podio… va bene ingaggiare i giovani talenti, ma non i “presunti”, perché Mariotti mi sembra veramente mediocre. Anzi, non mi sembra, lo è. Invitare una star nel senso di nome prestigioso con esperienza e provata capacità. Visto che Muti era off-limits, ormai Verdiano100% e stop, perché non ingaggiare Chailly o Pappano? Il primo ha prodotto forse la migliore incisione, mentre il secondo da un po’ si cimenta con questa partitura e con ottimi risultati (parte struementale, ascolato ai PROM londinesi di un anno fa per BBC3, che in effetti come qualcuno rileva, offre un audio sideralmente superiore a RaiRadio3). oppure tentare di coinvolgere qualche altra eccellente bacchetta, mai cimentatasi con Rossini, col fine di scoprire nuove letture attraverso nuove sensibilità (es. Harding)? Insomma, l’errore più grosso in assoluto è stata la scelta della bacchetta e, conseguentemente, l’orchestra.

    • I duetti dei Pescatori di Perle, del Faust e della Sonnambula sono tra i dischi più famosi di De Lucia. L’attacco del” non hai ben compreso” dei Pescatori è straordinario per la morbidezza della voce e duttilità. Il Si bemolle acuto a mezzavoce è una magia. Per questo e per tante altre magie, De Lucia rimarrà sempre tra le personalità più affascinanti della storia del disco.

  15. Caro Gianluigi, scrivi poco sopra che e’ affascinante lo studio del vocalismo di primo ‘900, e da poco mi hanno regalato 3 LP dal titolo:” Italian Tenors of the 1920s”, contenenti brani cantati da 28 artisti meno famosi dei De Lucia, Schipa, etc..Puoi dirmi se li conosci ( non ne dubito) e cosa ne pensi ?(in particolare mi hanno colpito Giovanni Manuritta , Nino Ederle , Bruno Landi ). Grazie

    • Sì, ho questi 3 Lp della Rubini pubblicati nel 1982. Caratteristica peculiare di questa etichetta era pubblicare gemme di esaltante raffinatezza per collezionisti di nicchia (oggi si chiamerebbe “d’estrema nicchia”) questi Lp, o i 5 Lp sui tenori Fonotipia. L’età delle registrazioni di questi Lp non è più primo ‘900, ma già oltrepassa gli anni 1920. Questi tenori sono tutti nomi rinomati all’epoca, oggi completamente dimenticati, ebbero belle carriere sia in teatri importanti che in provincia, ma non godettero però alla celebrità – per ovvie ragioni – dei varii Lauri Volpi, Pertile, Gigli e Schipa, che a tutt’oggi rimangono nell’empireo delle divinità tenorili degli anni ’20 e ’30. Dovrei riascoltarli tutti per darti un giudizio completo, ti posso dire ora quelli di cui ricordo bene le incisioni. Il tenore che collocherei in cima alla classifica è sicuramente Arturo Ferrara. Veramente splendido tenore, voce non bellissima come comunemente si intende, ma morbidissima, splendidamente emessa, mai una forzatura d’emissione, acuti squillantissimi almeno fino al Si naturale, dizione chiarissima tipica dei cantanti siciliani,e soprattutto, grande interprete. L’accorato dolore del “pazzo Son” della
      Manon, eppure composto e nobile, non so da quanti decenni non s’ascolta più cantato così. Io ho tutte le incisioni di Arturo Ferrara, esiste un altro disco stupendo della romanza di Florindon tratta dall’opera “gli amanti dispettosi” di Parelli. Come fraseggio e espressività ricorda il primo Valletti. Grande cantante. Giuseppe Radaelli mi piace molto, voce affetta da vibrato stretto ma omogenea, morbida e squillante. Piero Menescaldi è molto espressivo e canta bene. Nino Ederle non mi piace perché è querulo e linfatico, annoia dopo poco. Mentre notevoli sono Solari e Manurita. 2 tenori di grazia all’antica, voci sostanzialmente chiare ma corpose, flessibilissime, inclini a qualsiasi modulazione: da quì accento sempre vario, amplissimo gioco di colori, geandissimo uso della “messa di voce “(attaccare piano la nota, rinforzarla e poi gradualmente diminuirla riducendola a un soffio), costante uso della mezza voce. Quindi, cantanti estremamente interessanti e varii. Manurita ricorda per il tipo di vibrato e la lucentezza del timbro De Lucia. Anche Alabiso mi piace molto, squillante e morbido. Roberto D’Alessio ha la voce chiarissima e canta molto bene, preferisco però Solari e Manurita. Guido Volpi anche è interessante, e così anche Wesselowsky. Sicuramente un cofanetto da avere.

  16. Io mi auguro che questo Tell di Florez resti una esperienza a se stante. Va bene: uno non può cantare tutta la vita Lindoro o il conte del barbiere e apprezzo la voglia di rischiare ma sarebbe un peccato se alla lunga con esperimenti di questo tipo Florez ci lasciasse parte della voce privandoci in futuro delle sue prestazioni nelle opere a lui più congegniali. Potrei sbagliarmi, ma mi pare che anche uno come Lauri Volpi, un pochino più dotato come voce di Florez, il Tell, e stiamo parlando di quello bello e tagliato di una volta, lo affrontò con prudenza. Il criticatissimo Filippeschi lo tenne in repertorio per diverso tempo (e stiamo parlando sempre della versione corta) solo in virtù di doti eccezionali di madre natura.Doti che Florez non ha e quindi visto che oggi l’ opera la si canta per intero il rischio è ancor maggiore

  17. Non posso ascoltare un riversamento con un suono come quello della Nimbus, anche con le tonalità affidabili. Nel cd dedicato a MCcormack c’è un costante riverbero terribile. È un oltraggio alla memoria di MCcormack. Tutta un’altra cosa la Pearl, che purtroppo non esiste più, e che fu una continuazione della Rubini Lp. Questi sono riversmenti buoni, in particolare quelli curati da Keith Hardwick, fine collezionista e, con Marston, il miglior ingegnere del suono per i riversamenti di dischi storici.

  18. Sai Albertoemme, io credo di avere su Florez un’opinione molto migliore del credito di cui gode in generale in questo sito. A prescindere dai gusti personali (io personalmente gli preferisco altri) lo considero uno dei tenori rossiniani più importanti in assoluto, non solo nei ruoli di mezzo carattere delle opere buffe ma anche e soprattutto nei ruoli David delle opere serie. Però l’ “operazione Arnold” è stata sbagliata per due motivi:
    1) è stata fatta passare come un’operazione filologica quando, come è stato qui ampiamente dimostrato, non lo era affatto. Ora, puntare sulla presunta “filologia” non è affatto necessario, e del resto non credo che il ROF possa avere più alcuna credibiità in questo senso dopo aver diviso in due atti La scala di seta aggiungendo “Alle voci della gloria” per dare l’aria di spettanza ad Alberghini (!). Potevano semplicemente dire: “Dopo Chris Merritt non c’è più un tenore dalle caratteristiche vocali adatte a sostenere la parte, ma il più grande tenore rossiniano di oggi, Florez, ha generosamente accettato di affrontare la sfida”. Penso che sarebbe stato rendere un equo servizio anche a Florez. Invece per radio Marco Beghelli si è giocato una reputazione di serio studioso non solo sparando una serie di corbellerie (e di errori materiali) per giustificare la scelta “filologica”, ma anche asserendo che affontata “in questo modo” (cioè da tenore leggero) la parte di Arnold diventa facile. Ecco, questo non è solo prendere in giro il pubblico, ma è anche la maniera peggiore per coprire le spalle a Florez…
    2) Io ho ascoltato la diretta radio e ho trovato complessivamente la prestazione di Florez più che onorevole, al di là di diversi punti in cui è stato chiaramente in difficoltà. Non avendo ascoltato Osborn, per me questo potrebbe addirittura essere il miglior Arnold sulla piazza oggi. Tu dici che nelle altre recite è anche migliorato, e può darsi. Però vedi, Florez potrebbe anche inflilare una serie di recite impeccabili, ma la sua scelta è stata rischiosa e azzardata prima di tutto per lui, perché la parte è semplicemente troppo pesante per la sua voce: spero di sbagliarmi, ma se tiene il ruolo in repertorio rischia di pagarla cara in termini di carriera. E sarebbe un peccato per il pubblico dover rinunciare a uno dei migliori Giacomo V e Rodrigo in favore di un Arnold “di ripiego”…

    • Mah… giudico Florez un decoroso Don Ramiro e Lindoro dell’Italiana, magari anche un dignitoso conte di Almaviva (senza dimenticarsi però che la parte, scritta per Garçia, richiederebbe ben altro spessore vocale, e che quindi Florez non si discosta e non dice nulla di nuovo rispetto alla tradizione dei tenorini rossiniani alla Luigi Alva), ma francamente non mi pare abbia detto niente di importante nei ruoli da opera seria scritti per David. Il suo Rodrigo, Giacomo V, e aggiungo il suo Ilo, da me tutti sentiti in teatro (di Rodrigo solo l’aria eseguita in concerto), non sono niente di fenomenale, anzi direi che gli stanno parecchio larghi, sotto ogni punto di vista, vocale, virtuosistico, espressivo.

      • Sì sì certo, so che questa è l’opinione prevalente qui, e la rispetto. Però siamo sempre lì: si tratta a mio avviso di diversi punti di vista di partenza, o meglio di diversi parametri d’ascolto. Florez è certamente un erede dei “tenorini” alla Alva, ma per me questa non è affatto una diminutio, anzi, e a me Alva piace molto. C’è un termine che credo Celletti usasse spesso e volentieri: “eunucoide”. Ecco, quando una voce riporta tracce di “eunucoidicità” in questo sito si tende a storcere il naso. Va benissimo, gusti più che rispettabili: io invece non mi vergogno di apprezzare molto questo tipo di voci in un certo repertorio, se ben emesse e se musicalmente espressive (il ché chiaramente è per voi una contraddizione in termini). Anzi arriverò perfino all’eretica confessione che in svariati casi apprezzo addirittura le voci “eunuche”, cioè i controtenori: e non certo per assurde pretese di coerenza filologica, ma proprio per il fascino timbrico che ritrovo in alcuni di questi cantanti. Il ché naturalmente non mi impedisce di apprezzare anche voci completamente diverse.
        Venendo a Florez, ho l’impressione che qui si tenda a recepirne più i limiti che le qualità: di pulizia del suono, di garbo nel fraseggio, di precisione (che non è necessariamente sinonimo di meccanicità). Non è che queste caratteristiche non vengono riscontrate, solo che vengono considerate secondarie rispetto ad altre, ad esempio a quelle possedute da un Blake. Allora, anch’io prediligo Blake a Florez, prima di tutto per l’incredibile ed esuberante personalità vocale (un “virtuoso” in senso paganiniano, dove lo sfoggio tecnico si traduce immediatamente in bruciante comunicazione espressiva). Però non sono certo che questo lo renda più adatto di Florez ai ruoli David, che sono generalmente di carattere più lirico-elegiaco rispetto ai ruoli Nozzari (con la parziale eccezione di Oreste, che infatti rimane a mio avviso la più straordinaria creazione di Blake). E paradossalmente proprio l’essere Blake più “completo” vocalmente di Florez (nel fiato, nell’estensione, nella gamma dinamica) lo rende forse meno facilmente sovrapponibile ai ruoli David: non a caso affrontò brillantemente anche ruoli Nozzari come Osiride e Rinaldo, cosa che mi auguro Florez non faccia mai. Cioè non ho sinceramente l’impressione che i ruoli David siano larghi a Florez, ma semmai che Blake stia talvolta largo ai ruoli David, il ché da un certo punto di vista è sicuramente un complimento…
        Sulla vocalità originaria di Almaviva hai ovviamente ragione, e anzi sarebbe interessante se vi occupaste più approfonditamente della storia del ruolo. Fra l’altro la questione va forse legata al diverso “focus” drammaturgico della concezione originaria dell’opera: il titolo “Almaviva” non voleva soltanto distanziare le attese dal precedente paisielliano, ma individuava quello che era il vero protagonista vocale dell’opera. Poi con il taglio del rondò finale e l’immensa fortuna del personaggio di Figaro tutti gli equilibri interni si modificarono, probabilmente anche dal punto di vista vocale…

  19. si idamante anch io ho avuto delle perplessita’ sull intervento di beghelli ma penso che quel rimarcare una minore o maggiore facilita’ d esecuzione sia solo frutto d inesperienza (presumo che il suo bagaglio d ascolti dal vivo sia un po’ limitato temporalmente). Credo che una cobsiderazione possa tagliare la testa al toro: se rossini ha affidato a un tenore la parte del comte ory nell agosto del 28 e nel 29 la parte d arnold al medesimo cantante si puo’ serenamemente affidare nel 2013 il ruolo d arnold ad un cantante che ha ben eseguito il comte ory. Il resto e sterile polemica e irrilevante questione d gusti

    • Caro alberto, stavolta spezzerò una lancia a tuo favore (ogni tanto ci vuole, dai!).
      Mi fa enorme tenerezza il tuo modo di affrontare le cose e di pensare che dietro certe scelte non ci sia cattiveria ma solamente sprovvedutezza!
      Beghelli non è di certo uomo di primo pelo, in quanto è un uomo di almeno 45 anni, musicologo che insegna all’Università di Bologna e che ha curato diverse edizioni critiche di opere del Seicento-Settecento nonché collaborato per un decennio – credo – con il Festival di Martina Franca.
      Peraltro, un suo vecchio articolo che Mancini ha segnalato recentemente, parla proprio dello sviluppo storico del “Do di Petto” e il Beghelli stesso è abbastanza esperto sulla tematica del canto in quanto ha fondato “L’Archivio del Canto” http://www.muspe.unibo.it/index.php?id=587 .
      Quindi … ma quale inesperienza???????????

    • in pieno accordo col primo intervento di idamante, si deve richiamare l’onesta intellettuale, mancata nel dimenticare scandalosamnete merritt, il solo contraltino alla nourrit a ben vedere, nel volere presentare l’operazione kunde come positiva mentre non lo fu affatto, giudicato insufficiente e falsettante, nel presentare come vera la tua equivalenza che ci vieni a ripostare. Il puntoè che ory può essere abbordato anche da contraltini come barbiere, ma non per questo il primo ory e quindi il primo arnold o il primo eleazar lo erano negli stessi termini. A me, ti dirò, piace poco , ma lo accetto cmq, florez in ory o in barbiere….ma ne sento anche i limiti. A fianco di una serra agenova, come vidi, o di una devia o di una cuberli florez sarebbe un piccolo ory.

    • e poi chiudo: ma ti pare che ory e tell siano la stessa opera? Tu non senti differenza di accenti, di vis drammatica, di scrittura, di orchestrale, di climi? Scusami, ma davvero finisci per fare l’inno dello spettatore beota su questa via. Il buonismo te lo concedo come lo ha messo idamante, florez è inadatto ma ci ha provato. Sull’altra via, quella beghelliana, ci si immerge nell’ignoranza crassa che squalifica. Dai….lascia perdere.

  20. caro SO 45 anni e’ l eta’ giusta per essersi perso gli ultimi scampoli d carriera prestigiosa d cantanti del calibro di pavarotti kraus sutherland bumbry scotto e via dicendo. Cara grisi proprio oggi ho riascoltato il vecchio nastro con il Tell del 7 12 88 posto 120 secobda galleria. Merrit che applaudivo presntava centri molto plastici ma buchi che rendevano certi si bemolli e si naturali un po sfuocati. nella zona fa sol era spesso coperto dalll orchestra. Tanto vi ho voluto comunicare prendendomi una nagnata x raggoungere um disagiato punto wifi. Mi scuso per qualche errore e rnnovo i miei saluti piu cordiali

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