Ascolti comparati: Andrea Chenier, duetto del IV atto

Quello che oggi vi propongo è un confronto multiplo, ma anche un ascolto riparatorio e consolatorio, necessario dopo le ultime esperienze teatrali, davvero sconsolanti. L’attuale fervore teatrale attorno al nostro Verismo cozza ogni sera con lo stato dell’arte vocale corrente, fatto di voci dure e spinte, timbri sgradevoli, modi di fraseggio provinciali e stereotipati, che fanno si che, uscito dal teatro, il melomane ancora dotato di apparato uditivo funzionante ricorra a notissimi “cordiali” sonori che ristabiliscano l’armonia dell’orecchio.
Fare ricorso ai must del passato è rassicurante oltre che appagante, soprattutto se si tratta di casi come questo del duetto del IV atto di Andrea Chenièr, la grandiosa trasfigurazione finale dei due amanti protagonisti che inneggiano alla morte e all’amore eterno mentre stanno per salire sul patibolo.
La prima tappa è sempre quella di un disco straordinario, Gigli – Caniglia – De Fabritiis, espressione della più pura tradizione esecutiva italiana, a cominciare dalla bacchetta, che ben organizza il mix di retorica umbertina e sensualità, slancio e descrittivismo, respiro del canto che è insito in questo finale d’opera. Le voci, timbricamente bellissime, adeguate nell’accento, nella dizione nitida, nella qualità del legato, Gigli seducente per la dolcezza del porgere. Maddalena è una giovane ragazza, ci dice il libretto, ma in realtà canta con voce statuaria ed aulica, rotonda e sonora anche in prima ottava, come fa la Caniglia a meno de difetto degli acuti schiacciati e/o spinti. I tre possono con facilità eseguire la via “grandiosa” di Giordano che sa come dar vita a tutto ciò che diversamente eseguito risulterebbe forse…ridicolo. Se poi pensiamo con Gigli di aver udito qualcosa di miracoloso ed inarrivabile, ecco che questo stesso duetto inciso da Pertile e dalla Sheridan ci fa udire qualcosa di altrettanto diversamente straordinario. I due lo eseguono con un tempo molto lento rispetto a quelli cui siamo abituati, necessario al dispiegamento del fraseggio vario ed articolato del tenore. Aureliano Pertile sembra cantare una nuova opera, come sempre accade con i grandi fraseggiatori, che “riconfigurano” i brani in modo nuovo.
Poi passiamo ad esecuzioni dal vivo molto celebri di cantanti straordinari, appartenenti alle generazioni successive.
Tre grandi accoppiate dell’era moderna ci restituiscono un canto meno fraseggiato per quanto concerne i tenori, Corelli, Del Monaco e Tucker, ma certamente molto efficace ed entusiasmante. Corelli e Tucker cantano meglio di Del Monaco, che abusa di certi suoni forzati oltre che di trovate stentoree, le stesse che oggi ci accade di sentire in tutte le possibili forme volgarizzate che incrostano il ruolo di Chenièr. Corelli, dal canto suo, abusa di portamenti ad oltranza, compiaciuti e forse anche esagerati, impressionando però per lo squillo, la sonorità e la bellezza timbrica, mentre Tucker esegue con facilità, con una certa velocità di tempi e forse in modo non molto vario. In definitiva, un trio tenorile eccezionale ma non a livello dei due italiani della generazioni precedenti. Quanto al ruolo di Maddalena, due voci straordinarie, una dolcissima Tebaldi che però fatica negli acuti ed una direi perfetta Antonietta Stella, che oltre al timbro esibisce grande omogeneità e correttezza di emissione in ogni registro, dizione nitida ed impressionante facilità esecutiva. Certo, quando la Tebaldi usa il piano, il canto ha un fascino ed una sensualità che non appartengono alla Stella, ma forse nel complesso il soprano romano mi pare superiore a lei ed anche alla Sheridan e alla Caniglia. Tutti questi ascolti, inclusi i “difetti” che l’orecchio attento percepisce in cantanti che sono comunque straordinari, ci parlano di altri mondi, altro canto, altro e diverso stile da quanto oggi ci capita di udire in teatro, i soli che possano dare senso e vita ad un mondo per noi oggi molto lontano nell’estetica come nei toni in cui l’ amore, l’amor di patria, l’onore etc.. vengono rappresentati.
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3 pensieri su “Ascolti comparati: Andrea Chenier, duetto del IV atto

  1. La Stella è per me una Maddalena di riferimento e qui lo dimostra chiaramente. Anche Tebaldi e Tucker sono due splendidi interpreti. Pertile e Gigli, inutile dirlo, fan lega a sé.

    So di andare controcorrente, ma trovo che Del Monaco sia stato eccessivamente demonizzato negli anni passati… Non era sempre in grado di dosare la voce specie in acuto, ma negli anni buoni (fino a tutti i 50 direi) era un signor cantante e interprete (molto virile e deroico anche se talvolta troppo enfatico) dotato di timbro bellissimo e omogeneo. Più ho modo di ascoltarlo più ho modo di apprezzarne le qualità pur sentendone anche i difetti.

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